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Giovedi, 25 aprile 2024 - Misteri luminosi - San Marco ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Chi è ricco ama starsene in riposo, quindi l’amore alle proprie comodità e soddisfazioni, e la vita oziosa. Lo spirito di sacrificio si spegne.
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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

IN TERRA SANTA

Il pellegrinaggio nella terra di Gesù era stato già più volte preannunciato alla veggente: la prima volta ad Alvastra, mentre assisteva il marito ammalato, la se­conda volta a Roma, subito dopo l'anno giubilare 1350, nell'abitazione romana. In quell'occasione le era apparsa la Vergine che le aveva detto: «Andrai pel­legrina nella città santa di Gerusalemme, quando pia­cerà a mio figlio. Andrai allora anche a Betlemme. Là ti spiegherò dettagliatamente come ho generato mio figlio Gesù Cristo, poiché egli così ha voluto».

Erano passati più di vent'anni da allora e dallo spo­so celeste non era arrivata nessuna indicazione sul viaggio in Terra Santa. Il 25 maggio 1371 Brigida pe­rò ne udì la voce: «Preparatevi ad andare pellegrini a Gerusalemme per visitare la mia tomba e altri luoghi sacri che si trovano là. Appena ve lo dirò, lasciate Ro­ma».

Brigida si spaventò, temendo di non riuscire a fare quanto il Signore le chiedeva: non era più giovane, si sentiva debole e ammalata, aveva mezzi economici li­mitati. Ma una nuova rivelazione dissipò i suoi dub­bi e le fece superare ogni preoccupazione:

Partite adesso da Roma e andate a Gerusalemme. Perché temi per la tua età? lo sono il creatore della natura. lo posso rendere la natura debole o forte, co­sì come mi piace. lo sarò con voi, raddrizzerò il vo­stro cammino, vi guiderò e vi ricondurrò a Roma. Vi provvederò anche dei mezzi necessari più abbondan­temente di quanto abbiate avuto finora.

Brigida fece i preparativi. Con lei si mettevano in viaggio tre dei suoi figli: oltre a Caterina, c'erano an­che Karl e Birger, venuti appositamente dalla Svezia per accompagnarla. Poi i due Petrus, il vescovo Al­fonso e due cappellani svedesi. La partenza avvenne il 25 novembre 1371. In precedenza, come testimo­niò Caterina, era stato comunicato alla santa che sa­rebbero ritornati tutti tranne uno.

La prima meta fu Napoli, dove Brigida e il suo se­guito furono accolti con grandi onori dalla regina Giovanna. Qui trascorsero il Natale, in attesa del ven­to favorevole per prendere il mare. A quanto narra­no le cronache, tra Karl e la regina nacque una storia d'amore molto passionale, che preoccupò alquanto la madre. Non si sa fino a che punto il fatto sia reale, di certo si sa che Karl era un personaggio particolare, romantico e amante dell'avventura. A fine febbraio peraltro Karl si ammalò, forse di cuore, e il 12 mar­zo 1372 morì. La regina pianse il suo cavaliere e par­tecipò con tutta la corte alle solenni esequie nella chie­sa di Santa Croce.

Le testimonianze di Caterina e del vescovo Alfon­so ci permettono di conoscere quale fu l'atteggia­mento di Brigida: «Mentre la regina e molti piangevano, lei non pianse mai, ma raccomandava l'anima del figlio a Dio», raccontò la figlia'. E Alfonso:

Ella sedeva a otto, dieci passi dal figlio, e quando lui rese l'anima a Dio non disse nulla né pianse, ma alzate le mani benedisse e ringraziò il Signore, con­formandosi umilmente alla volontà divina. Non pianse neppure al solenne funerale, come piansero la re­gina ed altri, ma disse: «Vai, figlio mio, pellegrino be­nedetto da Dio e da me» (Vade, fili mi, peregrine be­nedicte a Deo et a me). E poiché molti mormorava­no e la criticavano, lei rispose: «Non m'importa che dicano male di me, poiché faccio la volontà di Dio» (Ego non curo, quid dicunt malum de me, dum tamen ego faciam voluntatem Dei).

Il giorno stesso delle esequie di Karl, il 14 marzo, la nave dei pellegrini salpò da Napoli e in cinque gior­ni, dopo una tempestosa traversata, giunse a Messi­na. Ripartiti dopo una settimana, Brigida e i suoi ac­compagnatori giunsero a Cipro il 14 aprile. Il viag­gio, come raccontò in seguito il vescovo Alfonso, non fu esente da pericoli e sia i marinai sia i passeggeri era­no spaventati. Brigida però restava «paziente e sere­na» e alzava le mani al cielo ringraziando Dio. E poi­ché le chiedevano come mai lo ringraziasse, lei rispo­se che lo ringraziava perché permetteva che avessero quelle tribolazioni.

A Cipro i pellegrini fecero una sosta di due setti-. mane. Appena giunta nell'isola, Brigida prese contat­to con la regina Eleonora, figlia di Pietro d'Aragona e vedova di Pietro 1 di Lusignano, che era stato assassinato nel 1368 dai suoi cugini. La situazione politica era molto inquieta, anche a causa dei veneziani e dei genovesi che con i loro commerci avevano molto po­tere ed erano oggetto di timore e sfiducia. A quanto sembra, Eleonora aveva in animo di tornare in Spagna. Ella conosceva la fama di Brigida: l'accolse quindi con onore e le confidò le sue preoccupazioni.

Brigida prese a cuore le vicende del regno di Cipro e, in seguito a una rivelazione del suo celeste sposo, consigliò alla regina di non lasciare l'isola, di non ri­sposarsi, di non cercare di vendicare l'assassinio di suo marito ma di restare accanto a suo figlio Pietro, che di lì a poco sarebbe stato incoronato re (di ritorno dal­la Terra Santa Brigida fu presente all'incoronazione), e di consigliarlo per il meglio. Da Gesù ricevette an­che una rivelazione destinata al giovane sovrano, nel­la quale si legge:

È un grande impegno essere re; è un grande ono­re, ma anche una preoccupante responsabilità. Per questo è opportuno che il re sia un uomo maturo, esperto, prudente, giusto e laborioso, più attento al bene dei suoi sudditi che all'imposizione della propria volontà. Per questo fin dai tempi più antichi i regni venivano governati bene se veniva scelto un sovrano capace di governare con giustizia e desideroso di far­lo. Adesso però i regni non sono più regni, ma gio­chi da bambini, oggetto di follia e di rapina. Guai al regno il cui re è un bambino che conduce una vita sciocca, si circonda di adulatori e non si preoccupa del progresso della comunità. Dato però che questo fanciullo non porta in sé l'ingiustizia di suo padre, se vuole progredire e tenere alto l'onore del suo nome deve ubbidire alle parole che gli rivolgo per il bene di Cipro: non deve imitare lo stile di vita dei suoi pre­decessori, deve abbandonare la leggerezza dell'ado­lescenza, deve comportarsi da vero sovrano e scegliere consiglieri che amino più la sua anima e il suo onore che i suoi doni; deve odiare gli adulatori e non aver paura di dire la verità e di seguirla. Altrimenti questo giovane non avrà gioia dal suo popolo e il suo popo­lo non avrà gioia da questo giovane destinato ad es­sere re.

Appena le condizioni del mare lo consentirono, Bri­gida e il suo seguito si rimisero in viaggio per la Ter­ra Santa; al gruppo dei pellegrini si unì il confessore della regina Eleonora, il francescano Martino d'Ara­gona, che fin dall'arrivo della santa a Cipro le aveva dimostrato grande venerazione. La traversata fu bur­rascosa e la maggior parte dei bagagli andò perduta. Particolarmente difficile fu l'ultimo tratto: quando erano ormai in vista di Gerusalemme, la nave fu sul punto di naufragare. Ma Brigida tranquillizzò tutti con queste parole: «Non temete, perché in questo naufragio nessuno di questa nave morirà». E così fu.

Finalmente i pellegrini poterono baciare il suolo della terra di Gesù. Sbarcati a Giaffa all'inizio di mag­gio, il 13 dello stesso mese Brigida e i suoi accompa­gnatori arrivarono a Gerusalemme e presero alloggio all'albergo dei Pellegrini. Il programma della santa prevedeva la visita ai luoghi dove Gesù era nato, era stato battezzato ed era morto e risorto. Gesù stesso , l'aveva sollecitata a non fare di più e a conservare le forze per i compiti futuri: «A causa della vostra debolezza è sufficiente per voi visitare i luoghi più vici­ni... Quando tornerete dal Giordano preparatevi al ri­torno perché vi sono ancora molte cose da inviare ai pontefici». Il programma si concentrò quindi su Ge­rusalemme, Betlemme e il Giordano.

Complessivamente Brigida rimase in Terra Santa quattro mesi. La prima visita fu alla cappella costrui­ta sul Golgota proprio nel punto in cui era stata eret­ta la croce, e fu qui che si presentò la grande visione della passione e morte di Gesù. Brigida aveva avuto fin da bambina un infinito amore e una grande vene­razione per il Salvatore crocifisso e ogni venerdì, in memoria della passione, digiunava a pane e acqua. La visita alla cappella del Golgota avvenne appunto di ve­nerdì: Brigida si inginocchiò, baciò devotamente la borchia collocata sul punto in cui era stata infissa la croce, pregò a lungo e pianse. Ed ecco che ebbe la vi­sione che subito dopo trascrisse in questi termini:

Mentre ero sul monte Calvario e piangevo amara­mente, vidi il mio Signore nudo e flagellato, condotto dai giudei alla crocifissione e da loro attentamente sor­vegliato. Vidi anche un'apertura scavata nel monte e intorno a questa i carnefici intenti alla loro terribile opera. Il Signore però si rivolse a me e disse: «Osser­va, in questa apertura nella roccia fu piantata la mia croce nell'ora della mia passione». Subito vidi i giudei conficcare la croce nel terreno e fissarla con piccoli pez­zi di legno incastrati tutto intorno affinché fosse ben salda e non cadesse. Quando la croce fu solidamente sistemata, costruirono una sorta di scala di legno che arrivava fino al punto in cui dovevano essere inchio­dati i suoi piedi, in modo che per mezzo dei gradini sia lui che i suoi carnefici potessero salirvi per la crocifis­sione. Poi i carnefici salirono e con insulti e derisioni fecero salire anche Gesù. Egli salì mansueto come un agnello che si fa condurre al macello. Quando fu sul­la scala, stese spontaneamente il braccio, aprì la mano destra e la pose sulla croce. E quei crudeli tormentatori lo inchiodarono alla croce, piantando il chiodo dove l'osso è più solido. Poi, tirandolo con una corda, alzarono il braccio sinistro e inchiodarono la mano alla croce allo stesso modo. Poi il corpo di Gesù fu disteso sulla croce, i carnefici posero una tibia sopra l'altra e inchiodarono i piedi così uniti con due chiodi, stiran­do tutte le membra con tale violenza che le vene e i ner­vi furono sul punto di spezzarsi. Poi gli rimisero in ca­po la corona di spine che gli avevano tolto durante la crocifissione e la premettero forte sul santo capo. La corona produsse tali ferite che subito gli occhi si riempirono di sangue che colò giù copiosamente. An­che le orecchie si riempirono di sangue e tutto il viso e la barba si colorarono di sangue scarlatto.

Subito dopo i carnefici e i soldati allontanarono le scale; rimase soltanto la croce alla quale era crocifis­so il mio Signore.

Mentre io, sopraffatta dal dolore, meditavo sulla crudeltà dei carnefici, vidi la madre di Gesù acco­vacciata a terra, straziata dalla sofferenza, tremante e quasi fuori dai sensi. Giovanni e le donne, che stava­no alla sua destra non lontano dalla croce, la confor­tavano. La pena per la sofferenza della santissima ma­dre mi trafisse il cuore come una affilatissima spada. Poi la madre dolorosa finalmente si alzò, sollevò lo sguardo verso suo figlio e rimase lì, sostenuta dalle donne, fuori di sé per l'orrore e quasi morta. Quan­do il figlio vide piangere lei e gli altri amici, la rac­comandò con voce autorevole a Giovanni. Dalla sua espressione e dalla sua voce si capiva che il suo cuo­re era trafitto come da una freccia acuminata dall'in­finita compassione per sua madre.

I suoi cari e bellissimi occhi erano quasi spenti, la bocca aperta e sanguinante, il volto pallido e maci­lento, il corpo livido per la mancanza di sangue. Le pelle del suo santissimo corpo era così sottile e deli­cata che ogni minimo colpo vi lasciava un segno. Di tanto in tanto Gesù faceva il tentativo di raddrizzar­si sulla croce, perché la sofferenza che provava era in­sopportabile. Talvolta il dolore saliva dalle sue mem­bra e dalle sue vene fino al cuore, tormentandolo cru­delmente. Era una morte prolungata con disumana crudeltà. Allora, sopraffatto dal dolore e ormai vici­no a morire, gridò con voce forte: «O Padre, perché mi hai abbandonato?».

Ora aveva le labbra pallide, la lingua piena di san­gue, il corpo esangue. Nell'angoscia dell'estrema sof­ferenza gridò per la seconda volta: «O Padre, nelle tue mani affido il mio spirito!». Poi alzò un poco la testa, ma subito la reclinò e rese lo spirito.

Quando la madre di Gesù vide ciò, tremò in tut­to il corpo e sarebbe caduta a terra per l'indicibile sofferenza se non fosse stata sostenuta dalle altre donne.

Ora però i giudei cominciarono a schernirla e a gri­darle ogni tipo di insulto. Gli uni dicevano: «Maria, tuo figlio è già morto!». Altri le rivolgevano parole di derisione. Ed ecco che un uomo si staccò dalla turba e con una lancia colpì Gesù sul lato destro con tanta violenza che quasi gli trapassò il corpo da parte a par­te. E quando ritrasse la lancia dalla ferita, ne uscì una grande quantità di sangue.

Quando Maria vide ciò, prese a tremare violente­mente piangendo e singhiozzando: un'altra spada af­filata le aveva trapassato l'anima.

Quando tutti se ne furono andati, alcuni amici di Gesù lo deposero dalla croce e la madre lo accolse tra le sue sante braccia e lo strinse al seno. Il corpo di suo figlio era un'unica ferita, pallido e sanguinante. Allo­ra la madre dolorosa asciugò tutto il corpo e le ferite di Gesù, gli chiuse gli occhi, glieli baciò e avvolse il corpo in un sudario pulito.

Poi con lamenti e lacrime condussero il corpo di Gesù alla tomba e ve lo deposero".

La visione fu trascritta da Brigida appena fu rien­trata all'albergo dei Pellegrini e subito data ai sacer­doti perché la traducessero in latino.

Betlemme dista appena nove chilometri da Gerusa­lemme e il tragitto poteva essere percorso a piedi in me­no di due ore. Sulla grotta della Natività l'imperatore Costantino aveva fatto erigere una chiesa e Brigida si concentrò in preghiera proprio dove Gesù aveva visto la luce ed era stato deposto nella mangiatoia. Ed ecco che si realizzò la promessa che la Vergine le aveva fat­to anni prima, cioè di mostrarle come avesse dato la lu­ce al suo divin figlio`. Brigida ebbe infatti una visione, che in seguito trascrisse in questi termini:

Quando ero nella grotta del Signore a Betlemme, vidi una vergine vestita di un mantello bianco e di un abito leggero attraverso il quale io vedevo distinta­mente la sua carne virginale. Il suo corpo era pieno e molto forte, perché era in procinto di partorire. Presso di lei si trovava un uomo più anziano (Giu­seppe). Avevano con loro un bue e un asino. Quan­do furono entrati nella grotta, l'uomo più anziano le­gò il bue e l'asino alla mangiatoia. Poi uscì e portò al­la Vergine una candela accesa, la fissò alla parete e poi si allontanò per non essere presente al parto.

Ora la Vergine si sfilò le scarpe, si tolse il mantel­lo bianco e il velo che le copriva il capo, ripose questi due capi vicino a sé e rimase vestita solo dell'abi­to (tunica). I bellissimi capelli erano sciolti sulle spal­le e brillavano come oro. Poi prese due teli finissimi di lino e due di lana che aveva portato con sé per av­volgere il bambino che stava per nascere e anche al­tri due piccoli teli di lino per avvolgergli la testa. Po­se anche questi accanto a sé per usarli quando sareb­be venuto il tempo.

Quando tutto fu pronto, si inginocchiò con gran­de devozione e pregò. Appoggiava le spalle alla man­giatoia e teneva il volto rivolto verso il cielo di Orien­te. Pregando con le mani tese verso l'alto e gli occhi rivolti al cielo, entrò in estasi e fu alienata nei sensi e pervasa di divina dolcezza. Io vidi allora che il bam­bino che si trovava nel suo grembo cominciava a muo­versi. Ed ecco che in un attimo ella partorì suo figlio, dal quale emanava una luce che non si può descrive­re, non paragonabile a quella del sole e men che me­no a quella della candela accesa dall'uomo anziano, che al suo confronto addirittura scompariva.

Il parto avvenne in modo così rapido e improvvi­so che io non potei né osservare né distinguere esat­tamente in che maniera e con quale parte del corpo ella partorì. Piuttosto vidi subito quel bellissimo bam­bino nudo, che giaceva purissimo a terra. La sua pel­le era perfettamente pulita. Vidi la placenta giacere a terra pura e tersa. Udii anche un canto angelico di meravigliosa bellezza e grande dolcezza. E subito il corpo della Vergine, che prima della nascita era gon­fio, divenne di nuovo sottile e di meravigliosa bel­lezza.

Quando la Vergine si rese conto di aver partorito, piegò il capo, giunse le mani in atteggiamento di de­vozione e rispetto, pregò commossa davanti al Bam­bino e gli disse: «Benvenuto, mio Dio, mio Signore, mio figlio!».

Ed ecco che il bambino pianse e cominciò a tremare per il freddo e la durezza del suolo su cui giaceva. Si distese un poco, tese le piccole braccia e le gambe e cercò le carezze e la protezione della mamma. Lei lo prese fra le braccia, lo strinse al seno e lo scaldò con grande gioia e materno amore. Poi si sedette per ter­ra, si pose il figlioletto in grembo e prese con delica­tezza fra le dita il cordone ombelicale che subito si spezzò senza che ne uscisse sangue o altro liquido. Su­bito dopo cominciò a fasciare il bambino. Prima lo av­volse nei teli di lino, sopra a questi pose quelli di la­na; coprì quindi la testolina con le due piccole pezze di lino che aveva preparato.

Quando tutto fu finito, l'uomo, san Giuseppe, en­trò, si gettò a terra, rimase in ginocchio e pregò e pianse di gioia davanti al bambino.

La beata Vergine non si indebolì durante il parto, come avviene a tutte le altre donne. La sua forza fi­sica rimase intatta e il suo corpo riprese subito la for­ma che aveva prima del concepimento.

Ora Maria si alzò con il bambino tra le braccia ed entrambi, cioè la madre e Giuseppe, posero il bambi­no nella mangiatoia, si inginocchiarono e pregarono.

In seguito, Brigida ebbe dalla Vergine altri partico­lari sulla nascita di Gesù:

Quando fui sola nella stalla e pregavo in ginocchio, partorii mio figlio con tanta gioia e felicità dell'ani­ma che non sentii alcun dolore e alcuna pena allor­ché egli lasciò il mio grembo. Lo avvolsi subito in te­li puliti che già da tempo avevo preparato. Quando Giuseppe vide quello che era accaduto ne fu felice e si stupì che io non avessi avuto bisogno di alcun aiu­to. Dato che la maggioranza delle persone a Betlem­me erano occupate col censimento, non prestarono attenzione alla meravigliosa nascita divina. Tu però devi sapere che quanto ti ho detto è assoluta verità, anche se la gente che ragiona con mente umana osa pensare che mio figlio sia nato alla maniera in cui tut­ti nascono.

Dopo Gerusalemme e Betlemme, Brigida raggiun­se con i suoi compagni il fiume Giordano e con gran­de commozione visitò il luogo in cui Gesù aveva in­contrato Giovanni ed era stato battezzato. Sulla via del ritorno si soffermò a Betania per pregare sulla tomba di Lazzaro.

Nell'ultimo periodo a Gerusalemme, nell'estate del 1372, Brigida fu colpita da quei disturbi che un anno dopo, aggravandosi, l'avrebbero portata alla morte: stanchezza, febbre insistente e dolori di stomaco. Il che tuttavia non le impedì di portare a termine il suo programma di pellegrinaggi. L'8 settembre, giorno in cui si festeggia la nascita di Maria, Brigida ne visitò la tomba al Getsemani ed ebbe una visione in cui la Vergine le rivelò:

Dopo che mio figlio fu salito in cielo, io vissi an­cora quindici anni nel mondo. Poi rimasi quindici giorni in questa tomba, trascorsi i quali fui accolta in cielo con infinito onore e gioia. Gli abiti con i quali ero stata sepolta rimasero nella tomba. Sappi che a parte il corpo trasfigurato di mio figlio e il mio, in cie­lo non c'è alcun corpo umano.

A Gerusalemme, con ogni probabilità, Brigida per­corse molte volte la Via Dolorosa e tornò ripetuta­mente alla cappella del Calvario. I quattro mesi in Ter­ra Santa costituirono per lei un periodo di grandissima gioia ed edificazione spirituale e passarono in un lampo. Quando, all'inizio di ottobre, venne il tempo del ritorno, i pellegrini si recarono a Giaffa e prese­ro di nuovo il mare. L'8 dello stesso mese, dopo una buona e veloce traversata, sbarcarono a Cipro.