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«Quella è una fascista», mormora un giovanissimo extraparlamentare, barba a cespuglietto,ammiccando verso una ragazzina in blue-jeans. «Un giorno o l’altro bisognerà darle una lezione».«Non è fascista», ribatte un altro extra stringendosi nelle spalle. «E una che ha le sue idee, e non neha paura». La ragazzina si chiama Maria Letizia Galeazzo, per gli amici «Cilla». Ha un carattere deciso, saldo,e ha voglia di lottare. Quando c’è uno sciopero scolastico, con relativi picchetti, e gli altri se lafanno sotto dalla paura, lei muore dalla voglia di andare a scuola. E riesce sempre a passare,sfiorando i baffi dei giovani leninisti e proclamando: «La libertà, c’è o non c’è per tutti?».

E’ nata il 18 agosto 1961. Quando aveva pochi anni, papà ha trapiantato la famiglia a Montemagno,dov’è medico condotto. Per una decina d’anni Culla è cresciuta tra le colline del Monferrato. Sonoverdi e bellissime per chi le guarda. Ma per i contadini che s’arrampicano su con la vanga in spalla,sono un’altra cosa. Basta che per un mese la pioggia non cada, e la terra dura si screpola e si spacca.La fatica si fa penosa, il fato corto. Sulle colline di Montemagno, di Viarigi, di Refrancore, icontadini non cantano. Zappano e sudano, silenziosi come minatori.

Nella grande casa, Cilla ha fatto i primi giochi con il ricettario di papà. Strappava i foglietti bianchi,e li stendeva in terra in strisce lunghe. «Sono le strade», diceva. E per quelle strade galoppava con lafantasia. Un’anziana signorina le contò un giorno le storie dei missionari, e lei disse: «Quando sarògrande, farò la missionaria in cielo». L’anziana signorina sorrise. Tanti bambini dicono frasi così,chissà perché.

Quindici a uno
Poi papà comprò i cavalli da corsa. Fece un piccolo allevamento. E Culla imparò a cavalcare, facevale corse col fratello Cico. I contadini che tornavano con la vanga in spalla mormoravano tra i denti:«È figlia di signori, lei».
La scuola media va a frequentarla ad Asti. Sono tempi di contestazione. L’autorità sembra bruciaresulla pelle degli studenti come un ferro rovente. Discutono e rifiutano tutte le leggi. In pratica, moltisi impongono da soli altre leggi di ferro, che si chiamano «conformismo di sinistra»,«menefreghismo», «camaleontismo».

Nella terza media che Cilla frequenta, quindici alunni si sono dichiarati comunisti. Gli altri sonostati zitti. Lei sola dice: «Io sono cristiana». Nelle assemblee si accendono discussioni terribili. Leitiene testa fin che può, e torna a casa esausta.
Si è proclamata cristiana, ma in un componimento confessa:«La religione io non la possiedo ancora con fermezza. Però ho tanto desiderio di dissipare questidubbi che vorrei morire».
Si innamora delle poesie del Pascoli. Dopo aver letto L’ora di Barga scrive: «Le stesse impressionile può ricevere ognuno di noi, che almeno in un momento della vita è uscito dalla routine di tutti igiorni, e si è soffermato a contemplare un ‘ape, un fiore, e si è reso conto con smarrimento diquanto sia enorme la realtà che ci circonda, di quanta pace e serenità siamo circondati senzaaccorgersene... Il Pascoli mi aiuta a scoprire il fantastico gusto delle microscopiche cose».
All’esame finale di terza media le danno il tema: «Dialogo nel cimitero delle macchine». Leidescrive la delusione e la stizza di una superba Rolls-Royce finita tra i rottami. Poi le fa dire da unapiccola utilitaria: «Non temere di essere fissa nel fuoco della fonderia. Ti trasformeranno in dueutilitarie, e potrai servire alle persone più umili».

Ottobre 1975. Cilla si iscrive all’Istituto Magistrale di Asti. E assegnata alla Prima A. E unasplendida signorinetta, ormai: la personcina svelta, il sorriso scanzonato, i capelli biondi a casco chefanno criniera svolazzante quando va sparata sul motorino. Sulle primissime pagine del diario scolastico, sotto la dicitura «Note e appunti per i primi giorni di scuola», scrive: « Voglia di vivere edi non essere più sola. Voglia di senti re una musica e di non piangere. Voglia di guardare il cielo edi entrare in un futuro migliore. Voglia di essere finalmente io».

L’incontro che sconvolge tutto
24 ottobre 1975. fl primo tema che le viene assegnato quest’anno è intitolato: «Gli aspetti del miocarattere che mi piacciono e quelli che non mi piacciono». Scrive: «Non mi piaccio neanche un po’.Molte volte mi pesa la solitudine che il mio carattere ha creato attorno a me. Sono molto nauseatadel mondo che mi circonda, e nonostante la mia giovane età avrei voglia di uscirne nascondendomimagari nel più remoto angolo della terra». Eppure il suo carattere deciso, volitivo, le sta procurando molti ammiratori. Anche gliextraparlamentari che dichiarano scioperi e picchettano le entrate, che la chiamano «fascista»,riconoscono in lei una ragazza che ha il coraggio delle sue idee, una coscienza limpida come ildiamante.

Novembre. Alcune amiche di scuola, iscritte al movimento Comunione e Liberazione, l’invitano apregare con loro. Cilla ci sta. Pregano le «Ore» nei corridoi della scuola, dieci minuti prima dellelezioni.
Poi Cilla accetta di partecipare a una «giornata dell’annuncio» a Torino. Scopre il movimento CLnella sua sostanza, «amicizia vissuta nella fede e nella Chiesa», e scopre la preghiera.
Scrive:«Senza neanche accorgermene, ho iniziato a vivere la comunità nel nome di Cristo. E stato ed èmeraviglioso per me vedere gente di età, sesso, carattere diversi, vivere insieme, veramente unitinon dal cameratismo, ma da qualcosa di molto più grande e incapibile, che tuttavia c’è, è presentein tutti i movimenti della nostra vita». E ancora: «E la prima volta che prego così. Credo di averperso una delle cose più importanti della vita».

La comunità di Torino, che è stata l’occasione di «ritrovare la fede» (come lei dice), verrà semprechiamata da lei «la fonte». «Tornava a Torino come all’origine, alla fonte della sua storia» scrivedon Silvino, suo confessore.

Comincia la missione di Cilla. Sarà brevissima, nove mesi. Lei non lo sa, ma si spende con unagenerosità, un impegno, che sembrano presagire la fine imminente.Una sua intima amica, Angioletta, che viveva con lei nel movimento CL, scrive: «Il suo più grandedesiderio, da quando aveva incontrato il Signore, era di non essere sola a vivere quell’esperienzacosì forte e così vera. Voleva vivere la comunione con i suoi, fino in fondo, e per questo chiedeva ilnostro aiuto. E stata per noi una sorpresa e una gioia vedere comparire mese dopo mese tutta lafamiglia: suo padre, sua madre, suo fratello,sua sorella. Questo era segno della sua testimonianzain casa, ed era come se essi venissero a cercarla e a vedere che cosa la rendeva sempre più dolce epiù piena di gioia di vivere».

Ventidue voti sono
Dicembre 1975. Elezioni scolastiche. La lista dei «rossi» va fortissimo. In tre ragazze di CLformano una lista di studenti cattolici. Dibattiti, accuse, contraccuse. Di «cristianelli» ce ne sonotanti tra i banchi, ma che abbiano voglia di «rischiare» ce ne sono pochi.

13 dicembre. È sabato, vigilia delle elezioni. Durante un’ora di scuola, Rossana scarabocchia suldiario: «Ci pensi lunedì a quest’ora? Saremo vive o morte? Con la figura da cretine o no? Tristi ofelici?». Cilla si vede arrivare il diario sotto il naso, legge, poi con la biro risponde sulla stessapagina: «Non ci pensare, quel che sarà sarà; una cosa è certa, io non ho tanta fifetta così. Siamonel giusto, e questo ci deve essere di conforto e aiuto».

14 dicembre, domenica. Cilla descrive l’avvenimento con parole asciutte, in una lettera a Massimo:«Ho trascorso l’intera giornata a scuola. Ci sono state le elezioni e il conseguente spoglio fino a notte abbastanza tarda. Mi guardavano con ironia e compassione, e contemporaneamente con unasorta di rancore freddo e di esultanza anticipata per la vittoria... 154 voti per la lista numero 1contro i nostri 22 voti. Frecciatine, insulti. Non mi sono sentita abbattuta, ma solo un po’amareggiata perché pochissimi ci hanno capiti, e tra questi pochissimi, tanti hanno preferitostarsene a casa. Tutta la nostra fatica, il nostro lavoro dissolversi in 22 voti. Nonostante tutto, iosono decisa a continuare a combattere, a piangere, a ridere per quello in cui credo.Signore, quando guardandomi attorno un giorno ti ringrazierò di avermi fatto esistere?».

Dopo lo spoglio dei voti, telefona a Rossana i risultati, e commenta: «22 voti sono 22 anime checercano con noi la verità».
C’è una gioia grande che sta esplodendo in lei. Don Silvino racconta: « Un giorno mi disse: non homai provato una ‘goduria” così grande e antica, da non poterla tenere per me., da doverla dare atutti, prima di tutto alla mia famiglia». Sul libretto delle «Ore», dove sono contenuti i salmi e lepreghiere che l’accompagnano lungo il giorno, ha scritto:«Grazie Signore, grazie perché ci sei, perché sei vicino a me, perché mi metti intorno gente cosìmeravigliosa, perché mi hai messo nel cuore una dolcezza così fantastica, perché ti amo, perché soche Tu mi ami, perché ti vedo nella gente, nella mia gente. Grazie, Signore!».

23 gennaio 1976. Cilla è operata di appendicite. Il cappellano dell’Ospedale Civile di Asti, donLuigi Prato, va a farle visita. Dice: «Ho incontrato un ‘anima forte e semplice, come vuole ilVangelo». Ma di quella piccola operazione chirurgica rimane un documento strano, un bigliettofirmato dal dottor Morra e da suor Teresa Colombo. Dice: «Io sottoscritto dott. Morra dichiaro cheil giorno venerdì 23-1-76, la paziente Maria Letizia Galeazzo in attesa nella sala pre-operatoria disubire l‘intervento di appendicectomia cantava “In comunione” e “Che siano una cosa sola “».Perché Cilla scrisse quel biglietto e lo fece firmare?

Battaglia per le strade
Pasqua 1976. A Moneglia (Genova) Comunione e Liberazione ha organizzato alcuni giorni diEsercizi Spirituali. Cilla ci va. Sono un momento di grossa maturazione. Da questo momento lapreghiera si spingerà molto a fondo nella sua vita. Mamma la sorprende seduta sul letto, a meditaree a sottolineare le parole dei salmi, contenute nel libretto delle «Ore». In una lettera a Tullio, cosìaccenna a quei giorni: «Tre giorni, che per me sono 15 anni. Mi hanno fatta parlare con Gesù, maveramente io e Lui. Un giorno io dissi che non avrei più amato nulla, neanche la vita, e ora ioprego il mio Signore perché il mio amore così piccolo sia sempre di più come il Suo così grande,sempre più limpido, sempre più aperto al mondo intero. Sapessi quanto amo la vita adesso, anchesolo perché il Signore me l’ha data».

Maggio-giugno 1976. Per le strade e le piazze d’Italia si combatte la battaglia elettorale. E menofragorosa di altre volte, ma è più intensa. C’è in tutti la sensazione che il comunismo sia dietrol’angolo, che la DC abbia finito il suo tempo. Si è quasi rassegnati alla vittoria dei marxisti. Cillanon è rassegnata. Alcuni giovani di Comunione e Liberazione si presentano come candidati nelleliste della Democrazia Cristiana: pochi, ma decisi a far rinascere la speranza di un progresso nellagiustizia e nella libertà, a lanciare all’Italia un nuovo discorso cristiano sull’uomo e la società.

Di giorno, i giovani «ciellini» girano tutta Asti con un altoparlante per chiamare a raccolta cristianie non cristiani. Di notte si va ad attaccare manifesti. Si trovano fianco a fianco, nelle stesse vie, conscale e rotoli di manifesti sotto il braccio, giovani marxisti e giovani cattolici. Vola qualche insulto,perché la battaglia li schiera gli uni contro gli altri. Ma in fondo si rispettano: sono tutti ragazzi cherubano le ore al sonno per un’idea, mentre i borghesi russano.

I risultati delle votazioni danno ancora un po’ di ossigeno al-la democrazia. Gli Italiani hanno pauradel salto nel buio, e firmano un’ultima cambiale di fiducia alla DC. Ma i margini sono ristrettissimi:o i democristiani si schierano sul serio dalla parte della giustizia, oi comunisti saliranno sul ponte di comando. Tutti i rappresentanti di CL vengono eletti.

Giugno 1976. I ciellini di Torino organizzano un «campo di vacanza» a 5. Anna. Cilla vi si reca. Glistudenti se la ricordano ancora: «Sorridente, serena, ripeteva a tutti la sua gioia di vivere incompagnia del Signore». Un’amica ricorda: «Salendo la montagna, mi propose di recitare con lei ilrosario».

Quando torna ad Asti, una ragazza le domanda: «Che hai imparato al campo?». E lei: «A faresilenzio, tanto silenzio in me». Ma è silenzio speciale, che le canzoni allegre non rompono, come igrilli non rigano il silenzio della notte. «La preghiera e il canto — ricorda ancora una sua amica —erano un atteggiamento costante della sua giornata».

E forse nel silenzio di S. Anna, che Cilla fa «promessa solenne a Dio di essere povera». Laprendono in giro per quella vecchia pelliccetta di coniglio spelacchiato, ma lei alza le spalle escoppia a ridere. La sua ricchezza sono gli amici: Gesù, l’amico più grande, e poi tutti: quelli cheincontra nei bar, nella libreria delle Paoline, nelle case, nella comunità CL. Al termine di unariunione, alcuni vogliono andare a casa perché non hanno portato il pranzo con sé. E lei:«Divideremo quello che abbiamo. Ce ne sarà anche per voi. Tra noi si fa sempre così». Unragazzo che ha conosciuto a S. Anna le scrive raccontandole le sue difficoltà. Lei risponde: Nontemere, coraggio! Dio ti ama quando fai pietà a te stesso».

Il temporale sulla collina
4 luglio 1976. In un momento di confidenza, Cila getta le braccia al collo a sua madre: «Mamma, losai che sento di amare tutti, proprio tutti ?». 5 luglio. Una corsa a Montemagno con il fratello Cico per incontrare alcuni amici«extraparlamentari». Una discussione estenuante, inutile. Alla fine Cila butta là: «Bene. Se nonriusciamo a. capirci di qua, ci capiremo perfettamente in’ Paradiso». Sembra una stagione cosìlontana, il Paradiso: quei ragazzi hanno IS, 16 anni.

C’è. un forte temporale nell’aria. Uno di quei turbini che si abbattono sulle colline schiantando vitie alberi. Qualcuno dice a Cico e a Cilla che è meglio aspettare a ripartire: almeno che cessi lapioggia fitta, che limita la visibilità. Ma loro decidono di andare: Cilla, ad Asti, deve preparare idocumenti per un viaggio in Polonia, in compagnia di amici. Con la pioggia che flagella i fianchidella macchina bisogna viaggiare a finestrini chiusi. Cilla e Cico, mentre si avviano per la lungadiscesa verso Castagnole, cercano di vincere il frastuono dell’acquazzone cantando Adios con elcorazon.

Ci sono tante curve scendendo dalla collina di Castagnole. Cico cerca di prenderle con discrezione.Al termine, il motore può riprendere a rombare. Ma proprio li, un camion sbuca dalla pioggia, uncamion troppo veloce. Una frenata brusca, una sbandata, uno schianto.

Al pronto soccorso di Asti accorre anche il cappellano don Luigi Prato: «Sulla città imperversava un furioso temporale —ricorda. — Sul lettino della sala di medicazione vedo Cilla Galeazzo. Morta.

Sembrava impossibile: non una scalfittura, non un ematoma, non una ferita. Frattura cervicale, edera nwrta. Quel viso sereno, quel senso di pace, quel non so che di impercettibile, che si stampanella mente e non si può dimenticare, quasi fosse passata a salutarci».

C’era un popolo ai funerali. Gli «extra», con cui Cilla aveva discusso prima di partire, chiesero unpo’ bruscamente ai ciellini di portare la bara fino alla porta della chiesa. Dispiace che dissero loro dino. Nel piccolo cimitero, che si srotola giù per la collina, c’era il vento, la gente e tanti fiori bianchi.I ciellini recitarono l’«Ora» accanto alla piccola fossa scavata nella terra rilucente. Il fossorepiangeva come un bambino. Gli pareva la cosa più triste del mondo dover seppellire «quella ragazza bella». Anche la gente piangeva, e cantava.

Fonte: www.oratoridonboscomessina.it

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