Vita di Santa Margherita Alacoque
Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 23
77. Temono che sia posseduta dal demonio
Tornando al mio stato di sofferenza, che si protraeva, anzi aumentava sempre più, a causa di altre penose umiliazioni, in casa iniziarono a credere che fossi posseduta dal demonio. Mi aspergevano con acqua benedetta, facendo segni di croce e altre preghiere per scacciare lo spirito maligno, ma Colui dal quale mi sentivo posseduta davvero non intendeva affatto andarsene e anzi mi stringeva più forte a sé, dicendo: «Amo l'acqua benedetta e amo così teneramente la croce, che non riesco a fare a meno di stringermi a coloro che la portano con me e per amore mio». Queste parole riaccesero in me il desiderio di soffrire così tanto, che quanto stavo soffrendo mi sembrò di colpo una goccia d'acqua, buona più per accrescere che per acquietare la mia insaziabile sete di sofferenza. Mi pare di poter dire che in quel momento non c'era alcuna parte del mio spirito né del mio corpo che non soffrisse il suo particolare dolore, mentre da nessuna parte ricevevo compassione o conforto. Il demonio mi batteva con furia e avrei avuto mille volte la peggio, se dalla mia parte non ci fosse stata una straordinaria potenza che mi sorreggeva e combatteva per me. La superiora, non sapendo cosa fare, mi ordinò di fare la santa comunione e di chiedere a Nostro Signore, per obbedienza, che mi restituisse il mio precedente stato di salute. Presentandomi, dunque, a Lui come sua vittima d'immolazione, mi disse: «Sì, figlia mia, vengo da te come sommo sacerdote per darti nuova forza, in modo che tu possa dedicarti a nuovi sacrifici». Infatti, così accadde e mi ritrovai così cambiata, che mi pareva di essere una schiava rimessa in libertà. Ma questo non durò a lungo perché ricominciarono a dirmi che l'artefice di tutto quello che mi accadeva era il demonio e che, se non mi fossi guardata dai suoi inganni, mi avrebbe condotta alla perdizione.
78. «Cos 'hai da temere?»
Questo fu un terribile colpo per me, che avevo sempre dubitato e temuto d'ingannarmi e d'ingannare, seppure involontariamente, gli altri. Piangevo di continuo e non riuscivo in alcun modo a sottrarmi alla potenza di quello spirito sovrumano che agiva in me; per quanti sforzi facessi, non riuscivo ad allontanarlo o a impedire che agisse in me. Si era talmente impadronito delle mie facoltà spirituali, che mi pareva di ritrovarmi in un abisso, dove più tentavo di uscire e più mi sentivo sprofondare. Usavo a tal fine tutti i mezzi che mi venivano consigliati, ma invano. Talvolta combattevo così tanto, che ne restavo esausta, ma il mio Sovrano si divertiva di ciò e mi rassicurava talmente, che dissipava subito tutti i miei timori, dicendomi: « Cos'hai da temere fra le braccia dell'Onnipotente? Potrebbe mai lasciarti perire abbandonandoti ai tuoi nemici, dopo che sono divenuto tuo padre, tuo maestro e tua guida fin dalla tua più tenera età? Ti ho dato prove continue dell'amorosa tenerezza del mio Cuore divino, li dove ho fissato la tua dimora attuale ed eterna. Per maggiore sicurezza, dimmi quale prova vuoi più forte del mio amore e te la fornirò. Ma perché combatti contro di me, che sono il tuo solo, vero e unico amico?». Questi rimproveri per la mia diffidenza mi causarono un così grande rimorso e imbarazzo, che mi proposi d'allora innanzi di non contribuire affatto alle prove cui avrebbero sottoposto lo spirito che mi guidava, limitandomi ad accettare umilmente e di buon cuore tutto quanto volevano che facessi.
79. Nuova espressione della sua ripugnanza a scrivere la sua vita
O mio Signore e mio Dio, Voi solo conoscete la pena che soffro facendo questo atto di obbedienza, e la violenza che devo farmi per superare la ripugnanza e l'imbarazzo che provo scrivendo questo racconto. Concedetemi la grazia di morire, piuttosto che inserire qualcosa che non provenga dalla verità del vostro Spirito e che a Voi non dia gloria e a me vergogna. E per misericordia, mio sovrano Bene, vi supplico che non sia mai visto da nessuno, a parte colui che volete che lo esamini, in modo che questo scritto non m'impedisca di rimanere sepolta in un eterno disprezzo e oblio delle creature. O mio Dio, concedete questa consolazione alla vostra schiava povera e meschina! Ed ecco che la mia richiesta ha ricevuto questa risposta: «Lascia che tutto accada secondo i miei voleri e lasciami portare a compimento i miei disegni, senza mai immischiarti, perché mi occuperò io di tutto». Proseguirò dunque per obbedienza, o mio Dio, senza altra pretesa che quella di accontentarvi con questa specie di martirio che soffro nello stendere questo scritto, di cui ogni parola mi pare un sacrificio. Possiate esserne eternamente glorificato! Ecco come mi ha espresso la sua volontà in merito a questo scritto. Poiché mi sono sempre sentita portata ad amare il mio sovrano Signore per il suo stesso amore, non volendo né desiderando altri che Lui solo, non mi sono mai attaccata ai suoi doni, per quanto grandi fossero, e li ho accettati solo perché venivano da Lui. Vi riflettevo il meno possibile, cercando di dimenticare tutto per non ricordare che Lui, al di là del quale tutto il resto non è nulla per me. E quando si è reso necessario compiere quest'obbedienza, credevo che mi fosse impossibile poter parlare di cose accadute tanto tempo fa, ma Lui mi ha dimostrato il contrario. Infatti, per facilitarmi l'impresa, mi fa riprovare in ogni punto lo stesso stato d'animo di cui parlo. Questo mi convince che Lui lo vuole.
80. Nostro Signore le manda il reverendo padre La Colombière
In mezzo a tutte le pene e a tutti i timori che soffrivo, avevo sempre il cuore in una pace inalterabile. Mi fecero parlare con persone esperte in dottrina, le quali, invece di rassicurarmi sul mio percorso, accrebbero ancora di più le mie pene, finché Nostro Signore inviò qui padre La Colombière. Gli avevo già parlato all'inizio, quando il mio sovrano Maestro mi aveva promesso, poco dopo essermi consacrata a Lui, che mi avrebbe mandato un suo servo, al quale voleva che riferissi, secondo l'intelligenza che mi avrebbe concesso, tutti i tesori e i segreti del suo sacro Cuore che mi aveva confidato. Mi aveva detto che me l'avrebbe inviato per rafforzarmi nella sua via e per dividere con questi le grandi grazie del suo sacro Cuore, che avrebbe abbondantemente sparso durante i nostri incontri. Allorché quel sant'uomo era giunto, mentre parlava alla comunità, avevo udito interiormente queste parole: «Ecco colui che ti invio». Me n'ero resa conto subito, durante la prima confessione delle Quattro Tempora, perché, senza che ci fossimo mai visti né parlati prima, si era intrattenuto molto a lungo con me e mi aveva parlato come se avesse capito cosa mi succedeva. Ma quella volta non avevo voluto aprirgli il mio cuore e, avendo lui visto che volevo ritirarmi per paura d'infastidire la comunità, mi aveva chiesto se mi sarebbe stato gradito che venisse a trovarmi un'altra volta per potermi parlare. Il mio carattere timido, che temeva tutti questi contatti, mi aveva indotta a rispondergli che, non stando a me decidere, avrei fatto tutto quanto l'obbedienza mi avrebbe ordinato. Mi ero ritirata dopo un colloquio di circa un'ora e mezza. Di lì a poco, era ritornato e, sebbene sapessi che la volontà di Dio era che gli parlassi, non avevo smesso di provare una spaventosa ripugnanza nel parlargli ed era stata la prima cosa che gli avevo detto. Aveva risposto che era felice di avermi dato occasione di offrire un sacrificio a Dio. Allora, senza pena né sforzo, gli avevo aperto il mio cuore e gli avevo mostrato il fondo della mia anima, sia nel bene sia nel male.