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Venerdi, 19 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Leone IX Papa ( Letture di oggi )

San Francesco di Sales:Un solo Padre Nostro detto con attenzione e di cuore vale più che molti recitati in fretta e senza attenzione.
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Vita di Santa Margherita Alacoque



Alacoque

Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 15



48. Nostro Signore le chiede un nuovo abbandono di se stessa
Lui mi chiese, dopo la santa comunione, di rinno­vargli il sacrificio della mia libertà e di tutto il mio essere, cosa che feci con tutto il cuore. «A patto», gli dissi, «o mio sovrano Maestro, che Voi non fac­ciate mai apparire in me nulla di straordinario, tran­ne ciò che più possa causarmi umiliazione e abie­zione di fronte agli uomini e distruggermi nella loro stima. Ahimè, mio Dio, sento la mia debolezza e te­mo di tradirvi e di non sapere far si che i vostri do­ni siano al sicuro con me». «Non temere nulla, fi­glia mia», mi disse, «vi metterò ordine io e ne sarò il guardiano, rendendoti incapace di oppormi resi­stenza». «Come! Mio Dio, mi lascerete vivere senza più soffrire?». Mi fu subito mostrata una grande croce, di cui non potevo vedere la fine, ed era tutta coperta di fiori.

49. I fiori e le spine della croce. Tre desideri imperiosi
«Ecco il letto delle mie caste spose, dove ti farò consumare le delizie del mio puro amore. A poco a poco questi fiori cadranno e ti rimarranno solo le spine, ora nascoste per via della tua debolezza. Que­ste ti faranno sentire così acutamente le loro trafit­ture, che avrai bisogno di tutta la forza del mio amore per sopportarne il dolore». Queste parole mi rallegrarono molto, perché pensavo che non avrei mai avuto abbastanza dolori, umiliazioni e disprezzo capaci di soddisfare l'ardente sete che ne avevo, e che non avrei potuto provare una sofferenza peggio­re di quella che provavo perché non soffrivo a suffi­cienza, dal momento che il suo amore non mi lascia­va requie né di giorno né di notte. Queste dolcezze mi affliggevano. Volevo la croce tutta pura e avrei voluto vedere il mio corpo sempre provato dalle au­sterità o dalle fatiche, cui mi applicavo per quanto le mie forze potevano sopportare. Infatti, non mi era possibile vivere un solo momento senza soffe­renza e più soffrivo e più accontentavo questa san­tità d'amore che aveva acceso tre desideri nel mio cuore, i quali mi tormentavano senza tregua: il pri­mo era di soffrire, il secondo di amarlo e comunicar­mi e il terzo di morire per unirmi a lui.

50. Si occupa dell'asina e dell'asinello durante il ritiro della sua professione e riceve la grazia di un amore ardente per la croce
Da quando il mio sovrano Maestro mi accompagna­va ovunque, non mi preoccupavo più del tempo né del luogo. Ero indifferente a ogni disposizione che veniva presa nei miei confronti, perché ero sicurissi­ma che, essendosi Lui concesso a me senza che l'a­vessi meritato, ma solo per la sua pura bontà, non avrebbero potuto togliermelo. Lo sperimentai du­rante il ritiro della mia professione, quando mi man­darono nell'orto a badare a un'asina e al suo asinel­lo. L'asina mi dava non poco lavoro, perché non mi era permesso di legarla e volevano che la tenessi nel­l'angolo che mi era stato indicato, per paura che fa­cesse danni, di modo che ero sempre li a correre. Non avevo tregua sino all'Angelus della sera, quan­do andavo a cena; poi durante una parte del Mattu­tino ritornavo nella stalla per farli mangiare. Ero contenta di questa occupazione e non mi avrebbe dato fastidio neppure se fosse durata tutta la vita. Il mio Sovrano mi teneva una compagnia così fedele, che tutte quelle corse che dovevo fare non mi allon­tanavano da Lui. Fu li che ricevetti grazie così gran­di, che mai ne avevo sperate di simili, soprattutto quella che mi fece conoscere sul mistero della sua santa morte e passione. E un abisso impossibile da descrivere e la lunghezza dell'eventuale racconto me lo fa evitare, ma mi ha ispirato un tale amore per la Croce, che non posso vivere un solo momento senza soffrire: soffrire in silenzio, senza consolazione, sol­lievo o compassione, e morire con quel Sovrano del­la mia anima, schiacciata sotto la croce di ogni sorta di obbrobri, umiliazioni, dimenticanze e disprezzo. Queste cose sono durate per tutta la mia vita, la quale, grazie alla sua misericordia, è interamente trascorsa in questi esercizi, che sono quelli dell'amo­re puro. Lui ha sempre badato a fornirmi in abbon­danza questo nutrimento, che gli è tanto gradito, senza mai dire basta.

51. Esigenze della santità di Dio
Il mio divino Maestro m'impartì una volta questa lezione: «Sappi», mi disse in merito a una colpa che avevo commesso, «che sono un Maestro santo che insegna la santità. Sono puro e non posso sopporta­re la minima macchia. Per questo bisogna che tu agisca in mia presenza con semplicità di cuore e con intenzione retta e pura. Perché non tollero il mini­mo inganno e ti farò conoscere che l'eccesso del mio amore mi ha indotto a rendermi tuo Maestro, affin­ché tu ti modelli a modo mio e secondo i miei dise­gni. Io non posso sopportare le anime tiepide e pi­gre e, se sono dolce nel sopportare le tue debolezze, non sarò per questo meno severo e puntuale nel cor­reggere e punire le tue infedeltà». E questo è quan­to mi ha dimostrato per tutta la vita. Posso dire che non mi lasciava passare la minima colpa, dovuta a poca volontà o a negligenza, senza che mi punisse e mi rimproverasse, ancorché sempre nella sua miseri­cordia e infinita bontà. Devo confessare che nulla mi era più doloroso e terribile che vederlo anche so­lo un po' arrabbiato con me. Tutti gli altri dolori, castighi e mortificazioni non erano nulla al confron­to. Così chiedevo prontamente la penitenza per le mie colpe e Lui si accontentava di quelle che l'obbe­dienza mi imponeva.