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San Giovanni Bosco:Il Signore ha promesso, e ci da tutti i mezzi necessari per un’opera gigantesca, ma non li promette per le imprese di ornamento.
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Biografia di Santa Clelia Barbieri



Santa Clelia Barbieri



«Una memoria io voglio scrivere»

Due fatti meritano di esser segnalati. Portano la data della Domenica 31 gennaio 1869 e del 25 marzo dello stesso anno, Giovedì santo: episodi salienti che compendiano tutta la vita di Madre Clelia.

Il 31 gennaio 1869, sulle rive del Samoggia, il ter­mometro toccò punte di 14 gradi sotto zero; e non meno rigida, dopo i moti del macinato, fu la meteoro­logia sociale. I giovani arrestati nel pomeriggio del 10 gennaio si trovavano in carcere in attesa del processo. Le campane tacevano...

Quella Domenica di Sessagesima

La gente si avviò alla chiesa per la prima Messa tra paure e speranze. Mai liturgia di Sessagesima fu così partecipata. Intorno al celebrante si schierava tutta la comunità. Le donne nella navata centrale, gli uomini nel transetto; i bambini sulle panchine davanti all'al­tare... Clelia con le sorelle del ritiro in un proprio banco. L'abito invernale, con il velo e lo scialle, custodiva bene le emozioni e il raccoglimento.

Don Guidi, dichiara la relazione per la sacra visita, «cercava di adempiere puntualmente i doveri del ministero, fra cui non tiene certamente l'ultimo posto la spiegazione e la dichiarazione dell'Evangelio e parola divina».

A Sessagesima il lezionario biblico proponeva, oltre la II lettera di Paolo ai Corinti (11,19-33; 12,1-9), la parabola lucana del seminatore (8,4-15), oscura per gli estranei, ma chiara per i discepoli: «A voi è stato dato di conoscere i misteri del Regno di Dio». Il curato si lasciò afferrare dal realismo di quella parabola contadina ed ebbe accenti di elo­quenza insolita.

Per Clelia ogni Messa era un avvenimento; ma quella giornata così gelida registrò qualcosa di inat­teso. Vi fa riferimento la «lettera a Gesù», che amiamo chiamare il «memoriale» di Madre Clelia. È l'unico scritto di suo pugno a noi rimasto; e non dob­biamo nemmeno rammaricarcene, tanto è vivo e pre­gnante.

Caro il mio Sposo Gesù

Una memoria io volio scrivere per averla sempre in memoria. Grandi sono le grazie

che Iddio mi fa

il giorno 31 del mese di Gennaio 1869 nel mentre che io mi trovava in Chiesa a udire la santa Messa

mi senti una inspirazione granda

di mortificare la mia volontà in tutte le cose per piacere sempre più il Signore

e io mi sento la volontà di farlo

ma le mie forze non ne o bastanza granda Ho grande Iddio

voi vedete la mia volontà

che è quella di amarvi

e di cercare sempre di stare lontano dalla vostra offesa ma la mia miseria e tanto grande

che sempre vi offendo. Signore

apprite il vostro cuore

e butate fùora una quantità di fiamme da more e con queste fiamme acendete il mio,

fate che io brucio da more. Ha cara la mia buona figlia

tu non puoi credere quanto sia grande la more che ti porto

il bene straordinario che ti voglio

la speranza che ho di vederti santa e straordinaria, dunque coraggio nei combatimenti

sì fatti pure coraggio che tutto andarà bene e cuando tu ai dele cose che ti disturbano fatti coraggio a confidarmelo

e io con la iuto del Signore cercarò di chietarti

amate Iddio

e non ti dimenticare di me povera peccatora.

Sono la tua serva Clelia Barbieri
L'autografo, letto e meditato con amore, rivela aspetti sempre nuovi e sorprendenti. Dice come Cle­lia parlava e come catechizzava; esprime la sua sensi­bilità ardente e volitiva, la sua umanità realizzatrice e carismatica; documenta il passaggio dello Spirito in uri momento critico della comunità.

Il giorno, il mese, l'anno, indicati così dettagliata­mente, fissano l'inquadratura storica. Nel capoluogo è stata ammainata fin dal 12 giugno 1859 la bandiera pontificia e issato il tricolore sabaudo; nelle scuole c'è il ritratto del re al posto della B.V. di S. Luca... La gente è inquieta. Le lunghe ferme militari dei giovani, i difficile rapporti fra i parroci e le autorità municipali, l'effetto dirompente della tassa sul pane, hanno creato un'atmosfera angosciosa nei borghi e nelle case. Fra grammatica e mistica

Per capire il senso pieno dello scritto del 31 gen­naio dobbiamo calarci in questa situazione, con l'animo di colei che è partecipe del dramma della sua gente, e nello stesso tempo si protende verso la chia­mata ultima dello Sposo.

Sono due pagine in tutto: 54 righe e 226 parole. Si potrebbero intitolare così: 1° - «della volontà»; 2° - «della grazia». La volontà: quanta ne aveva Madre Clelia! Questa parola ricorre tre volte con sfumature diverse, che indicano l'io da mortificare, il fermo pro­posito, il desiderio ardente di amare il Signore.

Nella seconda pagina si respira un clima diverso, dominato dalla presenza del Signore. Gesù chiama Clelia «cara la mia buona figlia»; lei si dichiara «povera peccatora», «serva», «sposa». Il Voi si scioglie nel Tu, indice di coraggiosa confidenza sponsale. Per tre volte risuona, da parte del Signore, l'invito al coraggio: «dunque coraggio nei combattimenti (le prove esterne)... sì fatti pure coraggio... e se hai delle cose che ti disturbano (le prove interiori) fatti coraggio a confidarmelo... ». Quando arriva in fondo sotto­scrive: «Sono la tua serva Clelia» (aggiungerà poi il cognome «Barbieri»); e in alto pone l'intestazione «Caro il mio Sposo», a cui farà seguito la parola »Gesù», con un tratto di penna più sfumato. Così lo scritto, che all'inizio è essenzialmente un promemo­ria, diviene una lettera a Gesù.

Clelia e Pascal

L'autografo interessa anche come prova della familiarità che Clelia aveva preso con la penna. Del resto la tradizione dice che scriveva biglietti di monito e di incoraggiamento ad alcune giovani, che forse in seguito fecero parte del gruppo. Nel suo piccolo fu catechista epistolare, apostola della corrispondenza.

Certo il grado di conoscenza della grammatica è meno che elementare; ma quando vuol farsi capire, ci riesce; la sua comunicazione è calda e schietta.

A suo modo sa tenere la penna in mano. Ad esem­pio, la frase iniziale è un modello dell'artificio lettera­rio detto della «inclusione», caro a S. Giovanni evan­gelista: «Una 'memoria' io voglio scrivere per averla sempre in 'memoria'». Così il rapido passaggio dal passato al presente, la ripetizione di parole-chiave, l'uso insistito dei pronomi e dei possessivi, rivelano uno stile personale, in cui idea-parola-realtà fanno corpo tra loro. In tutto il testo c'è una sola virgola, piazzata strategicamente davanti a quel «dunque coraggio» che segna una svolta nel discorso e nella­vita.

Se paragoniamo queste due pagine sgrammaticate con il memoriale, scritto nella «notte di fuoco» della conversione, che Pascal portava sul cuore, letteraria­mente c'è un abisso; ma nella sostanza la ragazza delle Budrie e il genio francese si incontrano.

«Non il Dio dei filosofi, ma il Dio dei Padri, il Dio di Cristo», scrive Pascal; e Clelia con quella sua scrit­tura che man mano si allarga, fino a divenire infuo­cata e tumultuosa, dà voce ai pensieri del cuore con parole dense di luce e di sapienza, che caratterizzano la fase più alta dell'esperienza spirituale. Se due anni prima Clelia attraversava la notte oscura, ora è nella fiamma viva.

Essa portò sul cuore questo foglio di carta ripie­gato in 12 parti, forse dentro un sacchettino di tela, come usava per le medaglie e per lo scapolare della Madonna del Carmine.

Le sorelle, dopo la morte di Clelia, lo misero in una cornice povera e disadorna con quattro punte da ingegnere. Ora resta come un trofeo tra le reliquie più preziose - la Filotea, La Pratica di amar Gesù Cristo, la catenella penitenziale, il cuore con le punte, la ciocca di capelli - e costituisce il testamento spiri­tuale, il messaggio conclusivo di colei che è stata idea­trice, modello e guida della fondazione delle Budrie.