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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Più vai avanti nel cammino di fede, più sei convinto che la prova sia il mezzo speciale che usa il Signore per attirarti a Sé. Qualche volta la prova è l'unico modo che Dio possiede per farti pregare. In realtà, la prova è la medicina per la tua anima. Quando sei nella prova non ti abbattere, ma fai in modo che Gesù prenda in Suo possesso le tue pene e le trasformi in monetine di grande valore. Sapevi che l'assenza delle prove indebolisce il cuore rendendolo più duro, avido e arido?
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Meditazioni sul Purgatorio



Purgatorio

11° Giorno: PURIFICAZIONE E GLORIFICAZIONE DEL NOSTRO CORPO

Parliamo qui della umiliazione del nostro corpo nella morte e nel sepolcro; della sua risurrezione finale; della gloria che esso avrà con l’anima in paradiso.

Dio aveva creato l’uomo immortale, per un gran privile gio: ma l’uomo peccò e Dio lo condannò alla morte. Peccò Adamo ed in lui tutta l’umana famiglia: tutto l’uomo, secondo il corpo e secondo l’anima, e tutto il genere umano ne subirono le conseguenze.
L’umiliazione del sepolcro è veramente profonda. Il desiderio innato dell’uomo è per l’immortalità: ma la morte separa il suo corpo dall’anima e l’uomo come tale muore. Tra la morte e la risurrezione finale abbiamo ancora un cadavere, abbiamo un’anima: ma l’uomo non c’è. La risurrezione è la riunione dell’anima al corpo: di nuovo esiste l’uomo.
Il corpo è quindi parte essenziale dell’uomo; corpo ed anima, uniti in una sola persona, vivono ed operano, meritano o demeritano; e non è che un’unica persona che vive, opera, soffre, gode, merita il premio ed il castigo.

È dunque conforme a ragione che anche il corpo partecipi al premio ed alla pena. È infatti anche il corpo che prega, che lavora, che soffre, che pecca; che si soddisfa o si priva del frutto proibito.
Prezioso strumento di merito è dunque il corpo. Non è un asino, né un padrone, ma un buon figliuolo; non uno schiavo, né un padrone, ma compagno di fatiche e di meriti. Nel concetto cristiano è ben nobile il corpo. Esso serve all’anima nel conoscere, volere, operare. Esso è creatura che Dio plasmò con le sue mani, non con un semplice fiato.
Esso è però fatto di elementi materiali: quindi, di sua natura, corruttibile. È lavato nel Battesimo, unto nella Cresima, nutrito nella SS. Eucarestia, purificato nell’Estrema Unzione. È tempio dello Spirito Santo ed abitazione di Dio. È vietato ferirlo, ucciderlo, danneggiarne le energie. La Chiesa ne ha somma cura. In tutti i tempi essa ha ritenuto, custodito, vegliato sui corpi dei suoi figli: li vuole al cimitero, cioè al dormitorio, non al crematorio.

Appena è avvenuta la morte, la Chiesa vuole che siano composti decorosamente, rivestiti convenientemente, chiusi in feretro degno. Vuole che siano portati al tempio, dove già erano stati purificati nelle acque battesimali; che siano bene detti; che vi sia un devoto e mesto accompagnamento; che sia cristiano e onesto il luogo del sepolcro; che la croce, unica speranza, sia là simbolo di pietà e di fede nella vita, pur tra le rovine della morte.

La Chiesa conserva, fra le verità ricevute in deposito da Gesù Cristo, un dogma che è una rivincita contro la vittoria della morte: «O Morte, dov’è la tua vittoria?». La risurrezione finale è la riabilitazione completa del corpo in Gesù Cristo. Infatti, compiuto il numero degli eletti, si chiuderà il mondo e saremo all’epilogo finale, definitivo. L’angelo suo nerà la tromba e l’udiranno i morti e rivivranno. Notiamo la grandissima vittoria: questo corpo, disceso mortale nel sepolcro, uscirà impassibile ed incorruttibile; questo corpo, disceso ignobile nel sepolcro, ne uscirà glorioso e splendente quanto il sole; questo corpo, disceso come inerte e pesante nel sepolcro, sarà ornato del dono dell’agilità; questo corpo disceso nel sepolcro animale, ne uscirà dotato del dono della sottigliezza. È insomma una glorificazione simile a quella della sacra Umanità di Gesù Cristo ed alla glorificazione di Maria SS. assunta al cielo in corpo ed anima. Questo corpo porterà su di sé impresse le virtù, segnati i meriti, glorificate le fatiche e le penitenze.

Che più? purificato nel sepolcro, esso sarà oramai degno di salire al cielo! Mentre il suo posto proprio sembrerebbe questo mondo materiale, esso abiterà invece fra gli spiriti immortali del cielo. Quale esaltazione!
Anzi esso avrà parte ai gaudii dell’anima: e tutto ciò che è buono e lecito godere, tutto ciò che è onesto e bello desiderare, il corpo l’avrà, sarà appagato. Sarebbe già grande [cosa] che in cielo fosse senza lacrime, senza duoli, senza dolori; sarebbe ancor più se avesse le naturali soddisfazioni che gli spettano secondo la sua natura; ma esso avrà come un riflesso, un riverbero di quella visione, di quel gaudio, di quell’amore che inonderanno l’anima in paradiso.
«So che il mio Redentore vive e che io dovrò rivederlo con questi occhi; io stesso».

Prima conseguenza: amare d’amore vero il corpo. «Chi salva la propria vita perde l’anima, e chi dà la propria vita, salva la sua anima» [cf. Mt 16,25]. Il corpo occorre guidarlo come un figliuolo che amiamo, che ha molte attitudini per servire il Signore, ma che può da un momento all’altro tirarci in inganno. Vediamo che per contentare il senso non perdiamo l’anima; vediamo che col mortificare il senso salviamo, l’anima.
Perciò: “abstine”; astienti da ciò che è proibito.

L’occhio non veda il male; l’orecchio non senta ciò che è peccato; priviamo il tatto ed il gusto delle soddisfazioni illecite; freniamo la nostra lingua perché non scorra a parole vietate; le interne passioni, ed in generale il cuore, siano ritenute innanzi a ciò che offende Dio, danneggia l’anima.
Adamo ed Eva sentivano la voce della coscienza: ma hanno voluto assaporare il frutto vietato, che divenne il veleno per cui morirono.
E “sustine”: sostenga il corpo le fatiche necessarie richie ste dall’anima, che è regina in noi. Si dia al corpo il necessario ristoro, riposo, sollievo: ma poi dobbiamo richiedere che lavo ri, preghi, si eserciti in tutti i doveri quotidiani. «Lavoriamo, lavoriamo; ci riposeremo in paradiso»; è massima dei santi.

Anzi, i santi hanno abbondato in penitenze, umiliazioni, morti ficazioni: onde il corpo abbia un giorno maggior gloria. Ci stia innanzi l’esempio d’un innocente e penitente, S. Luigi.
Seconda conseguenza: accettare l’umiliazione del sepolcro. La natura si ribella a morire; lo stesso Divin Salvatore, fatto simile a noi [in tutto] fuori che nel peccato, sentì la ripugnanza: «Lo spirito è pronto, ma la carne è inferma» [cf. Mt 26,41]. E morì, come pure la Santissima sua Madre.
Eppure la morte è una necessità, una realtà: cambiamola in mezzo di soddisfazione, di merito. Soddisfazione: poiché lo sfacelo del sepolcro ci servirà a scontare i peccati d’occhi, di gusto, di tatto, di udito, di cuore, di lingua, di fantasia, ecc. ecc. È già molta penitenza accettare la Sacra Unzione dell’olio santo; ma anche più rasse gnarci alla corruzione del sepolcro.
Merito: poiché se volontariamente accettiamo una povera cassa, l’oblio e il silenzio del sepolcro, la corruzione, i vermi, la cenere, questa accettazione volontaria è grande merito.

Dopo la scelta dello stato di vita, non vi è merito più grande che l’accettazione della morte.
È buona cosa fare l’accettazione della morte almeno qualche volta in vita. È celebre l’atto di accettazione insegnato dal Beato Cafasso e arricchito dell’indulgenza plenaria: «Signore, io accetto quella morte, qualunque che piacerà a voi mandarmi, secondo i vostri santi voleri, con i dolori e le umiliazioni onde vorrete accompagnarla».
Tale atto, compiuto dopo la santa Comunione, non occorre venga ripetuto; ma l’anima deve conservarsi in tale disposizione di volontà e di cuore per la vita intera. Così essa lucrerà l’indulgenza plenaria nel momento in cui spirerà.
Terza conseguenza: il sacro culto per i defunti. Imitiamo la Chiesa nella cura per i corpi dei defunti. Piangiamo la loro dipartita con lacrime e più con la vita ritirata e più mortificata e più seria. Alcuni invece sanno formarsi uno sfarzo col lutto. In tale tempo si abbondi in elemosine per i poveri, si stia lontani da sollazzi, da sollievi non conformi alla gravità dell’ora.
Anche l’insulto al dolore ha creato una civiltà pagana: balli e divertimenti per beneficenza agli orfani, alle vedove, ai derelitti. Chiunque ha testa, cuore, fede, condanna questo infame modo di coprire la smania di peccare a qualunque costo, sotto qualunque pretesto, financo su tombe aperte recentemente. Rispettiamo i defunti:Si facciano funerali convenienti allo stato della famiglia: né sordida avarizia né lusso inutile e ambizioso. Anche alla tomba si curi il decoro, si facciano visite e si ispiri in famiglia sacro rispetto. Del defunto si parli in bene, in ogni occasione in cui si può, convenientemente. È bene che i loro ritratti rimangano sacri nella famiglia; che se ne rievochi il ricordo negli anni versari; che le azioni buone degli antenati siano narrate ai figli; che i loro ricordi si conservino.
La divisione delle eredità e le successioni spesso sono occasioni in cui hanno libero sfogo passioni prima coperte nel cuore: gelosie, avarizie, ambizione sfrenata, cupidigia di piacere. Si rispetti il defunto e la sua sacra volontà, o scritta o espressa a voce, secondo le buone norme.
Ognuno potrebbe molto bene ritenere questa saggia e prudente e cristiana norma: trattare il defunto come ragionevolmente desidero si faccia a me dopo la mia morte.

Ammirabile fu l’esempio di Santa Giovanna Francesca Fremiot. Era di ricca ed onorata famiglia di Digione e fu sposata a Cristoforo Rubatin, barone di Chantal. Ebbe nel matrimonio quattro figli, che educò alla pietà ed al dovere. Ma un giorno il marito, cui portava devoto e rispettoso affetto, gli venne ucciso in una caccia. Molti la incitavano alla vendetta. Ella invece perdonò e difese in varie maniere l’uccisore. Non solo, ma volle dare pubbliche prove del suo per dono; chiese anzi ed ottenne di divenire la madrina di un bambino di lui. Provveduto poi ai suoi quattro figli, si consacrò al Signore e divenne la prima superiora delle Suore della Visitazione.

Il Padre Magnanti, dell’Oratorio di S. Filippo Neri, si sforzava d’imitare la carità del suo Santo Fondatore verso le anime del purgatorio. Somme considerevoli gli erano mandate da pii cristiani ed egli le impiegava a far celebrare messe in suffragio dei defunti...

Spingeva tant’oltre il suo zelo, da supplicare il Signore di scaricare sopra di lui una parte dei castighi di quelle anime, per alleviarle altrettanto. La sua prece divenne esaudita, e da quell’istante fu in preda a crudeli dolori. Ma le anime non fu rono ingrate. Tra le molte grazie che il P. Magnanti ottenne dal cielo per intercessione delle sante anime del purgatorio, trovo nella storia della sua vita la narrazione di un pericolo assai grave, da cui fu salvato col loro aiuto.

Ritornava da Loreto, e giunto a Nocera presso una chiesa dedicata alla Madre di Dio, volle fermarsi per celebrare il Santo Sacrifizio. Uscendo di là, i pellegrini dovevano attraversare un luogo molto pericoloso, dove pochi giorni innanzi parecchi assassinii erano stati commessi. S’incamminano pur tuttavia allegramente sotto la protezione di Maria, ma i poveri pellegrini sono sorpresi dai briganti, i quali li coprono di ceppi e li legano solidamente agli alberi della foresta, preparandosi a malmenarli. Ma ecco che tutto d’un tratto, in cima al monte che domina la strada, appaiono due bellissimi giovanetti che si mettono a gridare come per chiamare l’intero paese a liberare i prigionieri. I briganti erano una dozzina; senza lasciarsi inti morire scaricano le loro armi sui due fanciulli, ma questi aumentano le grida, continuando ad avanzare in soccorso dei pellegrini. Ciò vedendo, i briganti sono presi dalla paura riconoscendo un potere soprannaturale, si danno a fuga precipito sa. I due amabili fanciulli si avvicinano ai catturati, li sciolgono, e subito dopo spariscono. I compagni del Padre Magnanti rimasero stupefatti, ma egli senza scomporsi: «Dobbiamo la nostra salvezza, disse, a due anime del purgatorio;
Dio ha permesso loro di prendere la forma di fanciulli, per far ci conoscere la bellezza delle anime del purgatorio e ricordarci la parola del divin Maestro: “Se non diventate come questi fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli”» [Mt 18,3].

PRATICA
Vergine santissima del Suffragio, Voi che siete la consolatrice degli afflitti e la Madre universale dei credenti, volgete lo sguardo pietoso alle povere anime del Purgatorio, che sono pure esse vostre figlie e più di ogni altre meritevoli di pietà, perché incapaci di aiutarsi da sé medesime in mezzo alle ineffabili pene che soffrono. Deh! cara nostra Corredentrice, interponete presso il trono della Misericordia divina tutta la potenza della vostra mediazione, ed offrite a sconto dei loro debiti la vita, la passione e morte del vostro divin Figlio, insieme ai meriti vostri ed a quelli di tutti i Santi del Cielo e di tutti i giusti della terra, affinché, soddisfatta piena mente la divina giustizia, vengano presto a ringraziarvi e lodarvi nel Paradiso per tutti i secoli dei secoli. Così sia.

GIACULATORIA da ripetersi spesso: Gesù mio, vi chiedo ricove ro ed asilo per le anime purganti, nel vostro Cuore!

FRUTTO

Ora di suffragio per le Anime Purganti
1. Che cosa è l’ora di suffragio? – È una data ora del giorno, scelta ad arbitrio, durante la quale, nulla cambiando delle nostre occupazioni ordinarie,offriamo in modo speciale al Cuore adora bile di Gesù le opere, preghiere e sofferenze di quell’ora, in suffragio delle Anime del Purgatorio, lequali si suffragano con l’adempimento degli obblighi del proprio stato: i fanciulli con la docilità; gli adulti con le fatiche; i malati con la pazienza; i regolari con l’osservanza più rigorosa della regola; tutti e ciascheduno mediante l’unione più intima con il Cuore di Gesù.
Un atto di contrizione per purificare la coscienza; un atto di amore di Dio; una giaculatoria arricchita di indulgenze: tutto ciò costituisce la preparazione.

La perfetta conformità del nostro volere al beneplacito del Sacro Cuore, la costante applicazione ai doveri che ci incombono in quell’ora, la vigilanza nell’evitare la più piccola colpa; tutto ciò arricchisce delle maggiori grazie di Dio così preziosi istanti.
Ringraziare il Signore per i favori elargitici, esprimergli il nostro rincrescimento per le infedeltà commesse, domandargli qualche favore spirituale e temporale per la nostra santificazione e per quella di chi ci sta più a cuore, fare proponimento di continuar bene la giornata e di essere anche migliori il giorno dopo: tutto ciò terminerà l’ora di suffragio.
Ci sorprenda quest’ora in chiesa, allo studio, tra le faccende domestiche, a tavola, in ricreazione, a passeggio, soli o in società, noi sempre possiamo farne un’ora buona, santa, meritoria, gradita al Signore, e perciò utile alle care Anime Purganti, se siamo tanto caritatevoli di offrirla in loro suffragio.

2.E se dimenticassi l’ora di suffragio?– Udite: Se quest’ora passa dimenticata, la si può compensare con un’altra appena ci accorgiamo della dimenticanza. Non si prescrive nulla di speciale, il cuore suggerirà ciò che bisogna fare.

3. Donde ha origine l’ora di suffragio? –Udite: «Dalle otto alle nove del mattino, tirerò anime dal Purgatorio», scrive nel suo regolamento di ogni giorno la Beata Marianna di Gesù, sopranno minata il “Giglio di Quito”.
«Sulla Croce una delle più dolorose angoscie del mio cuore – disse Gesù alla Beata Battista Varrani
– si fu quella di portare e sopportare tutte le pene di cui avrebbero dovuto subire in Purgatorio un numero cotanto sterminato di eletti, prima di giungere al Cielo».

Certamente nessun’ora è esclusa, nella quale possiamo correre al soccorso di nobili principesse detenute prigioniere prima della loro incoronazione nella gloria: ma vi sia un’ora del giorno destinata in modo più speciale all’insigne onore di servirle: sarà dessa l’ora di suffragio.

Per i nostri defunti. Del Beato Giacomo Alberione

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