Santo Rosario on line

Giovedi, 25 aprile 2024 - Misteri luminosi - San Marco ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:A proposito della tentazione, essa è la prova a cui viene sottoposta una persona affinché dimostri la sua fedeltà a Dio. Però Dio non tenta nessuno. La tentazione viene dal demonio e dalla propria passione. Quando la tentazione è cercata allora si fa male da soli. E questo offende Dio. Se invece la tentazione viene indipendentemente dalla propria volontà, allora l'anima potrà facilmente superarla con la preghiera e con la grazia di Dio. Se sei molto tentato non ti affliggere: le persone di elevata santità sono assai tentate, ma ne escono sempre vittoriose perché confidano in Dio. Dio permette la tentazione per la nostra crescita spirituale, ma non permette che siamo tentati più di quanto possiamo sopportare. Come superare la tentazione? L'impurità si combatte con il digiuno e la preghiera. La superbia si supera facendo molti atti di umiltà. L'odio si vince pregando per chi ti fa del male. L'avarizia si supera facendo la carità. La preghiera è L'arma più potente contro la tentazione. Il demonio lo sa e cerca in tutti i modi di allontanarti da essa. Perciò non uscire mai dall'orazione per non soccombere alla tentazione.
font

Biografia di Santa Clelia Barbieri



Santa Clelia Barbieri



Bellezza intensa e radiosa

Nel volto di Clelia splende quell'idea di bellezza femminile, che è tipica della scuola pittorica bolo­gnese da Vitale, a Guido Reni, a Ludovico Carracci, a Giuseppe M. Crespi. Una bellezza intensa e radiosa.

Non c'è da stupirsi che qualche giovane del paese, magari la domenica dopo la Messa, abbia alzato gli occhi su di lei. «Giunta all'età di 17 anni - dice suor Imelde - vi furono giovani che avendo una grande benevolenza e rispetto, aspirarono di congiungersi con lei in matrimonio». Ebbe alcune proposte. Massi­miliano Vecchi, suo cugino? Antonio Mezzetti, figlio del falegname? Il benestante Francesco Zambonelli?

Difficile dirlo con certezza. Si sa che in questi casi la ragazza aveva la battuta pronta: «Io non mi sposo. Andate da mia sorella...». La frase fece il giro del paese, tanto che se ne parlò alla bottega delle Caselle, dove Clelia andava a fare la spesa.

Ma a qualcuno che di fronte al no risoluto deve aver chiesto di più, Clelia diede la motivazione vera. Lo riferisce Enrico Marchesini: «So che fu chiesta da un giovane del posto, ed essa rifiutò non per motivi umani, ma unicamente per essere tutta del Signore».

La grande prova

II 1866 è un'anno cruciale. Da 7 anni è tramontato lo stato pontificio; il nuovo stato unitario italiano cerca il suo assetto con una gestazione travagliata e difficile, non priva di pagine oscure e penose.

Ha detto papa Giovanni: «La storia tutto vela e tutto svela». A distanza di un secolo si constata che il tramonto del potere temporale è stato un bene; e lo svincolo da certe responsabilità terrenistiche ha reso l'azione pastorale della Chiesa più sciolta, aperta, uni­versale; ma nel 1859 e negli anni che seguirono ci fu un difficile taglio del cordone ombelicale fra i due poteri. Le leggi Crispi e Siccardi

I massimi nodi vennero al pettine nel 1866. È l'anno della III° guerra d'indipendenza, l'anno della legge Crispi detta dei sospetti, l'anno della estensione a tutto il regno delle leggi Siccardi per la soppressione degli Ordini e Congregazioni religiose.

A S. Giovanni in Persiceto sono soppressi i france­scani; nel loro convento prende alloggio la guardia nazionale e la loro chiesa è ridotta a magazzino. Nel territorio, tra maggio e giugno, passano divisioni in assetto di guerra che vanno al fronte. E, intanto, scatta la legge Crispi, che autorizza i prefetti a met­tere agli arresti senza processo le persone ritenute sospette o comunque contrarie al nuovo corso: una legge d'emergenza, che l'on. Ricciardi in parlamento non esitò a definire peggiore delle leggi borboniche.

La polizia entrava nelle case, perquisiva, arrestava al mattino presto o di notte i personaggi ritenuti sospetti su basi indiziarie o presunte. Fra i colpiti dalla legge Crispi ci furono una cinquantina di sacerdoti bolognesi. Li allontanavano dal gregge e li spedivano a Savona, Alessandria, Cuneo, perché la loro pre­senza era ritenuta negativa per lo spirito della patria in armi. Fu arrestato fra gli altri il parroco di S. Mar­tino, don Antonio Costa; e, 27° nella lista, don Gae­tano Guidi, che fu trattenuto in carcere dal 22 giugno al 16 luglio.

L'allontanamento dei pastori fu uno dei segni più clamorosi dello stato di tensione fra la Chiesa e le autorità dello Stato; un acuto malessere si diffuse dovunque, tanto che alcuni sindaci, come quelli di Budrio e di S. Giorgio di Piano, fecero presente al prefetto l'allarme e la costernazione del popolo.

A S. Giovanni, nell'estate del 1866, la Collegiata fu occupata per un certo periodo ad uso militare. Cosa inaudita per un paese che appena ventotto anni prima Gregorio XVI aveva insignito del titolo di città.