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Sabato, 20 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:Tu ami il Signore e credi fermamente in Lui. Il diavolo ti tenta in mille modi e vuole sminuire il tuo amore, la tua fede e la tua santità dicendo che essa è ispirata dalla superbia. In realtà, il diavolo non conosce il tuo cuore, non entra in profondità, e vede solo le apparenze. È Dio che scruta il cuore, lo penetra e lo conosce fino in fondo. Dio sa che tu Lo ami perciò permette la prova: essa è un atto di fiducia da parte di Dio nei tuoi confronti, è il mezzo per confermare il tuo amore e per farlo aumentare. Il demonio si serve della perversione umana e dei fenomeni naturali per attaccarti. Lo fa per apparire il Signore come spietato; egli può far cadere la pioggia, quando tu desideri il sole, per farti dubitare della divina provvidenza. In questi momenti è necessario pregare di più e sottomettersi in tutto alla volontà di Dio affinché la tua prova cambi in gioia.
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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

L'APPROVAZIONE DELLA REGOLA

Lasciata Avignone, Urbano V era partito da Marsi­glia nel maggio 1367 ed era sbarcato a Corneto, il porto più vicino a Viterbo, il 9 giugno, accolto da grande entusiasmo. A Viterbo il pontefice trascorse l'estate. Il 16 ottobre, scortato da un imponente cor­teo guidato da Nicola d'Este marchese di Ferrara, Ur­bano V fece il suo ingresso a Roma, dove da sessan­t'anni nessun papa aveva più messo piede. Anche a Roma l'entusiasmo era alle stelle e certamente Brigi­da e sua figlia Caterina erano tra la folla accorsa ad applaudire il pontefice.

Le sedi papali erano all'epoca assai trascurate: il pa­lazzo del Laterano era stato gravemente danneggiato nel 1360 da un incendio e non era mai stato restau­rato; il Vaticano e Castel Sant'Angelo erano anch'es­si bisognosi di ristrutturazioni. Il papa avviò subito i lavori e diede immediatamente inizio alla sua attività politica ricevendo molti regnanti, tra cui il re di Ci­pro e la regina Giovanna di Napoli.

L'estate successiva fu trascorsa nella residenza esti­va di Montefiascone, sul lago di Bolsena, e nell'au­tunno dello stesso anno Urbano V si recò a Viterbo per incontrarsi con l'imperatore Carlo IV e rientrare con lui a Roma, cosa che avvenne nell'entusiasmo ge­nerale. Il 21 ottobre l'imperatore scortò il papa fino in San Pietro reggendo le redini del suo cavallo. In quell'occasione il pontefice incoronò imperatrice la quarta moglie di Carlo IV, Elisabetta di Pomerania. Brigida vide così papa e imperatore insieme a Roma, come molti anni prima le era stato preconizzato: «Vai a Roma e restaci finché non vedrai il papa e l'imperato­re». L'avverarsi di questa profezia accrebbe il prestigio di Brigida. Ritenendo il vaticinio impossibile, molti in­fatti non le prestavano fede o addirittura la deridevano; ma poi, come testimonia la figlia Caterina negli Atti del processo, dopo che papa e imperatore furono entrati in­sieme a Roma, l'ebbero in maggiore stima e onore.

Questi sviluppi positivi fecero sperare a Brigida che fosse venuto il momento di far approvare la sua Re­gola. Nel 1369 andò a Montefiascone, dove il papa trascorreva l'estate, e vi rimase tre mesi. La veggente svedese desiderava anche che alla sua chiesa di Vad­stena fossero concesse le stesse indulgenze di cui go­deva la chiesa romana di San Pietro in Vincoli, dove sono custodite le catene dell'apostolo. Un tale privi­legio sarebbe stato molto prestigioso per il monaste­ro, in quanto avrebbe contribuito in maniera deter­minante alla sua fama di luogo di pellegrinaggio.

Il papa mostrò a Brigida grande attenzione e ri­spetto, ma l'approvazione dell'ordine incontrava in lui una certa resistenza. I problemi da risolvere erano molti: il latino nel quale la Regola era stata scritta ri­sultava duro e antiquato, assai diverso da quello col­to e raffinato in uso alla corte papale, col quale i con­fessori di Brigida non avevano dimestichezza. In que­sto Brigida ebbe l'aiuto prezioso di Nicola Orsini, che si offrì di curare una versione migliore della tradu­zione. Orsini, che era in quegli anni governatore pa­pale a Perugia e aveva libero accesso presso il ponte­fice, provvide personalmente a consegnare al papa la Regola dopo la revisione del testo.

Quanto ai contenuti, una difficoltà era rappresen­tata dalla natura stessa del monastero, pensato per uo­mini e donne, cosa non più prevista ormai da moltis­simo tempo. Fu inoltre fatto presente che gli ordini già esistenti erano tanti e che non si avvertiva quindi la necessità di una nuova istituzione, esistendo tra l'al­tro un divieto in questo senso sancito, come s'è det­to, dal concilio Laterano del 1215 e confermato dal concilio di Lione del 1274.

Ma Brigida non si arrese: sapeva che il Signore stes­so voleva che l'ordine fosse approvato e si rivolse di­rettamente all'imperatore, che si trattenne a Roma si­no alla fine del 1369; a lui indirizzò una lettera det­tata dal suo sposo celeste nella quale si legge:

Tu che detieni la dignità imperiale, sappi che io, creatore di tutte le cose, ho dettato una Regola in onore della mia amatissima madre e l'ho data alla donna che ti scrive. Leggila dunque attentamente e fa' sì che questa regola dettata dalle mie labbra sia ap­provata anche fra gli uomini ad opera del papa, che è il mio vicario in terra, dopo che io l'ho approvata davanti alla moltitudine celeste.

Come si può constatare, Brigida non lasciava nulla di intentato per raggiungere gli scopi che si era prefissata. Nell'estate del 1369 Brigida ebbe una grande gioia: rivide i figli Karl e Birger, che erano venuti a Roma per incontrarla. Ne approfittò per presentarli al papa vestiti dei loro abiti cavallereschi, nella speranza di conferire in questo modo maggiore autorità alla sua richiesta di approvazione dell'ordine.

Desiderando mostrare ai figli alcune delle bellezze d'Italia, ottenne dal papa un particolare lasciapassare e nell'autunno intraprese con loro il pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo nel Gargano e a Bari. Dopo il viaggio Karl e Birger tornarono in Svezia.

Al pellegrinaggio partecipò anche un uomo che di­venne il migliore e più valido amico e collaboratore di Brigida nei suoi ultimi anni: lo spagnolo Alfonso Pecha de Vadaterra, che era stato vescovo di Jaén in Andalu­sia e aveva poi rinunciato al suo alto incarico per en­trare nell'ordine degli eremiti di san Girolamo (i giro­lamiti). Venuto in Italia dopo l'invasione dei mori del­la sua diocesi spagnola, aveva trascorso un certo perio­do nella sede del suo ordine a Monteluco, presso Spo­leto. Qui aveva sentito parlare di Brigida, aveva desi­derato incontrarla, si era recato a Roma e, come lui stes­so raccontò nella sua deposizione al processo, l'aveva cercata finché non l'aveva trovata. Da allora le rimase accanto divenendo suo confessore, consigliere, ordina­tore delle Rivelazioni e, dopo la sua morte, promotore della causa di canonizzazione. Alfonso era nato nel 1329 o nel 1330 e mori nel 1388. La sua presenza accanto a Brigida si rivelò provvidenziale, anche perché in quegli anni i due Petrus furono soggetti a varie infermità che impedirono loro per esempio di unirsi alla futura santa e ai suoi figli nel loro pellegrinaggio.

Dobbiamo al vescovo Alfonso una preziosa testi­monianza sul carattere e il comportamento di Brigi­da e sul suo atteggiamento verso i sacerdoti che face­vano parte della sua famiglia:

Aveva massima obbedienza verso i suoi padri spi­rituali, al punto da mortificare la propria volontà, perché ogni cosa che faceva era sottomessa al con­senso dei predetti padri; non usciva di casa se non con il loro consenso e quando andava per Roma a visita­re i santuari era sempre in loro compagnia; e neppu­re osava alzare gli occhi da terra se non dopo aver chiesto e ottenuto licenza di farlo. Anche tutte le at­tività della giornata, la suddivisione del tempo, il si­lenzio e la preghiera erano sottoposte al giudizio dei padri spirituali, come pure le visioni divine che rice­veva quando pregava.

Dell'obbedienza ai padri spirituali rende buona te­stimonianza anche la figlia Caterina: «Per obbedienza ai suoi padri spirituali dormiva senza materasso, e que­sto durò fino a poco tempo prima della morte, quan­do ormai era affetta da molte infermità»'. La donna for­te, capace di rivolgersi con autorità a papi e imperato­ri per indicare loro il volere di Dio, era in realtà umi­lissima, devota ai padri spirituali e disposta a rinuncia­re alla propria volontà in nome dell'obbedienza.

Il vescovo Alfonso svolse un prezioso lavoro per la revisione delle Rivelazioni, compito che gli fu affida­to dal Signore stesso. Fu infatti dettato a Brigida:

Devi consegnare al mio vescovo eremita tutti i li­bri delle Rivelazioni con queste mie parole, affinché possano essere tradotti in molte lingue; lui dovrà spie­gare, illustrare e custodire il senso cattolico del mio spirito. Così come il tuo cuore non è sempre in gra­do di esprimere con sufficiente calore e trascrivere ciò che ti viene comunicato, ma lo ponderi nella tua men­te, e poi lo scrivi e lo riscrivi fino a trovare il corret­to significato delle mie parole, allo stesso modo il mio spirito si levò e discese tra gli evangelisti e i maestri, che a volte produssero qualcosa che dovette essere corretto, a volte qualcosa che dovette essere nuovamente trattato, altre volte ancora furono biasimati e dovettero intervenire altri per meglio esprimere le pa­role che avevano usato. E tuttavia fu sempre il mio spirito a infondere a tutti i miei evangelisti le parole che essi pronunciarono e scrissero. Dì allora all'ere­mita che deve eseguire e portare a termine il lavoro dell'evangelista'.

Alfonso di Jaén curò la redazione definitiva delle Rivelazioni e la loro suddivisione in otto libri. Nell'estate del 1370 Brigida era di nuovo a Mon­tefiascone e fu ricevuta dal papa insieme ad Alfonso e a Nicola Orsini. Il risultato ottenuto fu per Brigida di parziale soddisfazione: la sua Regula Sanctissimi Salvatoris fu approvata, ma solo come appendice del­la Regola agostiniana che il monastero di Vadstena avrebbe dovuto seguire. Del privilegio di indulgenza richiesto per il monastero non si faceva alcuna men­zione'. Era invece concessa licenza per la costruzione di un monastero per le monache con annesso quello per i monaci. La bolla papale, datata S agosto 1370, era indirizzata all'arcivescovo di Uppsala e ad altri tre vescovi svedesi.

Motivo di grande dispiacere per Brigida fu rendersi conto, durante il soggiorno a Montefiascone, che il papa non aveva nessuna intenzione di ritornare a Roma, ma - cedendo alle pressioni dei vescovi francesi -stava anzi programmando di trasferirsi di nuovo ad Avignone. Fece allora avere a Urbano V una lettera ispirata dalla Vergine in cui gli si diceva: «Se riuscirà a tornare in patria, riceverà un colpo tale da fargli bat­tere i denti; la sua vista si oscurerà e tutte le sue mem­bra tremeranno... Gli amici di Dio non lo ricorde­ranno più nelle loro preghiere ed egli dovrà rendere conto a Dio di tutto quello che ha fatto e omesso»6. Urbano V non ne tenne conto. A metà settembre di quello stesso anno era già in Francia e il 19 dicembre improvvisamente morì.

A tornare definitivamente a Roma fu il suo succes­sore Gregorio XI nel 1377: ma Brigida non poté ac­coglierlo come aveva fatto con Urbano V, perché era già morta da quattro anni. A prendere il testimone e convincere definitivamente il papa a tornare a Roma era stata un'altra grande santa: Caterina da Siena.

Il 30 dicembre, dopo un solo giorno di conclave, fu eletto papa il cardinale Pierre Roger de Beaufort, che scelse il nome di Gregorio XI. Il neoeletto aveva quarantadue anni ed era nipote di Clemente VI, che l'aveva innalzato alla porpora cardinalizia appena di­ciottenne. Gregorio XI aveva studiato a Perugia ed era un insigne giurista; come uomo, era devoto, sensibile e intuitivo; come politico, sapeva bene che il ritor­no del papato a Roma costituiva ormai un'esigenza improrogabile.

Brigida si rallegrò della sua elezione a papa, anche perché l'aveva conosciuto di persona quando era car­dinale: si era infatti rivolta a lui per far recapitare a Urbano V la lettera con cui gli annunciava una rapi­da morte se fosse tornato ad Avignone.

Fiduciosa che Gregorio XI avrebbe riportato il pa­pato a Roma, già nel gennaio 1371, pochi giorni do­po la sua elezione a pontefice, Brigida gli inviò la ri­velazione ispiratale per lui dalla Vergine Maria; a re­capitarla fu il suo devoto amico Latino Orsini.

Ecco il testo della lettera:

Io sono colei che ha generato il figlio di Dio. Do­po averti affidato alcune parole che dovevano essere comunicate a papa Urbano V, ora di nuovo ti dico al­cune parole da trasmettere a papa Gregorio XI. Ma affinché queste parole siano meglio comprese, voglio fare un paragone: una madre amorevole vede il suo amatissimo bambino giacere nudo e tremante di fred­do sul pavimento e si accorge che il piccino non ha la forza per alzarsi e piange miserevolmente per il de­siderio delle carezze e del latte materno. Allora la ma­dre si commuove e piena d'amore per il suo bambi­no corre rapida verso di lui, lo solleva, lo accoglie fra le sue braccia, lo riscalda col calore del suo seno ma­terno e lo nutre dolcemente col suo latte. Allo stesso modo io, madre di misericordia, voglio comportarmi con papa Gregorio XI, se tornerà in Italia e a Roma con l'intenzione di rimanervi e se avrà la ferma vo­lontà di porre rimedio alla miseria delle pecorelle a lui affidate e se si dedicherà con umiltà e amore a ri­portare la Chiesa ad una nuova condizione. Allora io, madre veramente amorevole, lo solleverò da terra co­me un bambino nudo e tremante di freddo, cioè libererò lui e il suo cuore da ogni desiderio e attacca­mento terreno contrario a Dio, e lo riscalderò col ca­lore materno dell'amore che è nel mio petto. Lo nu­trirò poi col mio latte, cioè con la mia preghiera... Ec­co, io gli ho rivelato il mio amore materno, quello che gli dimostrerò se ubbidisce; poiché è volontà di Dio che egli riporti umilmente la sua sede a Roma. Affin­ché però il papa, nel caso che non obbedisca, voglia scusarsi col motivo dell'insicurezza, annunciagli con materno amore che cosa ne conseguirà: dovrà subire l'ira di Dio, mio figlio, la sua vita sarà abbreviata e sarà chiamato davanti al tribunale di Dio. Allora nes­suna potenza terrena potrà aiutarlo. Anche la sapienza e la scienza dei medici non potrà giovargli e neppu­re l'aria del suo paese natale gli sarà benefica per al­lungare la sua vita anche di poco...

A quanto risulta, papa Gregorio XI fu molto col­pito da questa rivelazione, che certamente contribuì a farlo orientare sempre più verso il progetto di la­sciare Avignone. Brigida aveva fatto quanto poteva per indurre il pontefice a riportare la sede papale a Ro­ma. Ora non restava che attendere. Intanto però era venuto il tempo di riprendere il bastone del viandan­te e affrontare il più lungo, impegnativo e agognato dei suoi pellegrinaggi: quello in Terra Santa.