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Mercoledi, 24 aprile 2024 - Misteri gloriosi - San Fedele da Sigmaringen ( Letture di oggi )

Massime di perfezione cristiana:Non bisogna dimenticare che il nostro progresso nella via della virtù e perfezione va di pari passo con l'amore alla mortificazione.
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Meditazioni sulla vita di San Filippo Neri



San Filippo neri



FILIPPO RIDE E GIOCA CON I PAPI

Una protesta vivace dinanzi al Papa.

Crediamo che nessun personaggio laico od ecclesiastico abbia avuto rapporti così cordiali e liberi coi papi ma, nello stesso tempo, così rispettosi, devoti, come S. Filippo: è un fatto unico, almeno nel genere suo, nella storia dei pontefici, e ne abbiamo documenti solenni, qualcuno dei quali autografo.

Tralasciamo qui la narrazione di avvenimenti di grande importanza, in questi rapporti con i papi, e ci limitiamo ad episodi, giochi, spiritosità, per restare nei limiti del nostro tema.

Il primo dei papi dei quali Filippo godette la familiarità fu Gregorio XIII, già Ugo Boncompagni, che conobbe Filippo molto presto.

Questo Pontefice, per il decoro della santità del Sacramento della Penitenza o Confessione, prescrisse che i sacerdoti, nell'amministrazione sacramentale, portassero sopra le vesti ordinarie la cotta, e cioè una specie di camice sacro, bianco che scende fino a metà della persona.

S. Filippo pativa di una violenta palpitazione di cuore e di un calore insopportabile, d'inverno e d'estate, per via della dilatazione del cuore, quando ricevette lo Spirito Santo.

Quando egli ebbe cognizione della disposizione del Papa, disse: povero me! Come farò io ad indossare la cotta, quando mal sopporto le vesti di ogni giorno? Come farò? Scriverò una supplica? Incaricherò qualcuno di far presente al Pontefice la mia condizione?

Ma questa incertezza durò poco, perché egli non era uomo di indugi e, forse, mentre pensava a come regolarsi, si avviò verso Palazzo, cioè la dimora del Papa.

Per rendere più evidente il suo disagio, si presentò dinanzi a Gregorio con la veste e il soprabito sbottonati, quasi come se fosse stato in camera sua, in tutta libertà.

- P. Filippo, avrà detto il Papa, ben meravigliato, come mai così sbottonato? Forse i bottoni sono caduti? Non avete avuto tempo di abbottonarvi o ve ne siete dimenticato?

- Padre Santo, niente di tutto ciò, ma una cosa ben più grande: io non posso sopportare vesti abbottonate e voi, per giunta, volete che io porti un'altra veste, confessando per lunghe ore? Non posso, non posso, Padre Santo! - P. Filippo non vi agitate: voglio che l'ordine non sia fatto per voi e andate come vi piace.

Visite con ogni precedenza.

Le visite di Filippo al Papa erano frequenti e quasi sempre avvenivano così: il Santo andava, senza aver chiesto udienza o farsi annunziare prima.

Giunto alla residenza pontificia, si dirigeva all'appartamento del Pontefice, come se fosse stato a casa sua. Quasi sempre, nell'anticamera, v'erano grandi personalità, principi, diplomatici e, molto spesso, nipoti ed altri congiunti stretti del Papa e tutti attendevano il segno per essere ricevuti.

Filippo passava senza guardare nessuno, andava dritto alla porta dello studio e trovava un domestico sulla soglia. Il domestico salutava con rispetto, apriva la porta, che si chiudeva dietro al Santo.

Tra la meraviglia generale qualcuno chiedeva:

- Ma chi è quel vecchio prete audace che osa tanto? - Come non lo sapete? si sentiva rispondere, quello è il P. Filippo.

- Chiunque sia, noi siamo qui da tanto tempo ad. aspettare e lui...

- Informatevi chi sia P. Filippo e vi spiegherete tutto e avrete pazienza.

Gregorio voleva far vescovo Filippo, come confidò egli stesso al Cardinal Federico, ma il Santo se la sarà cavata. con una delle sue barzellette! Con una barzelletta infatti se la cavò quando il Papa gli propose di farlo canonico di S. Pietro.

- P. Filippo, per l'affetto che vi porto vorrei nominarvi canonico di S. Pietro.

- Padre Santo, io accetterei ben volentieri, ma non so proprio portare la veste canonicale.

Era una di quelle risposte che tolgono il coraggio di riproporre.

Il più grande si fa più piccolo col più piccolo.

Il Pontefice di cui parliamo qui è Gregorio XIV. Quando egli si chiamava ancora Nicolò Sfondrato era un ammiratore dell'Oratorio ed un devoto di Filippo.

Un suo nipote, Paolo Camillo, che poi fu nominato cardinale, era stato per parecchi anni sotto la direzione di Filippo.

Un anno prima della morte di Sisto V, Nicolò Sfondrato, allora solo cardinale di Cremona, come spesso gli accadeva, si trovava alla Vallicella con Filippo.

Ad un certo momento il Santo disse al nobile Marcello Vitelleschi, ch'era tra i presenti

- Marcello, nell'armadio dell'altra stanza, c'è un berrettino bianco: portamelo qui.

Avuto che l'ebbe, s'accostò al cardinale di Cremona e gli disse

- Monsignore illustrissimo, penso che questo berrettino bianco vi starebbe bene! Volete provarlo per cortesia? - P. Filippo, questo è un berrettino da pontefice, ma dal momento che volete giocare per dare il buon umore ai presenti, vi accontento.

- A pennello! Va benissimo! Pare fatto proprio per voi!

Gli altri ridevano, rideva Filippo e rise pure il cardinale, che seppe prendere la cosa in pace, benché avesse tutta la forma di una canzonatura.

Passò, su per giù, un anno da questo scherzo e tutti l'avevano dimenticato, quando Sisto V morì.

Fu eletto Urbano VII ma, poveretto, regnò solo tredici giorni ed il conclave per eleggere il successore non si decideva.

In uno di questi giorni, nell'atmosfera di incertezza e di attesa, ecco che arrivò alla Vallicella il Cardinal Sfondrato e fece chiedere al P. Filippo se poteva salire.

- Dite a Monsignore Illustrissimo che vengo io giù, che non si muova, e vado a vederlo in sala, dove si compiaccia di aspettare.

Filippo scende e lo seguono tutte quelle persone che si trovavano con lui, tra i quali i documenti del tempo, nominano Paolo Crescenzi e Marcello Vitelleschi.

Il discorso volgeva sulle generali, quando Filippo ordinò ai presenti di baciare i piedi al Cardinale uno dopo l'altro, in ordine.

In tempo di aspettativa di elezione questa era una burla solenne, fatta ad un cardinale: è l'episodio che fa il paio con l'altro del berrettino bianco.

Non mancarono commenti salaci come questo: che bisogno c'è ora più che il conclave prosegua? P. Filippo ha eletto lui il Papa e noi abbiamo fatto l'adorazione.

Ci fu forse qualcuno che riprovò in cuor suo perché ciò era mettere in burla non solo il Cardinale, ma anche il segno ,di omaggio che si usava all'elezione del nuovo Papa.

Quasi tutti però non approfondirono la cosa e credet= tero che quanto era avvenuto, era stato un capriccio del P. Filippo.

Non s'era ancora spento il ricordo di questo scherzo, quando, sempre in quella lunga vacanza, si vede in chiesa il Cardinal Sfondrato, che pareva non potesse restare a lungo lontano da Filippo.

- In chiesa, viene ad annunziare qualcuno, c'è il cardinale Sfondrato.

- Chi? Quel papa? Risponde Filippo.

Il messaggero che non sa i giochi precedenti del Santo, alla sua risposta, resta di stucco e pensa che Filippo o sia impazzito o abbia scherzato e ripete: dico che è venuto il cardinale Sfondrato, che non è papa ancora...

Non passò molto tempo e quello che pareva un papa da burla, creato da Filippo, fu eletto Papa dal Conclave. Prese il nome di Gregorio XIV.

Pensiamo che Gregorio si ricordò in quel momento degli episodi da noi descritti e comprese che il Santo era stato illuminato da una luce celeste e che quegli scherzi non erano stati scherzi ma gesti profetici.

Il nuovo Papa, pertanto, quando vide Filippo, che andò a rendergli omaggio, gli disse: «P. Filippo, vi facciamo cardinale ».

Gregorio si volse poi a Monsignor Vestri e gli comandò di redigere il documento di nomina o il «Breve», come si dice in gergo curiale.

Filippo si accostò confidenzialmente al Papa e gli disse all'orecchio qualche parola: tagliò netto, - almeno per il momento, all'offerta del Papa, con abilità e forse con qualche scherzo che noi non sappiamo.

Il Papa tuttavia gli dette la sua berretta rossa da cardinale e Filippo la serbò come se avesse accettato.

In realtà, però, l'offerta del Papa cadde per una di quelle manovrette che tante volte il Santo faceva.

Quando poi di cardinalato non si parlava più, il Santo passò all'offensiva ed ogni volta che vedeva Monsignor Vestri, faceva il viso scuro, seccatissimo, come uno che bruciava di essere cardinale, e gli diceva: « Monsignore voi non mi avete fatto ancora il Breve, fatemelo ».

Anzi della stessa offerta del cardinalato si divertiva anche in questo modo: diceva di avere accettato di essere cardinale, ma con la condizione di fissare lui il giorno... Era un ripetere la favola di Bertoldo, che, condannato a morte, chiese in grazia di essere impiccato ad un albero di sua scelta.

Ogni visita di Filippo era una festa per il Papa, che prendeva subito un'aria serena al suo arrivo, lo abbracciava affettuosamente, lo faceva sedere, lo faceva coprire e poi gli parlava di tante cose.

Come ad un vecchio amico, il Pontefice gli chiedeva consigli e Filippo confidò questa cosa a Germanico Fedeli.

Il Papa, un certo giorno, espresse al Santo questa confessione di grande umiltà: « Padre miao, maggiore di noi in santità, sebbene noi maggiore di Voi in dignità».

Il primo biografo del Santo, Gallonio, era presente ed udì le parole del Papa, il quale era poi felice, nel vero senso della parola, di concedere tutto ciò che Filippo gli domandava o gli altri domandavano per lui o per la Congregazione.

Gli chiesero così il privilegio che il Santo potesse dir Messa in un Oratorio privato, per ragioni della sua età e delle sue malattie e la commutazione della recita del Breviario in una corona del rosario. Filippo non fece uso di questa commutazione.

Il Pontefice arrivò a questa sollecitudine affettuosa proibì al Santo di confessare in chiesa, per evitargli di affaticarsi troppo e di dover salire e scendere le scale.

Il Papa che polemizza... con Filippo.

Questo Papa fu Clemente VIII, che ebbe con Filippo rapporti non meno cordiali di quelli di Gregorio XIV, ma lo stile, diremo così, era diverso, come diverso era il carattere dei due Papi.

Clemente, da quando era Ippolito Aldobrandini, frequentò molto la Vallicella: egli si confessava da Filippo come attesta una chiara deposizione del processo.

Il Papa avrebbe voluto ancora Filippo per confessore, ma non potendo il Santo, per la sua grave età, scelse il figlio prediletto di lui Cesare Baronio e noi ne abbiamo data notizia innanzi.

Anche Clemente, quando riceveva Filippo, non solo lo faceva subito sedere e lo obbligava a stare coperto, ma veniva ad abbracci e baci.

Il Papa aveva una fiducia assoluta delle preghiere di Filippo e quando le cose non gli andavano bene o non andavano come avrebbe desiderato, con dolce rimprovero, diceva: « Il P. Filippo non prega per noi».

Anche questo Papa fece l'offerta a Filippo di farlo cardinale, ma essa fini come le altre offerte: Filippo ne fece anzi un gioco.

Abbiamo parlato innanzi di quel Bernardino Corona, laico di Congregazione.

Ora S. Filippo a questo laico, con l'aria misteriosa di chi fa una confidenza, dopo una nuova offerta del Papa, tornò a casa e disse a Bernardino:

- Sai Bernardino: Il Papa mi vuol fare cardinale: che te ne pare? Debbo o non debbo accettare?

- Certo: sarebbe bello accettare almeno per il vantaggio della Congregazione, rispose Bernardino, che si sentì onorato di una consultazione del Santo.

Filippo però non lo lasciò molto pensare, si bolse la berretta di testa, la levò in alto col gesto di un monello e disse in un impeto di esaltazione mistica: «Paradiso, Paradiso ».

Ma ecco la cosa più incredibile tra tante cose incredibili.

Gregorio XIV, come abbiamo detto, aveva proibito a Filippo di scendere in chiesa a confessare, per via della salute, ma probabilmente il Santo aveva continuato a scendere: il nuovo Pontefice Clemente dovette rinnovare la proibizione.

Nel rispondere al Pontefice, Filippo finge che si fosse pensato e creduto che egli, scendendo ancora in chiesa, volesse far concorrenza al Pontefice.

Ecco il testo che S. Filippo fece recapitare a Clemente VIII, di un memoriale in cui era detto «che si meravigliava oltre modo che fosse stato pensato e creduto che egli avesse voluto togliere il papato a Sua Santità. Se era andato in chiesa e s'era lasciato baciare i piedi e le mani da quelli che venivano a lui, non per questo si doveva fare giudizio che egli volesse io ambisse il papato. Volendo esser lui (Filippo) papa non potendosi essere due papi, sarebbe stato necessario desiderare la morte a chi tanto amava come Sua Santità. Pregava che lo volesse riabilitare a confessare in chiesa quattro donnucce o uomini di poco conto, perché Messer Cesare (il Baronio succeduto a Filippo come Superiore) gli aveva tolto con la superioranza Monsignor Panfili e l'Abate Maffa. I cardinali li avrebbe confessati a ietto, se non gli fossero stati rubati dal medesimo». (Baronio).

Genialità, devozione, rifulgono in questo brano con un umorismo finissimo.

Ma più bella e più gustosa è la lettera seguente che Filippo manda allo stesso Pontefice.

Una figliola di Claudio Neri, non parente però del Santo, Innocenza, doveva entrare tra le oblate di Tor de' Specchi, ma v'erano difficoltà.

Si vede che Claudio aveva interessato Filippo, perché intervenisse presso il Pontefice che, solo, poteva eliminare ogni difficoltà in quelle circostanze.

Filippo scrisse il memoriale, che noi riportiamo nella trascrizione moderna, con qualche parola dichiarativa, tra parentesi, e la risposta del Papa, che si conserva ancora.

In questa lettera, fra le tante apparenti audacie, Filippo dice al Papa che il bene che ha detto di lui un cardinale, è inferiore alla realtà che, insomma, il Papa non è così buono come si dice.

Poi rimprovera il Papa di non essere andato a visitarlo, ma invece è andato a visitarlo uno maggiore di lui nella santa Comunione, Gesù.

Sarebbero, queste, delle offese atroci e noi abbiamo voluto riassumere, perché il lettore veda meglio come, sotto l'apparenza di simili proposizioni, Filippo trova il modo di confessare al Pontefice un amore sconfinato e una devozione totale.

Ora ecco il testo che il lettore può gustare da sè. «Beatissimo Padre, e che persona son io che cardinali abbiano da venire a visitarmi? specialmente ieri sera il cardinal di Firenze (Alessandro dei Medici) e Cusano; e perché avevo bisogno di un poco di manna di foglie, (un leggero purgante) detto signor Cardinale di Firenze, me ne fece avere due once da Santo Spirito (l'ospedale) perché esso Signor Cardinale ne aveva mandato gran quantità a quel luogo l'istesso giorno. Si fermò sino a due ore di notte e disse tanto bene di Vostra Santità, più di quello che mi pareva, atteso ché, essendo ella Papa, dovrebbe essere l'istessa umiltà, Cristo, a sette ore di notte, si venne ad incorporare con me (nella S. Comunione); e Vostra Santità guarda che la venisse pur una volta nella nostra chiesa. Cristo è uomo ed è Dio e mi viene, ogni volta che io voglio a visitare; e Vostra Santità è uomo puro, nato da un uomo santo e da bene; esso (Cristo) nato da Dio Padre. Vostra Santità nato dalla signora Agnesina, santissima donna; ma Esso nato dalla Vergine delle Vergini. Avrei da dire se volessi secondare la collera che ho. Comando a Vostra Santità che faccia la mia volontà, circa una Zitella, quale io desidero mettere in Ztor dé Specchi, figliola di Claudio Nerio al quale Vostra Santità ha promesso di avere protezione dei suoi figlioli, ricordandogli esser cosa da Papa l'osservare le promesse: però, detto negozio la Santità Vostra lo rimetta a me, acciocché bisognando mi possa servire della Sua parola; tanto più sapendo io la volontà della zitella, quale so certo muoversi meramente per divina ispirazione; e con maggiore umiltà che devo li bacio i santissimi piedi ».

Clemente VIII che comprese bene tutta l'ondata di devozione religiosa e di amore filiale nascosto in quelle parole materialmente aggressive, rispose nella finzione di una terza persona, che esegue la commissione del Pontefice.

«Dice il Papa che la polizza (foglio) nella prima parte, contiene un poco di spirito di ambizione, volendo che egli sappia che i cardinali la visitano tanto frequentemente se già non fosse per insinuargli che quei tali signori sono spirituali, il che si sa molto, bene. Del non esser venuto a vederla, dice che vostra reverenza, non lo merita, perché non ha voluto accettare il cardinalato tante volte offertole. Quanto al comandamento, si contenta che Ella con il suo solito imperio, faccia un rabbuffo a quelle buone Madri, se non fanno a suo modo. E torna a comandare a Lei che si riguardi, né torni al confessionale, senza sua licenza. E quando Nostro Signore la viene a vedere, lo preghi per lui e per i bisogni urgenti della cristianità ».

Fonte: SAN FILIPPO RIDE E GIOCA (GIUSEPPE DE LIBERO) - Libro scaricato dal sito www.preghiereagesuemaria.it