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Venerdi, 19 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Leone IX Papa ( Letture di oggi )

Santa Faustina Kowalska:Gesù, mio perfettissimo modello, avanzerò nella vita con gli occhi fissi su di te, seguendo le tue orme, sottomettendo la natura alla grazia in base alla tua volontà e in misura della luce che mi illumina, confidando unicamente nel tuo aiuto. Ogni volta che ho dei dubbi sulla condotta da tenere, interrogherò sempre l'amore ed esso mi darà il miglior consiglio. Mi rispose Gesù: «Fra le occasioni che la mia provvidenza ti manderà, stai bene attenta a non perderne nessuna. Quando però non riuscirai a coglierle, non turbarti, ma umiliati davanti a me e immergiti con tutta la tua fiducia nella mia misericordia. In questo modo, acquisterai di più di quanto avrai perduto, perché a un'anima umile i miei doni scendono con abbondanza ben maggiore di quanto essa medesima si aspetti».
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Vita di Santa Margherita Alacoque



Alacoque

Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 29



99. Nostro Signore le fa patire le pene di un anima minacciata dal castigo
Il mio Sovrano mi aveva fatto sapere che, quando avesse deciso di abbandonare a se stessa qualche anima per cui voleva che soffrissi, mi avrebbe fatto provare lo stato di un'anima riprovata e la desola­zione in cui si trova nel momento della morte. Non ho mai provato nulla di così terribile e non saprei come raccontarlo. Una volta, mentre lavoravo da so­la, mi apparve una monaca, all'epoca ancora viva, e mi venne detto in modo intelligibile: «Ecco questa religiosa solo di nome, che sono pronto a scacciare dal mio cuore e ad abbandonare a se stessa». Al contempo fui presa da un tale terrore, che, essendomi prosternata con la faccia a terra, così rimasi a lungo, incapace di rialzarmi. Allora, promisi alla Giustizia divina che avrei sofferto tutto ciò che avesse voluto, purché non l'abbandonasse. Ed es­sendosi la sua giusta collera rivolta verso di me, mi parve di trovarmi in una spaventosa angoscia e nella desolazione; mi sentivo un peso enorme sulla schie­na. Se alzavo gli occhi, vedevo un Dio adirato con me e armato di verghe e frusta, pronto a colpirmi; inoltre, mi pareva di vedere l'inferno aperto per in­ghiottirmi. Io mi sentivo dentro come in rivolta e in confusione, perché il mio nemico mi assediava da ogni lato con violente tentazioni, soprattutto di disperazione, e fuggivo ovunque il mio persecutore, senza riuscire a sottrarmi al suo sguardo. Non c'è tormento cui non mi sarei abbandonata pur di sfug­girgli. Mi vergognavo moltissimo, perché pensavo che le mie pene fossero note a tutti. Non potevo neanche pregare né esprimere le mie pene, se non con le lacrime, limitandomi a dire: «Ah! Com'è ter­ribile cadere nelle mani di un Dio vivente». Altre volte, gettandomi di faccia a terra, dicevo: «Colpi­te, mio Dio, tagliate, bruciate e consumate tutto ciò che non vi piace e non risparmiate il mio corpo né la mia vita, né la mia carne, né il mio sangue, pur­ché salviate per l'eternità quest'anima». Confesso che non avrei potuto reggere a lungo uno stato così doloroso, se la sua amorosa misericordia non mi avesse sorretta sotto i rigori della sua giusti­zia. Fu così che mi ammalai e faticavo a riprendermi.

100. Si offre di portare il peso della collera di Dio per le anime colpevoli
Lui mi ha spesso fatto provare queste situazioni do­lorose, in mezzo alle quali, una volta che mi aveva mostrato i castighi con cui voleva punire certe ani­me, mi gettai ai suoi sacri piedi, dicendo: «O mio Salvatore, sfogate su di me tutta la vostra collera, cancellatemi dal libro della vita, piuttosto che per­dere quelle anime che vi sono costate così care». Mi rispose: «Non ti amano e non cesseranno di af­fliggerti». «Non importa, mio Dio! Purché vi ami-no, non smetterò di pregarvi di perdonarle ». «La­sciami fare; non le sopporto più». E, abbracciandolo più forte, aggiunsi: «No, mio Signore, non vi la­scerò finché non le avrete perdonate». E Lui mi di­ceva: «Lo farò, se tu accetterai di rispondere in loro vece». «Si mio Dio, ma vi pagherò con i vostri stessi beni, che sono i tesori del vostro sacro Cuo­re». E di questo si accontentò.

101. Il concerto dei Serafini, i suoi «soci divini»
Una volta, mentre lavoravo con le altre alla canapa, mi ritirai in un piccolo cortile vicino al santo Sacra­mento, dove facendo il mio lavoro in ginocchio mi sentii subito cadere in un grande raccoglimento, sia esteriore sia interiore, e al contempo mi apparve l'a­mabile Cuore del mio Gesù, più risplendente del so­le. Era in mezzo alle fiamme del suo puro amore, circondato da Serafini che cantavano una dolcissima melodia: « L'amore trionfa, l'amore gode, L'amore del sacro Cuore dà gioia». E quando quegli spiriti beati m'invitarono a unirmi a loro nelle lodi di quel Cuore divino, non osavo farlo. Mi rimproverarono e mi dissero che erano venuti allo scopo «di associarsi a me per rendergli perenne omaggio d'amore, adora­zione e lode, e che per questo avrebbero preso il mio posto davanti al santo Sacramento. Così io avrei potuto amarlo senza interruzioni, grazie alla loro intercessione, e che pure loro avrebbero parte­cipato al mio amore, soffrendo nella mia persona co­me io avrei goduto nella loro». E intanto scrissero questa nostra associazione nel sacro Cuore a lettere d'oro e con i caratteri ineffabili dell'amore. Questo durò circa due o tre ore, ma ne ho risentito effetti per tutta la vita, sia per il soccorso che ne ho ricevu­to, sia per le soavità che questo aveva prodotto e produceva in me, al punto che ne rimasi come som­mersa e smarrita. Nelle mie preghiere, li chiamavo solo miei soci divini. Questa grazia mi diede un tale desiderio di purezza d'intenzioni e una tale idea di quanta ce ne vuole per conversare con Dio, che tut­to il resto al confronto mi pareva impuro.

102. Ottiene con un doloroso sacrificio la grazia per la giovane monaca di Senecé
Un'altra volta, una delle nostre sorelle cadde in un sonno letargico,34 senza speranza che le si potessero impartire gli ultimi sacramenti. La comunità ne era molto addolorata, soprattutto la madre superiora, che mi ordinò di promettere a Nostro Signore tutto quanto avesse voluto pur di ottenere la grazia. Non ebbi neanche il tempo di eseguire quest'ordine, che già il Sovrano della mia anima mi promise che quel­la monaca non sarebbe morta senza ricevere le gra­zie che giustamente desideravamo ricevesse, a patto che gli promettessi tre cose che voleva assolutamen­te da me: la prima era che mai rifiutassi alcun inca­rico nella vita religiosa; la seconda, che mai rifiutas­si di recarmi in parlatorio; e la terza, che mai rifiu­tassi di scrivere. A questa richiesta confesso che tutto il mio essere fremette per la grande ripugnan­za e avversione che provavo. E risposi: « O mio Si­gnore, Voi mi prendete per il mio lato debole, ma chiederò il permesso». La superiora me lo accordò subito, nonostante la grande pena che me ne sareb­be venuta, e mi fece fare una promessa in forma di voto, affinché non potessi più sciogliermene. Ma, ahimè, quante infedeltà ho commesso, perché non mi fu tolta la ripugnanza che provavo e che è dura­ta tutta la mia vita, ma quella monaca ricevette i sacramenti.