Santo Rosario on line

Martedi, 23 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Giorgio ( Letture di oggi )

Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney):Niente di così consueto fra i cristiani come dire: Mio Dio, ti amo, e niente di più raro, forse, che l'amore di Dio.
font

Vita di Santa Margherita Alacoque



Alacoque

Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 30



103. Il santo Nome di Gesù Cristo sul suo cuore
Per mostrare fin dove si spingeva la mia infedeltà in mezzo a questi grandi favori, dirò che una volta, sentendo in me un gran desiderio di andare in ritiro e di prepararmi con qualche giorno d'anticipo, volli per la seconda volta incidere il santo nome di Gesù sul mio cuore. Ma mi si formarono delle piaghe. Lo dissi alla mia superiora alla vigilia del giorno in cui dovevo ritirarmi in solitudine, e lei mi rispose che bisognava metterci qualche medicamento, per evitare che me ne venisse qualche pericolosa infezio­ne. Allora me ne lamentai con Nostro Signore: «O mio unico amore, sopporterete che altri vedano il male che mi sono fatta per amore vostro? Non siete così potente da guarirmi, Voi che siete il sovrano ri­medio a ogni male?». Infine, toccato dalla pena che provavo all'idea di rendere nota la cosa, Lui mi pro­mise che l'indomani sarei guarita; e così accadde. Non avendolo potuto dire alla superiora perché non ero riuscita a incontrarla, lei m'inviò un biglietto in cui mi diceva di mostrare il mio male alla monaca che lo recava, la quale vi avrebbe posto rimedio. Poiché ero guarita, credetti di essere dispensata dal­l'obbedire, almeno finché non l'avessi detto alla su­periora. A tal fine andai a trovarla e le dissi che non avevo fatto quanto mi era stato indicato nel messag­gio, dal momento che ero guarita. Mio Dio, come fui trattata severamente per quel ritardo nell'obbe­dire, sia dalla superiora sia dal mio sovrano Mae­stro! Questi mi relegò sotto i suoi sacri piedi e vi ri­masi circa cinque giorni, senza fare altro che piange­re sulla mia disobbedienza, chiedendogli perdono con continue penitenze. Quanto alla mia superiora, mi maltrattò senza pietà e, seguendo ciò che Nostro Signore le ispirava, mi proibì la santa comunione, che era il suplizio più duro che potessi soffrire nel­la vita, e avrei mille volte preferito essere condanna­ta a morte. Inoltre, mi fece mostrare la mia ferita al­la monaca, che, trovandola guarita, non fece nulla. E tutto questo mi causò una grande vergogna. Ma tutto questo era ancora nulla, perché non c era tormento che non volessi soffrire per il dolore di aver dispiaciuto al mio Sovrano. Questi, dopo avermi mostrato quanto gli era sgradita la benché mini­ma mancanza d'obbedienza in un'anima religiosa, e dopo avermene fatto provare la pena, venne infine Lui stesso ad asciugare le mie lacrime e a ridare vita alla mia anima negli ultimi giorni del ritiro. Ma il dolore non cessò, nonostante tutte le dolcezze e le carezze che mi fece, e mi bastava pensare che gli avevo causato dispiacere per sciogliermi in lacrime. Infatti, mi fece capire talmente bene cos'è l'obbe­dienza in un'anima religiosa, che confesso che sino allora non l'avevo capito, ma è troppo lungo da spie­gare. Mi disse che, per punire il mio errore, quel no­me sacro, che avevo inciso in memoria di quanto Lui aveva sofferto assumendo il sacro nome di Ge­sù, non solo si sarebbe cancellato, ma la stessa sorte avrebbero subito anche i precedenti, che erano an­cora ben visibili. Posso dire che il mio fu un auten­tico ritiro di dolore.

104. Madre Greyfìé le fa chiedere cinque mesi di salute come prova che è davvero lo Spirito di Dio a guidarla
Poiché le mie infermità erano così continue, che non mi abbandonavano mai per più di quattro gior­ni di seguito, una volta che ero molto malata e quasi non riuscivo a parlare, la superiora venne a trovarmi al mattino e mi consegnò un bigliettino, dicendomi di fare ciò che vi era scritto. Voleva assicurarsi che tutto quanto avveniva in me provenisse dallo Spiri­to di Dio. Se era così, Lui avrebbe dovuto conce­dermi piena salute per cinque mesi, senza che avessi bisogno di alcun sollievo durante tutto quel periodo. Se invece era lo spirito del demonio o della natura, sarei rimasta in quelle stesse condizioni. E impossi­bile dire quanto quel biglietto mi fece soffrire, tanto più che il suo contenuto mi era stato reso noto pri­ma che lo leggessi. Mi fece uscire dall'infermeria con parole che Nostro Signore le ispirava affinché fossero più dolorose e mortificanti per il mio carat­tere. Presentai dunque quel biglietto al mio Sovra­no, il quale non ne ignorava il contenuto, e Lui mi rispose: «Ti prometto, figlia mia, che, per provare che è lo spirito buono a guidarti, avrei accordato tanti anni di salute quanti sono i mesi che la tua su­periora chiede e anche ogni altra assicurazione aves­se voluto chiedermi». E all'elevazione del santo Sa­cramento, sentii in modo chiaro che tutte le mie in­fermità mi venivano tolte, come un vestito da cui venissi spogliata e che venisse riposto. Mi ritrovai con la stessa forza e la stessa salute di una persona molto robusta, che non è stata malata da molto tem­po, e trascorsi in queste condizioni il tempo richie­sto, trascorso il quale mi ritrovai come prima.

105. Madre Greyfìé la fa uscire dall'infermeria nono­stante la febbre, per mandarla in ritiro. Nostro Signore la guarisce
Una volta che avevo la febbre, la superiora mi fece uscire dall'infermeria per mandarmi in ritiro, visto che era il mio turno, e mi disse: «Vai, ti lascio alle cure di Nostro Signore Gesù Cristo. Che ti diriga, ti governi e ti guarisca secondo la sua volontà». Ora, sebbene ciò mi sorprendesse un po' dal mo-. mento che tremavo di febbre, me ne andai comun­que contenta di obbedire, sia per ritrovarmi abban­donata alle cure del mio buon Maestro, sia per avere occasione di soffrire per amor suo. Infatti, mi era indifferente come mi avrebbe fatto passare il ritiro, nella sofferenza o nella gioia. «Mi va bene tutto, purché ne sia contento e io possa amarlo», dicevo. Ma non appena mi fui appartata con Lui, si pre­sentò a me, che ero coricata per terra, tutta intiriz­zita per il freddo e il dolore, e mi fece alzare prodi­gandomi mille carezze e dicendomi: « Finalmente sei tutta per me e affidata alle mie cure. Voglio resti­tuirti in salute a chi ti ha consegnata malata nelle mie mani». E mi restituì una salute così perfetta, che non pareva proprio che fossi stata malata. Di ciò si stupirono molto e in particolare la mia supe­riora, la quale sapeva ciò che era successo.

106. In ritiro assapora deliziose gioie ed esercita su se stessa i rigori più duri. Nostro Signore la ferma nei suoi eccessi di penitenza
Non ho mai fatto un ritiro così pieno di gioia e deli­zie, credendomi in paradiso per via dei continui fa­vori, delle carezze e delle intimità col mio Signore Gesù Cristo, con la sua santissima Madre, col mio santo Angelo custode e col mio beato padre san Francesco di Sales. Non descriverò qui in dettaglio le grazie particolari che ricevetti, perché sarebbe troppo lungo. Dirò solo che il mio amabile Diretto­re, per consolarmi del dolore che mi aveva causato con la cancellazione del suo nome sacro e adorabile dal mio cuore, dopo che l'avevo inciso con tanto do­lore, volle Lui stesso stamparmelo dentro e scriverlo fuori, col sigillo e il bulino infuocato del suo puro amore. Così mi diede mille volte più gioia e confor­to che l'altra volta, quando mi aveva provocato do­lore e afflizione. Dal momento che mi mancava solo la Croce, senza la quale non potevo vivere né assaporare alcun pia­cere celeste o divino, perché tutte le mie delizie consistevano nel vedermi conforme al mio Gesù sof­ferente, non pensai ad altro che a riversare sul mio corpo tutti i rigori permessi dalla libertà in cui mi ritrovavo. E, in effetti, me ne procurai molti, sia con penitenze sia col vitto e col dormire, essendomi preparata un letto di cocci su cui mi concavo con estremo piacere, sebbene la mia natura si ribellasse. Ma era invano, perchè non le davo retta. Volevo fa­re una certa penitenza, di cui avevo grande voglia per via del suo rigore, e pensavo di poter così vendi­care su di me le ingiurie che Nostro Signore riceve nel santissimo Sacramento, sia da me, miserabile peccatrice, sia da tutti quelli che lo disonorano. Ma il mio sovrano Maestro, quando stavo per compiere il mio progetto, mi proibì di continuare, dicendomi che voleva restituirmi in buona salute alla superiora, la quale mi aveva affidata alle sue cure. Lui avrebbe gradito il sacrificio del mio desiderio piuttosto che il suo compimento, perché, essendo spirito, voleva an­che sacrifici dello spirito. Mi sottomisi contenta.