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Alessandro nacque il 10 agosto 1980, primogenito di Luigi Galimberti e Maria Grazia Colombo e fu battezzato quattordici giorni dopo, nella parrocchia intitolata ai Santi Pietro e Paolo in Lissone. Il clima religioso, per così dire, si respirava in famiglia: il fratello della madre, don Ambrogio, era coadiutore nella stessa parrocchia quando i suoi genitori si conobbero; due zie, invece, sono fra le Suore di Carità dette di Maria Bambina.

Il suo primo incontro con Gesù nell’Eucaristia fu il 23 aprile 1989 e ben presto divenne uno dei chierichetti più attivi e zelanti della sua comunità. L’Oratorio, come ebbe a dire in una testimonianza pronunciata il 21 aprile 2002 nella comunità parrocchiale dove prestava servizio come seminarista, è stato per lui «luogo di fede molto forte. Tutto si è giocato attorno a quelle quattro mura e a quella quantità di polvere respirata. Tanto che posso dire: “Signore, che bello con Te”». Il giorno della Cresima, il 9 maggio 1992, suo nonno gli scrisse un augurio: “Attenzione! Sei diventato soldato di Cristo. Combatti e vincerai”. Alla luce di quanto gli sarebbe accaduto più tardi, queste semplici parole assumono un significato veramente importante.

Frequentò il Liceo Scientifico presso i Salesiani a Sesto San Giovanni; dopo aver preso il diploma, entrò nel Seminario Arcivescovile della Diocesi Ambrosiana, a Venegono Inferiore, per intraprendere gli studi del Quadriennio Teologico. Il segreto della sua vita da seminarista si può riassumere in tre atteggiamenti: la Visita a Gesù nel Tabernacolo, l’attento discernimento fra il bene e il male, la lettura e l’interiorizzazione della Parola di Dio. Oltre a tenere questi punti fermi, era membro dell’équipe di Pastorale Vocazionale del Seminario e curava una rubrica nel mensile per i chierichetti della Diocesi di Milano, La Fiaccolina, dal titolo Preghiamo con i personaggi della Bibbia.

Pochi mesi dopo il suo ingresso in Seminario, avvenuto nel settembre 1999, iniziarono a manifestarsi i primi sintomi di quella che si rivelò essere una malattia autoimmune del sangue, ravvicinabile ad un’eritroblastopenia. Nonostante il progredire del male, cercò di mantenersi fedele ai suoi impegni di studio e di preghiera, come ricordano i suoi professori, gli amici e i compagni di classe. Un giorno, durante un prelievo, mentre i medici scherzavano con lui e rispondeva sorridendo, divenne improvvisamente serio e formulò una richiesta: «Sì, va bene! Dottore, io non le chiedo tanto, io non voglio tanto. Le chiedo solo di farmi vivere ancora quattro anni, il tempo di diventare prete. Le chiedo il tempo di celebrare una Messa, la mia Messa, una sola volta: una Messa vale tutte. Dottore, il tempo di una Messa...».

Per interessamento di monsignor Ennio Apeciti, professore in Seminario, il 14 dicembre 2002, memoria di San Giovanni della Croce, Alessandro ebbe l’onore, insieme al fratello Davide, sacerdote dal 2008, di partecipare ad un’udienza da Giovanni Paolo II. La speranza di tutti era che il Santo Padre potesse intercedere per lui, anche perché, quando l’ebbe di fronte, gli disse: «Guarirai!». Effettivamente, per un po’ di tempo sembrò migliorare, ma la situazione peggiorò il 14 novembre 2003. I suoi compagni avevano passato la notte in preghiera dopo aver saputo che era entrato in coma farmacologico: quando si riprese, tenne i contatti con loro, in particolare con i suoi amici dell’équipe vocazionale. Aveva paura, ma era sostenuto dalle loro preghiere e dalla convinzione che, come riferì ad un suo professore, «Il Signore non ci vuole pessimisti, non è vero?». Con questi sentimenti, affrontò quella che definì «la mia Pentecoste».

La crisi definitiva arrivò la notte fra il 2 e il 3 gennaio 2004. L’allora cappellano del Policlinico di Milano, don Piero Cresseri, chiese di non coprirlo con un lenzuolo finché non fossero arrivati i familiari. Quando furono entrati, la madre, facendo sue le parole e la condizione di Giobbe, nel momento in cui gli fu comunicato che i suoi figli erano morti, disse: «Il Signore me l’ha dato, il Signore me l’ha tolto; sia benedetto il nome del Signore».

Domenica 11 giugno 2006, il giorno in cui i candidati al sacerdozio di quell’anno celebrarono la loro Prima Messa, anche l’Unità Pastorale in Lissone volle celebrare con solennità l’Eucaristia, come se fosse quella liturgia che Alessandro aveva tanto desiderato. Il 23 luglio dello stesso anno, fu eretto dagli adolescenti e dai giovani suoi amici un altare sul Mont Rous, cima appartenente al gruppo delle Grandes Murailles, dove già si trovava una croce in ferro, fatta collocare da don Ambrogio Colombo. Sulla lastra di cristallo che costituisce la mensa, furono incise alcune parole tratte dai suoi scritti. Nel 2009, quinto anniversario dalla sua scomparsa, l’amico Filippo Grilli, educatore all’Oratorio San Luigi, ha iniziato le riprese della sua seconda opera cinematografica ispirandosi liberamente a lui, adombrato nella figura del seminarista Francesco. Il titolo, “Voglio essere profumo”, riprende la preghiera che il giovane chierico compose come Regola di Vita, basandosi sull’episodio evangelico dell’unzione di Betania:

Signore Gesù,
voglio essere per te
come quel barattolino di olio di nardo
che Maria riversò sui tuoi piedi.
Voglio essere come nardo
per camminare con te,
amare con te le persone
che incontriamo quotidianamente;
voglio essere strumento di rivelazione
della tua presenza.
Dal mio profumo tutti devono sentire che tu sei qui.
Dal mio profumo tutti si devono accorgere
della tua presenza, del tuo amore.
Consumami tutto Signore,
non lasciare che nessuna goccia vada sprecata.
Riversami dove tu vuoi;
fa’ che il mio agire,
il mio diffondere la tua presenza parta sempre da te
e non avvicini amori fatui, amori leggeri.
Io come quell’olio e come Maria
ho scelto la parte migliore
che non mi verrà tolta.
Aiutami ad afferrarti Gesù.
Non permettere che la vita
e i suoi buffi e strani andamenti
mi stacchino da te.
Ho trovato un tesoro,
una perla preziosa;
non posso sprecare
una così bella e grande occasione.


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