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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Vivi la vita quella che è, nei suoi lati belli e nei suoi lati meno belli: vivila nella sua totalità. Vivi la vita piena: vivila fino in cima. Vivi la contentezza di piccole cose. Vivi l'ebbrezza di semplici sorprese. Vivi la gioia degli incontri inaspettati. Vivi l'amarezza degli schiaffi di sorte. Vivi la delusione di aspettative fallite. Vivi l'acre odore della tristezza. Vivi la rabbia degli inconvenienti che sbarrano la via. Vivi la nostalgia che si annida tra le pieghe della memoria. Se della vita vivi appieno solo il suo lato bello, allora essa diventa meno bella. Se, invece, vivi anche la sua parte dura e oscura, essa diventa piena e più bella.
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Vita di Santa Margherita Alacoque



Alacoque

Vita di Santa Margherita Alacoque - Parte 14



45. Gratiftcata dalla misteriosa presenza del suo divino Maestro
D'allora innanzi mi gratificò con la sua presenza di­vina, in un modo che mai prima avevo sperimenta­to; mai prima avevo ricevuto una grazia così grande, che in seguito ha sempre manifestato i suoi effetti su di me. Lo vedevo, lo sentivo vicino a me, lo sen­tivo molto meglio che se fosse stato tramite i sensi del corpo, i quali mi avrebbero potuto distrarre e al­lontanare. Invece, a tutto ciò non potevo frapporre barriere, non essendovi alcuna mia partecipazione. Questo determinò in me un forte annientamento e mi sentii subito come caduta e annichilita nell'abis­so del mio nulla, da cui non sono più uscita, per ri­spetto e omaggio a questa infinita grandezza, al co­spetto della quale avrei voluto stare sempre con la faccia rivolta verso la terra o in ginocchio. Così ho poi fatto, nella misura in cui il lavoro e la mia debo­lezza me l'hanno consentito. Perché non mi conce­deva requie se non ero in una posizione rispettosa, e io osavo sedermi solo quando ero in presenza di qualcuno, a causa della mia indegnità di cui mi ha sempre mostrato la grandezza, al punto che non osa­vo comparire in pubblico se non con grande turba­mento. Desideravo che si conservasse ricordo di me solo per disprezzarmi, umiliarmi e ingiuriarmi, per­ché null'altro mi è dovuto. Questo unico amore del­la mia anima traeva molto piacere dal fatto che ve­nissi trattata così e, malgrado la sensibilità del mio carattere orgoglioso, non mi concedeva altra soddi­sfazione, allorché ero con altri, che quella di metter­mi in condizione di essere contraddetta, umiliata, disprezzata, e voleva che tutto questo fosse il mio cibo delizioso, che mai mi ha fatto mancare e che per Lui non era mai abbastanza. Anzi, faceva Lui stesso ciò che altre creature o io per prima mancava­mo di fare. Ma, mio Dio, più intensamente sentivo il gusto di questo cibo quando eravate Voi a interve­nire, e sarebbe troppo lungo da raccontare.

46. Le due santità dell'amore e della giustizia
Mi onorava con i suoi incontri talvolta come un amico, talaltra come lo sposo più appassionato o co­me un padre tutto preso d'amore per il suo unico fi­glio e in mille altri modi, di cui non racconterò gli effetti che producevano in me. Dirò solo che mi mo­strò in Lui le due santità: una di amore e l'altra di giustizia, entrambe altissime, che sarebbero state esercitate continuamente su di me. La prima mi avrebbe fatto soffrire una specie di purgatorio mol­to doloroso, per confortare le anime sante che vi erano prigioniere e alle quali Lui avrebbe permesso di rivolgersi a me. E quanto alla sua santità di giu­stizia, così terribile e spaventosa per i peccatori, mi avrebbe fatto sentire il peso del suo giusto rigore, facendomi soffrire per i peccati e « in particolare per le anime che mi sono consacrate, per le quali ti farò vedere e sentire in seguito cosa dovrai patire per amore mio».

47. Si sforza di ritrarsi dal percorso straordinario e se ne lamenta con Nostro Signore
Dio mio, Voi che conoscete la mia ignoranza e la mia incapacità nell'esprimere tutto quanto è accadu­to tra la vostra sovrana Maestà e la vostra infima e indegna schiava, per l'effetto sempre operante del vostro amore e della vostra grazia, datemi il modo di poter dire qualche piccola cosa di ciò che è più intellegibile e sensibile, affinché io possa mostrare fino a quale eccesso di liberalità è giunto il vostro amore nei confronti di un oggetto così miserabile e indegno. Non nascondevo nulla alla mia superiora e alla mae­stra, sebbene spesso non comprendessi io stessa ciò che dicevo loro; e poiché loro mi fecero capire che questi percorsi straordinari non erano consoni alle figlie di Santa Maria, provai un forte dolore e, di conseguenza, non c'è sforzo che non abbia fatto per ritrarmi da quel percorso. Ma invano, perché quello Spirito aveva già preso un tale possesso del mio spi­rito, che non potevo più disporne, come di ogni al­tra mia potenza interiore, che sentivo tutta assorbi­ta in Lui. Facevo ogni sforzo per applicarmi a segui­re il metodo d'orazione che mi veniva insegnato con le altre pratiche, ma nel mio spirito non rimaneva nulla. Potevo anche leggere i miei punti d'orazione: tutto svaniva e riuscivo ad apprendere e a ricordare solo ciò che il mio divino Maestro m'insegnava, cosa che mi ha fatto soffrire molto. Perché le mie supe­riore facevano di tutto per distruggere le sue azioni in me e mi ordinavano di fare altrettanto. Combat­tevo contro di Lui per quanto potevo, seguendo esattamente tutto ciò che l'obbedienza mi ordinava per allontanarmi dalla sua potenza, che rendeva la mia inutile. Mi lamentavo con Lui: «Cosa! » gli dicevo. «O mio sovrano Maestro! Perché non mi lasciate sul sentie­ro comune delle figlie di Santa Maria? Mi avete condotta nella vostra santa casa al fine di perdermi? Concedete quelle grazie straordinarie ad anime scel­te, che vi corrisponderanno meglio e vi glorifi­cheranno più di me, che, invece, vi oppongo solo re­sistenza. Io non desidero altro che il vostro amore e la vostra croce e questo mi basta per essere una buo­na monaca, che è tutto quanto desidero». Mi fu ri­sposto: « Combattiamo, figlia mia, ne sono conten­to, e vedremo chi vincerà, il Creatore o la sua crea­tura, la forza o la debolezza, l'onnipotente o l'impo­tente. Ma chi vincerà, sarà vincitore per sempre». Questo mi gettò in un'estrema confusione, durante la quale Lui mi disse: « Sappi che non mi sento af­fatto offeso da tutti questi conflitti e dinieghi che mi opponi in nome dell'obbedienza, per la quale io ho dato la mia vita. Ma voglio insegnarti che sono il padrone assoluto dei miei doni e delle mie creature, e che nulla potrà impedirmi di portare a compi­mento i miei disegni. Ecco perché voglio non solo che tu faccia ciò che le tue superiore ti diranno, ma pure che tu non faccia nulla di ciò che ti ordino sen­za il loro consenso. Io amo l'obbedienza e, senza di questa, non mi si può piacere». Questo piacque alla mia superiora, che mi disse di abbandonarmi alla sua potenza, cosa che feci sentendo subito grande gioia e pace nella mia anima, la quale pativa una crudele tirannia.