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Giovedi, 25 aprile 2024 - Misteri luminosi - San Marco ( Letture di oggi )

San Pio da Pietrelcina:Non posso, poi, affatto credere e quindi dispensarti dal meditare solo perché a te sembra di non ricavarne nulla. Il sacro dono dell'orazione, mia buona figliuola, sta posto nella mano destra del Salvatore, ed a misura che tu sarai vuota di te stessa, cioè dell'amore del corpo e della tua propria volontà, e che ti andrai ben radicando nella santa umiltà, il Signore lo andrà comunicando al tuo cuore.
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Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux



Liseux

7. POSTULANTE E NOVIZIA NEL CARMELO (1888-1890) - Parte 1

191 - Lunedì 9 aprile, giorno nel quale il Carmelo celebra­va la festa dell'Annunciazione, rimandata a causa della quaresi­ma, fu scelto come data del mio ingresso. La sera avanti tutta la famiglia era riunita intorno alla tavola alla quale io sedevo per l'ultima volta. Ah, come sono lancinanti quelle riunioni intime! Quando si vorrebbe vedersi dimenticate, ci vengono prodigate le carezze, le parole più tenere, che ci fanno sentire il sacrificio della separazione. Papà non diceva quasi nulla, ma il suo sguar­do si fissava su me con amore. La zia piangeva di quando in quando, e lo zio mi usava mille premure affettuose. Giovanna e Maria erano altrettanto piene dì riguardi per me, soprattutto Maria la quale, prendendomi in disparte, mi chiese perdono dei dispiaceri che credeva di avermi dati. E infine la mia cara Leo­nia, tornata a casa da qualche mese dalla Visitazione, mi col­mava più ancora di baci e di carezze. Soltanto di Celina non ho parlato, ma lei intuisce, Madre mia cara, in quale modo trascor­se l'ultima notte che abbiamo passata insieme...

192 - La mattina del gran giorno, dopo aver dato un ulti­mo sguardo ai Buissonnets, nido grazioso della mia infanzia che non avrei rivisto mai più, partii al braccio del mio caro Re per salire la montagna del Carmelo... Come la vigilia, tutta la famiglia si trovò riunita per ascoltare la santa Messa e ricevere la Comunione. Appena Gesù discese nel cuore dei miei cari, intorno a me non intesi altro che singhiozzi, io sola non piansi, ma il cuore mi batteva con tanta violenza che mi parve impos­sibile fare un passo quando ci accennarono di avviarci verso la porta conventuale; mi mossi, tuttavia, pur domandandomi se non sarei morta, tanto mi martellava il cuore. Che momento fu quello! Bisogna esserci passati per sapere che cos'è.

193 - La mia emozione non si tradì all'esterno: dopo ave­re abbracciato tutti i miei cari, m'inginocchiai dinanzi al mio incomparabile Padre, chiedendogli la benedizione; per darme­la, si mise egli stesso in ginocchio e mi benedisse piangendo. Fu uno spettacolo che dovette far sorridere gli angeli, quel vegliar­do il quale presentava al Signore la figlia ancora nella primave­ra della vita. Dopo qualche istante, le porte dell'arca santa si chiusero dietro di me, e là ricevetti gli abbracci delle sorelle care le quali mi erano state mamme, e che da allora in poi avrei prese come modelli per le mie azioni. Finalmente i miei desi­deri erano compiuti, l'anima mia provava una pace così dolce e profonda che mi sarebbe impossibile esprimerla, e da sette anni e mezzo questa pace mi è rimasta, non mi ha abbandona­ta in mezzo alle prove più serie.

194 - Come tutte le postulanti, appena entrata fui con­dotta in coro: era nella penombra, a causa del Santissimo espo­sto e quello che mi colpì come prima cosa furono gli occhi della nostra santa madre Genoveffa che si fissarono su me; rimasi per un attimo in ginocchio ai piedi di lei, ringraziando il buon Dio del favore che mi concedeva di conoscere una santa, e poi seguii madre Maria di Gonzaga nei diversi ambienti del monastero: tutto mi pareva incantevole, mi credevo trasportata in un deserto, soprattutto la nostra celletta mi affascinava, ma la gioia che provavo era calma; non un soffio, sia pur lieve, ondulava le acque sulle quali vogava la mia navicella, non c'era­no nubi nel mio cielo limpido... Ah! ero pienamente ricom­pensata di tutte le mie prove. Con quale gioia profonda ripete­vo queste parole: «Per sempre, sono qui per sempre!...».

195 - Felicità non effimera, che non sarebbe svanita con «le illusioni dei primi giorni». Le illusioni... Dio mi ha fatto la grazia di non averne entrando nel Carmelo; ho trovato la vita religiosa tal quale me l'ero figurata, nessun sacrificio mi ha mera­vigliata, eppure, Madre mia cara, lei lo sa, i miei primi passi hanno incontrato più spine che rose! Sì, la sofferenza mi ha teso le braccia, e mi ci sono gettata con amore. Quello che venivo a fare nel Carmelo lo dichiarai ai piedi di Gesù Ostia, nell'esame che precedette la mia professione: «Sono venuta per salvare le anime, e soprattutto a pregare per i sacerdoti». Quando si vuole conseguire uno scopo, occorre prendere i mezzi adeguati: Gesù mi fece capire che voleva dar­mi delle anime per mezzo della croce e la mia attrattiva per il dolore crebbe in proporzione con la sofferenza. Per cinque anni quella fu la mia strada; ma al difuori niente rivelava il mio patire, tanto più doloroso in quanto lo cososcevo io sola. Ah, quali sorprese avremo, alla fine del mondo, leggendo la storia delle anime! Quanti stupiranno vedendo per quale via è stata condotta l'anima mia!

196 - Ciò è tanto vero che, due mesi dopo il mio ingresso, il padre Pichon, essendo venuto per la professione di suor Maria del Sacro Cuore, rimase sorpreso vedendo ciò che il buon Dio operava nell'anima mia, e mi disse che il giorno prima mi aveva osservata mentre pregavo nel coro, e aveva creduto che il mio fervore fosse infantile e la mia via ben facile e dolce. Il mio collo­quio col buon Padre fu per me una consolazione grande, ma velata di lacrime a causa delle dìfficoltà che provavo nell'aprire l'anima mia. Tuttavia feci una confessione generale quale non avevo fatta mai: alla fine il Padre mi disse queste parole, le più consolanti che abbiano mai echeggiato nell'anima mia: «In pre­senza di Dio, della Vergine Santa e di tutti i Santi, dichiaro che mai lei ha commesso un solo peccato mortale». Poi aggiunse: «ringrazi il buon Dio di ciò che fa per lei, perché, se l'abbandonasse, inve­ce di essere un piccolo angelo, lei diverrebbe un piccolo demo­nio». Ah! non duravo fatica a crederlo, sentivo fino a che punto ero debole e imperfetta, ma la riconoscenza mi colmava l'anima; avevo tanto timore di aver macchiato la veste del mio Battesimo che una tale assicurazione uscita dalla bocca di un direttore come lo desiderava la nostra santa Madre Teresa, cioè tale che unisse la scienza alla virtù, mi pareva uscita dalla bocca stessa di Gesù... Il buon Padre mi disse ancora queste parole che mi sono rimaste impresse dolcemente nel cuore: «Figlia mia, che Nostro Signore sia sempre il suo Superiore e il suo Maestro di novizia­to». Lo fu, infatti, ed anche «il mio Direttore».

197 - Non voglio dire, con ciò, che l'anima mia fosse chiu­sa alle mie superiore, ah! ben lungi da ciò, ho sempre cercato che fosse per loro un libro aperto; ma nostra Madre, spesso ammalata, aveva poco tempo per occuparsi di me. So che mi amava molto e diceva di me tutto il bene possibile, tuttavia il buon Dio permetteva che, senza accorgersene, fosse molto seve­ra, non potevo incontrarla senza baciar terra, e lo stesso acca­deva nei rari colloqui di direzione che avevo con lei. Che grazia inestimabile! Come agiva visibilmente il buon Dio in colei che faceva le sue veci! Cosa sarei divenuta io se, come credevano le persone del mondo, fossi stata il «giocattolo» della comunità? Forse, anziché vedere Nostro Signore nelle mie superiore, non avrei considerato se non le persone, e il cuore mio, così bene custodito nel mondo, si sarebbe attaccato umanamente nel chio­stro. Fortunatamente fui preservata da tale sventura. Senza dubbio amavo molto nostra Madre, ma di un'affezione pura che mi innalzava verso lo Sposo dell'anima mia... Maestra era una vera santa, il perfetto esemplare delle prime carmelitane; tutto il giorno stavo con lei, perché ella mi insegnava a lavorare. La sua bontà verso me era illimitata, e tuttavia l'anima mia non si dilatava. Soltanto con sforzo mi era possibile di «fare» direzione, poiché non ero avvezza a parlar dell'anima mia, non sapevo come esprimere ciò che in essa accadeva. Una buona Madre anziana capì ciò che provavo, e un giorno mi disse ridendo in ricreazione: «Bambina mia, mi pare che non dobbiate aver gran che da dire alle vostre superiore». «Perché, Madre mia?». - «Perché la vostra anima è som­mamente semplice, ma quando sarete perfetta, sarete ancora più semplice, più ci avviciniamo a Dio, più ci facciamo semplici». - La buona Madre aveva ragione: tuttavia, la difficoltà che provavo nell'aprire l'anima mia pur provenendo dalla mia semplicità, era una vera prova; lo riconosco ora, perché senza cessare di essere semplice, esprimo i miei pensieri molto facilmente.

199 - Ho detto che Gesù era stato «il mio Direttore». Entrando nel Carmelo feci conoscenza con colui che doveva compiere quell'ufficio, ma, appena mi ebbe accolta tra le sue figlie, partì per l'esilio. In tal modo l'avevo conosciuto soltan­to per rimanerne priva. Ridotta a ricevere da lui una lettera l'anno su dodici che gliene scrivevo, il cuore mio si volse ben presto verso il Direttore dei direttori, e fu lui a istruirmi in quel­la scienza nascosta ai sapienti e ai saggi che egli si degna rivela­re ai più piccoli.

200 - L’umile fiore trapiantato sulla montagna del Carme­lo doveva aprirsi all'ombra della Croce; le lacrime, il Sangue di Gesù divennero rugiada, il Volto adorabile velato di lacrime fu il sole. Fino allora non avevo approfondito i tesori nascosti nel Volto Santo e fu per mezzo di lei, Madre mia cara, che impa­rai a conoscerli; allo stesso modo in cui, un tempo, lei ci aveva precedute tutte nel Carmelo, similmente era penetrata per pri­ma nei misteri d'amore celati nel Volto del Nostro Sposo; allo­ra lei mi chiamò, e io capii. Capii quale era la vera gloria. Colui il cui regno non è di questo mondo mi mostrò che la saggez­za vera consiste nel «volere essere ignorati e considerati nulla» e nel «porre la propria gioia nel disprezzo di sé». Ah, come il Volto di Gesù, volevo che «il mio fosse veramente nascosto, che sulla terra nessuno mi riconoscesse». Avevo sete di sof­frire e di essere dimenticata. Quanto misericordiosa è la via per la quale il buon Dio mi ha sempre guidata, mai mi ha fatto desiderare qualche cosa senza darmela, così il suo calice amaro mi parve delizioso.

201 - Dopo le feste radiose del mese di maggio, professio­ne e velazione della nostra sorella cara, Maria, (la maggiore della famiglia che la più piccola ebbe l'onore di coronare nel giorno delle nozze), bisognava bene che la prova ci visitasse... L’anno prima, nel mese di maggio, Papà era stato colpito da un attacco di paralisi alle gambe, eravamo state in ansia grave, ma il tem­peramento forte del mio caro Re aveva preso ben presto il sopravvento, e i timori erano scomparsi; tuttavia più d'una vol­ta, durante il viaggio a Roma, avevamo notato che si stancava facilmente, e non era più gaio come al solito. Quello che avevo accertato in modo particolare, era il progresso che Papà faceva nella perfezione; sull'esempio di san Francesco di Sales, era arri­vato a padroneggiare la sua vivacità naturale a tal segno da sem­brar la natura più dolce del mondo. Pareva che le cose della ter­ra lo sfiorassero appena, prendeva facilmente il sopravvento sul­le contrarietà, e in definitiva il Signore lo inondava di consolazio­ni; durante le sue visite quotidiane al santissimo Sacramento gli occhi suoi si empivano spesso di lacrime, e il suo viso respirava una beatitudine celeste... Quando Leonia uscì dalla Visitazione, egli non si afflisse, non fece alcun rimprovero al buon Dio per non esser stato esaudito nelle preghiere che gli aveva rivolte per ottenere la vocazione della sua cara figlia, anzi, andò a prenderla con una certa gioia. Ecco con quale fede Papà accettò la separazione dalla sua reginetta: l'annunciò in questi termini ai suoi amici di Alencon: «Cari amici, Teresa, la mia reginetta, è entrata ieri nel Carmelo! Dio solo può esigere un sacrificio come questo... Non mi com­piangete, perché il mio cuore sovrabbonda di gioia».