Ottavo Venerdì - LA PREGHIERA
1) Che cosa è la preghiera?
La preghiera è una pia elevazione dell’anima a Dio, una conversazione o colloquio con Dio per adorano, ringraziarlo, chiedergli perdono per i peccati e domandargli le grazie convenienti alla salvezza eterna.
2) La preghiera è un dovere per tutti, perché Dio è
A) il Creatore e il Padrone di tutto l’universo, e noi siamo
sue creature dipendenti in tutto da lui e quindi abbiamo il dovere di
adorano, lodarlo, benedirlo;
B) il nostro Benefattore. Tutto
quello che siamo, tutto quello che abbiamo ci viene da Lui e quindi
abbiamo il dovere di ringraziarlo;
C) il nostro Salvatore. Per il
peccato eravamo diventati schiavi di Satana, ma Gesù Cristo,
il Figlio di Dio fatto uomo, ci salvò con la sua Passione,
Morte, Resurrezione e con la fondazione della Chiesa, depositaria dei
mezzi di salvezza. Quindi abbiamo il dovere di amarlo.
3) La preghiera è un bisogno.
Noi siamo tutti peccatori e abbiamo bisogno del suo perdono; siamo molto deboli per cui abbiamo continuo bisogno del suo aiuto; abbiamo bisogno di tante grazie e a chi possiamo ricorrere nelle nostre necessità se non a Lui, che ci ama di un amore infinito, che vuole aiutarci e può aiutarci perché è onnipotente.
4) La preghiera è efficace.
Noi siamo sicuri di ottenere da Dio quello che gli domandiamo?
Certamente, perché ce l’ha promesso:
«Qualunque
cosa domanderete al Padre mio nel mio nome ve la concederà»
(G. 16:23). «Chiedete e vi sarà dato” (Mt.
7:7).
Durante il pellegrinaggio della Vergine di Fatima in tutto
il mondo dal 1947 al 1955, nella città di Badajoz (Spagna)
avevano preparato i più ricchi addobbi; tutte le autorità
civili, militari, il Vescovo, il Clero, le Associazioni religiose e
una innumerevole moltitudine di popolo stavano in gioiosa attesa
della miracolosa Vergine. A darle il primo benvenuto era stata
incaricata una giovanetta cieca.
Era davanti al microfono e, col
metodo dei ciechi, leggeva il suo affettuoso indirizzo in cui diceva
fra l’altro: «Tutti sono qui attorno alla tua Immagine, o
dolce Signora di Fatima, per porgerti i loro filiali omaggi, per
cantare le tue lodi, per venerarti e contemplare il tuo volto di
paradiso. Anche io ti venero e ti amo anche se non ti vedo, perché
la pupilla dei miei occhi è spenta! ... Deh, liberami dalle
tenebre che mi avvolgono; dai luce a questi occhi che vorrebbero
vedere tutto quello che la fantasia mi dipinge nella mente!... Ma se
non sono degna di questa grazia, o Signora di Fatima, aumenta la mia
fede; dammi forza e coraggio per prendere dalla mano di Dio la mia
sventura; sostieni la mia debolezza e illumina l’anima mia
perché un giorno possa vederti e amarti in Paradiso».
Non
si era spenta ancora l’eco delle ultime parole che un grido
formidabile di gioia saliva al cielo: la fervorosa preghiera della
fanciulla otteneva d’un tratto la vista ed essa si gettava,
profondamente commossa, ai piedi della Vergine per esprimerle più
con le lacrime che con le parole la grande gioia e la riconoscenza
che sentiva nel cuore. La sua fervorosa ed umile preghiera aveva
ottenuto il miracolo.
5) La preghiera è necessaria per tutti
tanto necessaria che se non preghiamo non possiamo salvarci,
perché Dio ha stabilito di darci le sue grazie mediante il
mezzo semplice della preghiera. Per questo Gesù non solo ci
esorta, ma ci comanda di pregare: «Chiedete e otterrete»
— «Vegliate e pregate per non cadere in tentazione,
perché lo spirito è pronto ma la carne è debole
(Mt. 14:38) — «Bisogna pregare sempre senza stancarsi
mai» (Lc. 18:1).
E con la preghiera che otteniamo la forza
di resistere agli assalti del demonio; è con la preghiera che
otteniamo la forza di vincere le nostre cattive inclinazioni; è
con la preghiera che otteniamo l’aiuto necessario per osservare
i Comandamenti di Dio e compiere bene il nostro dovere quotidiano: in
una parola è con la preghiera che noi otteniamo l’aiuto
necessario per salvarci.
Nella prefazione del libretto «Del
gran mezzo della preghiera» S. Alfonso Maria d. L. dice: «I
predicatori e i Confessori inculcano tanti buoni mezzi alle anime per
conservarsi in grazia di Dio: la fuga delle occasioni, la frequenza
dei Sacramenti, la resistenza alle tentazioni, l’ascoltare la
divina parola, il meditare le massime eterne ed altri mezzi, tutti
umilissimi, non si nega, ma io dico a che servono le prediche, le
meditazioni e tutti gli altri mezzi che danno i maestri spirituali
senza la preghiera, quando il Signore ha dichiarato che non vuole
concedere grazie se non a chi prega? «Chiedete e otterrete»
(Gv. 16:24).
Senza la preghiera, parlando secondo la Provvidenza
ordinaria, resteranno inutili tutte le meditazioni fatte, tutti i
nostri propositi e tutte le nostre promesse. Se non preghiamo, saremo
sempre infedeli a tutti i lumi ricevuti da Dio e a tutte le promesse
da noi fatte. La ragione di questo sta in ciò: per fare
attualmente il bene, per vincere le tentazioni, per esercitare le
virtù, insomma per osservare i divini precetti non bastano i
lumi da noi ricevuti, le considerazioni e i propositi da noi fatti,
ma occorre l’aiuto attuale di Dio. Ora il Signore non concede
quest’aiuto attuale se non a chi prega e a chi prega con
perseveranza. I lumi ricevuti, le considerazioni e i buoni propositi
fatti servono molto, ma è con la preghiera che otteniamo il
soccorso divino che ci preserva dal peccato, ma se noi non preghiamo
saremo perduti... Se per il passato vi trovaste aggravata la
coscienza di molti peccati, credetemi, questo è il motivo: la
trascuratezza di pregare e di chiedere a Dio l’aiuto per
resistere alle tentazioni che vi hanno assalito» — motivo
per cui il Santo Dottore affermava — «Chi prega si salva,
ma chi non prega si danna».
A conferma di quanto dice S.
Alfonso, riporto una pagina del libretto «Sono dannata»,
che porta l’Imprimatur del Vicariato di Roma: garanzia della
serietà del tremendo episodio. Editrice del libretto: Libreria
Sacro Cuore - Via Lenzi - Messina.
Una giovane, Annetta, già
condannata all’inferno, è costretta da Dio a parlare
all’amica Clara ancora vivente e che nell’autunno del
1937, quando avvenne l’episodio, si trovava a trascorrere le
ferie in riva al Lago di Garda.
«Tu mi ammonisti una volta:
Anna, se non preghi vai alla perdizione! Io pregavo davvero poco e
anche :questo poco svogliatamente. Allora purtroppo tu avevi ragione.
Tutti coloro che bruciano nell’inferno non hanno pregato o non
hanno pregato abbastanza.
La preghiera è il primo passo
verso Dio e rimane il passo decisivo, specialmente la preghiera a
colei che fu la Madre di Cristo, il nome della quale noi non
nominiamo mai. La devozione a lei strappa al demonio innumerevoli
anime che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.
Proseguo il racconto consumandomi d’ira e solo perché
devo (era costretta da Dio a dire la verità). Pregare è
la cosa più facile che l’uomo possa fare sulla terra. E
proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di
ognuno. A chi prega con perseveranza, Dio a poco a poco dà
tanta luce, lo fortifica in maniera tale che alla fine anche il
peccatore più impantanato si può definitivamente
rialzare, fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli
ultimi anni della mia vita terrena non ho più pregato come di
dovere e così mi sono privata delle grazie senza le quali
nessuno può salvarsi».
6) I difetti della preghiera
Gesù ha detto: «In verità vi dico che
qualunque cosa domanderete al Padre mio nel mio nome Egli ve la
concederà» (Gv. 16:23). Come si spiega allora —
dice qualcuno — ho pregato molte volte e il Signore ha fatto il
sordo con me?
Non diamo la colpa al Signore quando essa è
tutta nostra. Se non abbiamo ottenuto è perché abbiamo
pregato male. Infatti la Parola di Dio ci dice (Ge. 16:23):
«Chiedete
e non ottenete perché chiedete male». S. Agostino spiega
così queste parole: Non ricevete o perché voi siete
cattivi, o perché domandate cose cattive, o perché
pregate malamente.
a) Perché siete cattivi
Noi che
ci lamentiamo di non essere esauditi, come stiamo di coscienza? Se
siamo in peccato mortale come possiamo pretendere che Dio ci ascolti?
Il peccato grave ci fa schiavi di Satana e noi, dopo aver servito il
demonio, abbiamo il coraggio di domandare la paga al Signore? Il
peccato mortale ci fa nemici di Dio e noi pretendiamo che Egli aiuti
di suoi nemici, i quali si beffano di Lui e saranno peggio di prima?
Il Signore non è come gli uomini che vedono solo l’esterno,
ma Egli scruta i cuori. Possono essere belle le parole che noi gli
rivolgiamo, ma se la nostra anima è cattiva non saremo
esauditi, ma riceveremo il rimprovero che Gesù lanciò
ai farisei ipocriti: «Questa gente mi onora con la bocca, ma il
suo cuore è lontano da me» (Mt. 15:8). Un uomo vive
immerso nella melma dell’impurità, bestemmia, non va in
chiesa, non prega ecc. In un momento della vita, mentre tutto gli va
a rovescio, si ricorda di Dio e lo prega, accende delle candele
votive, fa qualche offerta. La sua preghiera probabilmente, per nòn
dire certamente, non sarà esaudita ed allora l’infelice
impreca e bestemmia e decide di non pregare più. Come può
costui pretendere di essere esaudito mentre egli continua a stare col
peccato mortale nell’anima, non si pente affatto e non vuole
confessarsi? Così una donna mondana, che calpesta la purezza
in tutti i modi, come può pretendere di essere ascoltata da
Dio se lei non vuole distaccarsi dal peccato che la lega al demonio?
Ma allora — potrebbe dire qualcuno — è del tutto
inutile che il peccatore preghi? No, è bene che lui preghi
affinché il Signore gli usi misericordia dandogli un giorno o
l’altro la grazia della conversione. Quindi perché la
nostra preghiera venga esaudita, è necessario anzitutto essere
in grazia di Dio, o, se si è in peccato, che ci si penti di
esso e si abbia la buona volontà di confessarsi.
b)
Perché domandate cose cattive
Gesù ci dice: «
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome: domandate e riceverete »
(Gv. 16:24). Cosa significa domandare nel nome di Gesù?
Significa domandare cose che riguardano il bene dell’anima
nostra e la salvezza eterna. A quanti Gesù potrebbe rivolgere
le parole che disse ai figli di Zebedeo: «Voi non sapete cosa
domandate» (Mt. 20:22).
Purtroppo la nostra natura decaduta
si china verso le cose della terra e non ci fa vedere il fine della
nostra vita: la nostra salvezza eterna. Infatti a che cosa si
riducono le nostre preghiere? Forse a chiedere la luce della verità
?... L’aumento della grazia santificante?... Il fervore
dell’amore di Dio?... Il distacco dalle cose terrene e l’amore
delle cose spirituali ?... La forza per tenere lontano da noi il
peccato?... L’aiuto per esercitarci nelle virtù?...
Chiediamo specialmente la nostra salvezza eterna?... No! Chiediamo
invece una vita senza croci, una vita piena di beni materiali, di
piaceri, di onori, ecc., cioè chiediamo che questa terra da
valle di lacrime diventi valle di piaceri più o meno illeciti.
Ma ci pensiamo che con queste cose noi roviniamo la nostra anima! Che
pregiudichiamo la nostra salvezza eterna! Quanti, se non avessero
avuto tanto denaro, ora sarebbero in Paradiso! Quanti, se non fossero
saliti tanto in alto fra gli uomini, ora non sarebbero scesi tanto in
basso fra i demoni! Quanti, se a tempo opportuno avessero avuto una
croce, un lutto, la morte, ora non si dispererebbero per sempre
nell’inferno!
Ecco perché Dio, Padre nostro, che ci
ama senza misura e vuole la nostra felicità eterna, non sempre
ci esaudisce quando gli chiediamo i beni terreni. Quale madre darebbe
al suo piccolo figliuolo un rasoio, una pistola, una forbice ecc.,
per giocare? No, certamente, perché questi oggetti gli faranno
del male, ma gli darà invece qualche altra cosa che lo farà
contento senza fargli del male. E noi possiamo pensare che Dio non
faccia per le anime nostre quello che la madre terrena fa con il suo
figliuoletto? Perciò quando chiediamo beni temporali, salute,
benessere, guadagni, riuscita negli affari ecc., dobbiamo chiederli
sempre con sottomissione alla volontà divina e con la
condizione che non nuocciano alla salute dell’anima nostra, che
non pregiudichino la nostra salvezza eterna. Il Signore conosce
meglio di noi i nostri bisogni e non ci farà mancare mai
quello che ci è utile e necessario. Al riguardo riporto dal
libro «Padre Pio da Pietralcina» del P. Alberto d’Apolito
due edificanti testimonianze di due persone viventi: Pietruccio
Cugino e Mercurio Vincenzo.
1) Pietruccio Cugino frequentava
Padre Pio fin da quando era fanciullo ed aveva la vista. Nel 1932 in
un pomeriggio, Pietruccio, ancora molto giovane ma già privo
della vista da sette anni, si recò al convento, accompagnato
dal terziario francescano Fini Michele, per salutare Padre Pio, che a
quei tempi era relegato nel convento per i provvedimenti restrittivi
delle supreme autorità.
Padre Pio gradì molto la
visita di Pietruccio e gli rivolse subito la parola.
—
«Beato te, Pietruccio, che non vedi il fango e il marciume di
questo mondo. Hai meno occasioni di offendere il Signore!
Dimmi la
verità, hai desiderato qualche volta di riavere la vista?
—
(Pietruccio): «Non ci ho mai pensato...».
— (P.
Pio): «Vorresti riaverla?».
— (Pietruccio): «Non
so che cosa rispondere».
— (P. Pio): «Come non
lo sai! Vuoi o non vuoi la vista?».
— (Pietruccio):
«Padre, ci debbo pensare».
— (P. Pio): «Se
la vuoi, pregheremo la Madonna, che è tanto buona e potente
sul cuore del Figlio suo Gesù...».
—
(Pietruccio): «Padre, io sono nato con la vista. All’età
di dodici anni, il Signore me l’ha tolta. Se il Signore mi ha
tolto la vista ha avuto i suoi motivi. Ora perché pregare
contro la volontà di Dio? Perché richiedere ciò
che prima mi ha dato e poi mi ha tolto?».
— (P. Pio):
«Vuoi o non vuoi la vista?».
— (Pietruccio):
«Padre, il Signore sa quello che fa. Io voglio fare sempre la
volontà di Dio. Se il Signore dovesse restituirmi la vista e
questa dovesse essere occasione di peccato, ci rinunzio».
Padre
Pio, a questa risposta decisa e sapiente di Pietruccio, con l’animo
pieno di gioia, lo abbracciò e lo benedisse.
2)Il prof.
Mercurio Vincenzo nacque cieco a Benevento. Da giovane reagì
alla cecità dandosi con passione allo studio. Si laureò
giovanissimo in filosofia e scienze affini nel 1941 e conseguì
subito la cattedra di Benevento.
Cresciuto senza educazione
religiosa, non frequentava né chiesa né Sacramenti. In
occasione di una visita a P. Pio, viene scosso nel suo spirito, si
converte e comincia una vita veramente cristiana. Nell’agosto
del 1950 vinse la cattedra alle magistrali di S. Giovanni Rotondo,
dove si tabi1isce definitivamente. Nel dicembre del 1959 Padre Pio
benedice il suo matrimonio con una giovane ostetrica di Brescia,
venuta a S. Giovanni Rotondo, nell’ospedale Casa Sollievo della
Sofferenza, per motivo di lavoro. Da questo matrimonio nacquero
cinque figli. Dopo il quinto parto, la giovane madre si ammalò
di male incurabile. Il suo calvario durò alcuni anni. Si
pregava da tutti per la guarigione della giovane sposa e madre, che
doveva accudire al marito bisognoso, ai piccoli da crescere e alle
faccende di casa.
Un giorno P. Alberto, l’autore del
suddetto libro, disse al Prof. Mercurio: «Vincenzo, ho saputo
che la signora va peggiorando. Preghiamo con insistenza, cerchiamo di
strappare la grazia della guarigione al Cuore della Madonna, mediante
l’intercessione di P. Pio. La sua vita è necessaria per
te, per i bambini e per la casa».
Vincenzo, reprimendo il
suo dolore, mi rispose:
«Padre Alberto, giorno e notte prego
che si compia la volontà di Dio nella mia famiglia. Egli sa
quello che fa. Se vuole la mia diletta consorte, come vittima, la
prenda pure per la maggior glorificazione del suo santissimo
nome».
P. Alberto: «Vincenzo, la tua preghiera è
ben fatta, è la preghiera di un uomo di Dio. Il Signore però
vuole che i chieda per ottenere grazie. Nel Vangelo vi è un
invito incessante alla preghiera... un invito pressante a domandare
con fede la guarigione e la salute della consorte».
Vincenzo:
«Le parole del Vangelo sono rivolte alle anime superficiali, a
quelle anime convertite di recente, tentennanti dinnanzi alle prove.
Gesù per aiutarle le invita a chiedere, a bussare, a pregare
per ottenere le grazie.
Le anime già formate agli
insegnamenti di Cristo, non hanno bisogno di chiedere. Esse sanno di
essere totalmente possedute dal Signore e nulla desiderano che non
sia conforme alla volontà di Dio».
P. Alberto:
«Quello che tu dici è vero. Ma il Signore nonostante che
sia in noi vuole che si chieda ciò che desideriamo».
Vincenzo:
«Io ho sempre pregato: Signore, se vuoi la vittima nella mia
famiglia, prendi me che sono un povero cieco; risparmia la mia
consorte che è necessaria per i miei bambini. Se il Signore
non mi ascolta, che cosa ci posso fare? Non mi ribello alla sua
volontà, anzi prego che si compia in tutta la pienezza nella
mia famiglia per la maggior gloria di Dio».
Risposta
sublime! La donna morì santamente. E quando P. Alberto, prima
di sciogliersi il corteo funebre, si avvicinò a Vincenzo ed
esclamò: «Vincenzo, non so cosa dirti!...». Egli
gli rispose: «Padre Alberto, ringraziamo il Signore. Il suo
santissimo nome è stato glorificato nella mia famiglia. Sia
fatta sempre la sua divina volontà».
Quali sublimi
insegnamenti ci danno questi due ciechi, formati alla scuola di un
grande maestro di preghiera e di sofferenza, P. Pio da
Pietralcina!
c) Perché la preghiera è fatta
male
La preghiera è fatta male quando si prega: 1) senza
attenzione; 2) senza umiltà; 3) senza fiducia; 4) senza
perseveranza.
1) Senza attenzione La preghiera è una
conversazione con Dio, così come si conversa col padre, con la
madre, con l’amico, con una persona cara.
Quando preghiamo
non è necessario il libro, non è necessaria tanta
istruzione. Ci sono delle persone che neppure sanno leggere, eppure
sanno pregare benissimo. Basta aver fede che Dio è presente,
ci vede, ci ascolta e conosce anche i desideri più intimi del
nostro cuore. Quando noi abbiamo presente questo, allora la nostra
preghiera diventa facile e attenta.
Quando un fanciullo parla con
suo padre, con la sua mamma, con i suoi fratelli o amici, non usa
frasi stampate di un libro, non si distrae, ma con grande spontaneità
dice loro quello che sente nel suo cuore, quello che desidera ecc.
Così dobbiamo fare anche noi quando preghiamo, quando parliamo
con il nostro Padre Celeste, con Maria, Madre di Gesù e Madre
nostra, con i Santi, nostri fratelli.
Non crediamo che la
preghiera consista nel dire molte parole, alle volte con tono
alquanto forte da disturbare anche gli altri; non consiste nel
recitare parole con le labbra, mentre la nostra mente pensa ad altre
cose, i nostri occhi si voltano a destra e a sinistra, il nostro
cuore è lontano con qualche creatura. Pregando in questo modo
non possiamo pretendete che Dio ci ascolti quando noi stessi non
pensiamo e non sappiamo quello che stiamo chiedendo. Gesù ci
avverte: «Questa gente mi onora con la bocca, ma il suo cuore è
lontano da me » (Mt. 15:8). « Quando pregate non usate
tante parole, come fanno i pagani che credono di essere esauditi per
il molto parlare. Non imitateli perché il vostro Padre celeste
sa bene, prima ancora che glielo chiediate, di quai cose avete
bisogno» (Mt. 6:7).
Perciò bisogna pregare con la
mente e con il cuore e cioè attentamente e devotamente.
2)
Senza umiltà
Dio è Maestà infinita e
perfettissima, mentre noi siamo nulla peccatori, indegni delle sue
grazie e meritevoli dei divini castighi. Perciò quando
preghiamo ci si addice un contegno umile, convinti della nostra
indegnità. Dio respinge la preghiera del fariseo perché
era superbo, mentre accolse quella del pubblicano perché umile
(Lc. 18:10-14).
L’umiltà è la migliore
disposizione per ben pregare e per ottenere le grazie da Dio. La
preghiera di un’anima umile penetra il cielo e Dio la
esaudisce.
3) Senza fiducia
L’umiltà non deve
però generare in noi diffidenza verso la Bontà di Dio.
Noi siamo indegni di essere ascoltati dal Signore, ma abbiamo da
trattare con la sua misericordia infinita. Uniti a Gesù, Capo
del Corpo mistico, scompare la nostra indegnità e quindi
possiamo ottenere tutto quello che chiediamo ed è utile per la
gloria di Dio e per il nostro bene spirituale, per la nostra
salvezza. Preghiamo noi con questa fiducia? San Bernardo dice:
«Essendo la divina misericordia una fonte immensa, più
grande è il vaso della confidenza, maggiore sarà
l’abbondanza di grazie che si ottengono». La fiducia è
indispensabile per essere esauditi perché essa è la
chiave che ci apre i tesori della bontà. Infatti Gesù
ci dice: «Qualunque cosa domanderete con la preghiera, abbiate
fiducia di ottenerla e l’otterrete» (Mc. 11:24). La
nostra fede dev’essere totale e piena di fiducia. Soprattutto
dev’essere molto umile. Dobbiamo partire dal principio che Dio
ne sa infinitamente più di noi circa quello che ci conviene o
non ci conviene ottenere in funzione della nostra salvezza eterna,
che è la sola che conta veramente. Dobbiamo anche ricordare
che Dio può mettere alla prova la nostra fede e fingere di
«nascondersi» alla nostra preghiera, e allora dobbiamo
ripetere l’invocazione che Gesù ci ha insegnato: «Sia
fatta la Tua volontà e non la mia». Con queste
disposizioni il cristiano deve chiedere l’aiuto di Dio nelle
sue necessità. Sicuro che, se la grazia che chiede non
contraddice il divino volere, la sua preghiera sarà esaudita
anche nell’ordine temporale delle cose; e a maggior ragione in
quello soprannaturale.
4) Senza perseveranza
Un uomo a
mezzanotte batte alla porta di un suo amico: amico, prestami tre pani
perché mi è capitato a casa improvvisamente un amico
che ha fame ed io non ho nulla da dargli. L’amico non viene
neppure alla finestra e di dentro gli risponde: Senti, mi dispiace ma
ho già chiuso tutta la casa. Io sono a letto, i miei figli
pure, non posso accontentarti. L’altro non si scoraggia e
ricomincia a battere la porta una, due, tre volte. L’amico non
può più dormire ed allora si alza e l’esaudisce
se non per amicizia, ma almeno per togliersi quella seccatura (Lc.
11:5-8).
Con questa parabola Gesù ci raccomanda la
perseveranza nella preghiera. Quindi preghiamo senza scoraggiarci e
con perseveranza. Santa Monica per ottenere la conversione di suo
figlio S. Agostino pregò per ben diciotto anni.
7. -
Alcune difficoltà
1) Tanti dicono: Io non ho tempo di
pregare perché sono troppo occupato nei miei affari.
Chi
dice così sconosce il motivo per cui egli si trova su questa
terra. Non sa che qui siamo di passaggio diretti all’altra
vita, quella vera che durerà per l’eternità.
Senza
la preghiera non possiamo salvarci e la salvezza dell’anima è
l’affare più importante della nostra vita.
2) Altri
dicono: Io m annoio a pregare e mi distraggo continuamente.
Questo
è dovuto al fatto che il vostro cuore è attaccato alla
vanità del mondo; voi amate le creature, il denaro, i piaceri
e non amate affatto il Signore.
3) Altri dicono: Io non prego
perché non ottengo niente.
Questo succede perché,
come già abbiamo detto, o voi siete cattivi, o perché
domandate cose cattive, o perché pregate malamente, oppure voi
vi ingannate Infatti anche quando vi sembra di non essere esauditi,
dovete ricordare che Dio, nella sua infinita bontà
misericordiosa, anche se non vi concede quella grazia particolare che
voi gli domandate, perché è nociva all’anima
vostra nonostante che voi la stimiate necessaria, vi concederà
grazie molto più grandi e necessarie di quelle da voi
richieste. La nostra preghiera non è mai vana, non è
mai sterile perché anche se non ci ottiene quello che noi
chiediamo, ci otterrà certamente altre grazie più utili
e necessarie.
8. - Osservazione
La preghiera non è fine
a se stessa, ma è un mezzo stabilito da Dio per ottenere le
sue grazie, per compiere bene il proprio dovere, per salvarsi facendo
la sua volontà. Ma se una persona recita molte preghiere a
scapito del suo dovere, e porta odio, non vuole perdonare il suo
prossimo, calpesta la purezza, commette ingiustizie, ecc., a che cosa
gli giova la preghiera? A nulla, perché dice il Signore: «Non
chi dice:
Signore, Signore, entrerà nel regno dei Cieli, ma
chi fa la volontà del Padre mio, questi entrerà nel
regno dei Cieli!» (Mt. 7:21).
Fratello
carissimo, ti prego, a conclusione di quanto è stato detto, di
riflettere su quanto S. Alfonso scrisse nel citato libretto: «Del
gran mezzo della preghiera»:
«Tutti i beati, eccetto i
bambini, si sono salvati con la preghiera. Tutti i dannati si sono
perduti per non aver pregato. Se avessero pregato non si sarebbero
perduti».
Perciò ogni giorno ricorri all’arma
della preghiera per stare sempre in grazia di Dio e prega Maria
Santissima perché ti ottenga la grazia di fare bene i Nove
Primi Venerdì del mese per conseguire la Grande Promessa del
Cuore di Gesù.
primo Esempio
Delirio che scompare alla vigilia del Primo Venerdì
Nel
maggio 1913 si ammalava in Genova un giovanetto tredicenne e la
malattia l’assalì con tale violenza che fin dai primi
giorni perdeva la conoscenza, né vi era speranza che potesse
riacquistarla. La sua povera madre era inconsolabile per il timore
che, morendo senza poter ricevere i Sacramenti, potesse perdersi
eternamente. O se tutte le madri sapessero amare di questo vero amore
i loro figli!
Quel giovanetto aveva già incominciato le
Comunioni dei primi venerdì. Poteva il Sacro Cuore di Gesù
abbandonarlo in quegli estremi momenti? Erano ormai 15 giorni che era
in delirio e si era giunti al giorno 5 giugno, vigilia del primo
venerdì del mese. Improvvisamente, con grande sorpresa di
tutti, egli si desta come da un sogno e domanda: Che giorno e domani?
Il primo venerdì, risponde la madre. E come potrò fare
domani la Comunione se mi trovo a letto? Non temere, bambino mio,
soggiunse quella giubilante, Gesù è tanto buono che
verrà Lui stesso a trovarti, giacché tu non puoi andare
in Chiesa.
Fu chiamato subito il Confessore, cui il giovanetto
fece con piena lucidità di mente la sua confessione e, dopo
breve preghiera, un’altra volta restò privo di sensi e
non si ridestò dal suo torpore mortale che il giorno dopo
quando gli fu portata la Comunione. Dopo aver fatto un breve
ringraziamento si assopì di nuovo. Durante i 12 giorni che
ancora visse non diede più alcun seguo di conoscenza.
Finalmente il 18 giugno rese la sua bell’anima a Dio, che
fedele alla sua Grande Promessa, lo accoglieva nel regno della sua
gloria.
(Dal periodico: «La settimana religiosa di Genova)
2° Esempio
«Da circa 50 anni — dice il citato don Antonio
Santangelo — il signor Nicola non entrava in chiesa. Non che
fosse un mangiapreti, ma quell’abitudine non l’aveva mai
avuta. Un giorno pensai come fare per salare quest’anima.
Non
vedevo mezzo alcuno. Intanto continuavo a salutarlo per primo e a
rivolgergli qualche breve parola passando avanti la sua casa. Un
altro giorno pensai: debbo fargli fare i primi Nove Venerdì.
Dal pensare... a fare ci sono due mari, tuttavia bisognava cominciare
a fargli la proposta e fargliela tante volte.
Un giorno gliela
andai a fare. Il signor Nicola trasecolò; gli avessi parlato
cinese forse avrebbe capito qualche cosa di più. Di questo ne
ero certo; ma pensai:
un grosso albero non si taglia con un solo
colpo di scure. Così ritornai di tanto in tanto alla carica,
finché un giorno mi disse: Ma faccia come vuole!...
—
No, signor Nicola; questo mai. Come posso portagli il Signore se lei
non lo vuole ricevere... Se però lo vuole fare entrare a casa
sua io glielo porto. — — Può essere che caccio il
Signore da casa mia? — “Ci siamo”, pensai. E al 1°
Venerdì successivo gli feci cominciare i 9 Venerdì. Non
li cominciò con tanto entusiasmo, ma neppure male. Così
continuai a porta- gli la Comunione, anche quando lui poteva venire
in chiesa con i suoi piedi. Però notai presto il lavorio della
Grazia. Cominciò ad attendere la Comunione e a ripetere le
preghiere con me, rassegnarsi alla malattia e a pregare da
solo.
Finalmente terminò i 9 Venerdì in questo anno
1975. L’indomani dell’ultimo Venerdì, senza che
nessuno se l’aspettasse, morì. Gesù l’aveva
promesso e Lui sa mantenere la parola».