Biografia di Santa Clelia Barbieri
La grande cesta della Provvidenza
A malincuore Anna andò ad eseguire l'ordine: «Mi ricordo benissimo che, mentre accendevo, minacciai con la mano il nostro S. Francesco dicendo: «Guai a voi, se non provvedete!».Passarono poche ore e si sentì bussare alla porta. L'umile cuciniera andò ad aprire. Si presentò un uomo con una grande cesta, colma di ogni ben di Dio: farina, pane, vino e tante altre cose... Clelia aveva avuto ragione, come sempre, con quella sua fede semplice, tale da spostare montagne di miseria e di sfiducia.
La devozione verso il santo da Paola aveva una espressione popolare diffusa dovunque: i tredici venerdì in preparazione alla festa del 2 aprile, con preghiere che ripercorrevano la storia di questo calabrese dal miracolo facile, incantevole per la semplicità, sia che fosse fra i mandriani della sua terra che alla corte di Luigi XII; l'uomo della quaresima perpetua e pur straordinariamente longevo (27 marzo 1416 - 2 aprile 1507), eremita per vocazione e pur risucchiato dai massimi problemi della sua epoca.
Clelia imparò da mamma Giacinta a invocare il «minimo povero romito da Paola»; non perse l'abitudine quando intorno a lei si cominciarono a radunare le ragazze, che otto anni dopo la sua morte presero, con evidente riferimento al santo da Paola, il nome di Minime.
Quando si trattava di affrontare difficoltà serie o progetti impegnativi, Clelia si rivolgeva al suo intercessore e patrono con la «tredicina» tradizionale.
Fu sotto l'immagine del «vecchio dalla barba bianca» che durante la malattia le apparve il futuro benefattore. Nell'aprile 1869, al termine dei tredici venerdì, si presentò alla canonica un uomo, mandato da Vincenzo Pedrazzi, per chiedere informazioni sull'opera nascente. Di lì venne un flusso continuo di aiuti, dalle tre corbe di frumento alla edificazione della casa madre.
Tutto era cominciato dai «canapoli», quando Clelia mandò Giuseppe Garagnani, papà della Violantina, da un contadino del Pedrazzi, perché gli desse un mazzo di cannarelle di canapa per farne degli zolfanelli. Il contadino lo mandò dal padrone. Il padrone da don Guidi. Nacque una provvidenziale amicizia. Le mele rubate
Un altro episodio - quello delle mele rubate - sa dei libri della Sapienza e mostra quanto fosse penetrante il discernimento della ragazza delle Budrie.
«Mia mamma - dice Anna Forni - ebbe l'idea di portare alla Clelia e alle sue compagne alcune mele; ma vedendo che erano poche, ne raccolse alcune sotto gli alberi di altra proprietà e ne prese pure dagli alberi, fuori del proprio campo; tutte insieme le portò alla Clelia. Questa nell'accettarle, le divise in tre parti e disse: - Questa parte la tengo, perché l'avete raccolta nel vostro campo; così questa seconda parte, perché l'avete raccolta sotto gli alberi; la terza no, perché l'avete rubata».
Quando Clelia parlava così, la guardavano con un sentimento di tremore. Lo spirito di profezia agiva in lei e le accendeva il volto...
In quei brevi anni visse molte vite in una sola vita. Il Signore aveva come condensato in lei molti carismi che avrebbero dovuto espandersi nel futuro della sua famiglia spirituale: carismi di luce, carismi di pace, carismi di carità apostolica.