Santa Brigida di Svezia
BRIGIDA A ROMA
L'anno santo perorato da Brigida fu effettivamente indetto per il 1350 e annunciato a tutto il mondo cristiano. La sede papale continuava però a restare ad Avignone e Clemente VI stringeva ancora di più i rapporti con la Francia, eleggendo quasi esclusivamente cardinali francesi. Il papa viveva come un principe mondano e Brigida sapeva bene che tra i suoi compiti c'era anche quello di lavorare per il rinnovamento della Chiesa. Glielo aveva spiegato molto chiaramente il suo sposo divino:
Come una sedia ha quattro gambe e un sedile, così anche la mia sedia, quella che ho dato al papa, deve avere quattro gambe, cioè umiltà, obbedienza, giustizia e misericordia, e il sedile dovrebbe essere fatto di divina saggezza e amore di Dio. Ora però questa sedia è stata dimenticata e al suo posto ne è stata adottata un'altra dove l'orgoglio sostituisce l'umiltà, l'ostinazione l'obbedienza, l'avidità di ricchezza la giustizia, l'ira e la malevolenza la misericordia, mentre chi la occupa non aspira ad altro che ad essere chiamato saggio e maestro secondo il metro umano.
Brigida sapeva anche che il papa non sarebbe stato a Roma per il giubileo: lui stesso l'aveva detto molto chiaramente al vescovo Hemming e a Petrus di Alvastra quando si erano recati ad Avignone a portargli i suoi messaggi. E a causa di questa assenza la futura santa esitava ad affrontare il pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno santo. Gesù però così le parlò in visione:
Io sono il Figlio del Dio vivente. La Regola dell'ordine che ti è stata data deve essere confermata dal mio rappresentante, che nel mondo è chiamato papa, poiché egli ha il potere di legare e sciogliere al posto mio e deve rendermene conto davanti a tutte le mie schiere celesti... Inoltre il papa deve permettere che nel luogo che ti è stato mostrato quando ricevesti la Regola venga edificato un monastero; poiché proprio là deve prendere inizio questa Regola.
In un'altra visione le fu ordinato dal Signore di recarsi a Roma come sua ambasciatrice, di restarci finché non avesse visto il papa e l'imperatore e di dire loro da parte sua le parole che lui le avrebbe ispirato,. Questa profezia si realizzò, anche se - finché Brigida fu in vita - il ritorno a Roma di papa Urbano V fu solo temporaneo. L'imperatore che Brigida vide fu Carlo IV, detto il Boemo perché nato a Praga e sovrano di Boemia.
Conosciuta la volontà di Dio, Brigida si affrettò a fare i preparativi per il lungo viaggio. I motivi per andare a Roma erano molteplici: partecipare al giubileo, sollecitare presso la Curia romana la conferma papale del suo ordine, lavorare per il ritorno del papa; Brigida desiderava inoltre ampliare il proprio orizzonte spirituale e accrescere lo spazio del proprio apostolato.
La partenza avvenne all'inizio dell'autunno del 1349: Brigida non avrebbe più rivisto la sua patria. Insieme a lei partirono il segretario Petrus di Alvastra e il confessore Petrus di Skànninge; si unì a loro anche un altro sacerdote svedese di nome Magnus Persson, che seguì poi Brigida in Terra Santa. Facevano inoltre parte del piccolo gruppo di pellegrini il sacerdote Gudmar Fredriksson, che fu in seguito monaco a Vadstena, la giovane signora Ingeborg Laurensdotter e alcuni servitori. Nessun membro invece della famiglia di Brigida.
Prima di lasciare la Svezia, Brigida volle salutare il maestro Matthias: non l'avrebbe più rivisto, perché l'anziano teologo sarebbe morto l'anno successivo.
Non si sa con certezza quale sia stato l'esatto percorso dei pellegrini: certamente essi si imbarcarono a Kalmar, sulla costa sud-orientale della Svezia, e sbarcarono sulla costa baltica tedesca.
I Paesi che Brigida attraversò erano in quel tempo sconvolti dalla peste nera, che a partire dal 1350 imperversò anche in Svezia, mietendo innumerevoli vittime. Nella primavera di quello stesso anno re Magnus infatti informò tutta la popolazione che l'epidemia, proveniente dalla Norvegia dove il germe era giunto nell'estate del 1349 con una nave inglese carica di tessuti di lana, stava avvicinandosi al regno svedese.
La medicina del tempo era impotente nei confronti della peste: non si poteva far altro che pregare. At traversando le terre tedesche, le più colpite dal morbo (la popolazione ne risultò dimezzata), i viaggiatori svedesi incontrarono infatti numerose schiere di penitenti e flagellanti, e anche gruppi di pellegrini che come loro si recavano a Roma.
Mentre attraversavano la Svevia, avvenne un episodio che è stato riportato da varie fonti e che è all'origine della fondazione, avvenuta nel secolo successivo, di un importante convento brigidino. Giunti nel sud della Germania, i pellegrini svedesi fecero tappa nella cittadina di Mayingen e fecero pascolare i loro cavalli in un prato. Quando il proprietario chiese un compenso, Brigida comprò tutto il campo e lo donò alla cittadinanza. Su quell'appezzamento di terreno sorse in seguito, nel XV secolo, un convento brigidino, dal quale pochi anni dopo ebbe origine il celebre monastero di Altomúnster, presso Augusta in Baviera.
Poi finalmente, dopo aver attraversato le Alpi, i pellegrini giunsero in Italia. La prima tappa fu a Milano, per pregare nella basilica di Sant'Ambrogio. Come leggiamo nelle Rivelazioni, il grande vescovo di Milano apparve a Brigida due volte e le parlò delle carenze e dei difetti di certi pastori della Chiesa. La fortificò anche nella sua missione di conversione: «Dio ti ha chiamata affinché in spirito tu possa vedere, udire, comprendere e rivelare agli altri ciò che avrai udito».
A Milano si ammalò gravemente e poi morì Ingeborg Laurensdotter, che aveva affrontato il pellegrinaggio a Roma per ottenere l'indulgenza dei suoi peccati e soltanto con fatica aveva ottenuto dal marito il permesso di partire. Dopo la sepoltura di Ingeborg, il piccolo gruppo proseguì in direzione di Genova, sostando a Pavia per rendere omaggio a sant'Agostino, il cui corpo, portato via da Ippona per timore di atti vandalici, era giunto qui dopo una sosta a Cagliari.
A Genova i pellegrini si imbarcarono e proseguirono il viaggio per mare fino a Ostia. Roma era finalmente a portata di mano. Non immaginava, forse, la veggente svedese, che Roma sarebbe diventata la sua nuova patria e che avrebbe dovuto attendere ben diciassette anni prima di vedervi giungere un papa: Urbano V, che vi rimase meno di tre anni.
Da Ostia i pellegrini raggiunsero Roma a piedi, facendo sosta alla basilica di San Paolo per rendere omaggio all'Apostolo. Giunti in città, la prima visita fu certamente quella a San Pietro.
Brigida e i suoi trovarono alloggio all'albergo dell'Orso, sulla riva sinistra del Tevere, di fronte a Castel Sant'Angelo, dove all'incirca mezzo secolo prima, in occasione del primo anno santo della storia (il giubileo di Bonifacio VIII del 1300) aveva alloggiato anche Dante Alighieri.
Pochi giorni dopo Brigida ricevette la visita di un messo del cardinale Hugo di Beaufort, che offrì ospitalità a lei e al suo seguito nel palazzo del suo signore. Fratello di papa Clemente VI, che ben conosceva la personalità di Brigida e probabilmente desiderava usarle una cortesia, il cardinale Beaufort risiedeva in quegli anni ad Avignone e non abitava quindi il grande palazzo adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, della quale era titolare. Nello stesso palazzo aveva sede anche la cancelleria papale.
Brigida accettò con gioia l'invito e si trasferì con i suoi accompagnatori nel vasto appartamento al primo piano, che era fornito anche di una piccola cappella. Dalla finestra della sua camera, attraverso le finestre della chiesa, Brigida poteva anche godere della vista dell'altare maggiore di San Lorenzo in Damaso. Qui abitò per quattro anni. Fu in questo palazzo che nell'anno giubilare 1350 Brigida ricevette il famoso Sermo angelicus, ovvero rivelazioni dettatele da un angelo. Alcuni capitoli dell'opera, che narra la storia di Maria, furono destinati a essere letti quotidianamente alle suore del convento di Vadstena, aperto nel 1384.
Come trascorreva le sue giornate a Roma la principessa svedese? Un brano delle Rivelazioni, che riporta le parole di Gesù stesso, lo descrive esattamente:
Vi consiglio di utilizzare per dormire le quattro ore prima della mezzanotte e le quattro dopo la mezzanotte. Chi non ne è capace, provi a desiderare di farlo e ci riuscirà. Se qualcuno è ragionevolmente in grado di dormire un po' meno, senza per questo subirne danno nelle forze fisiche e psichiche, ne avrà merito e premio. Successivamente dovete utilizzare quattro ore per pregare e dedicarvi a opere utili e benemerite, così che nessuna ora trascorra senza dare frutto. In seguito potete avere due ore per il pasto di mezzogiorno. Se userete meno tempo, ne sarete ricompensati da Dio. Questo tempo non dovete prolungarlo a meno che non ci sia un motivo ragionevole per farlo. Poi dovete dedicare sei ore a lavori necessari, consentiti o richiesti. Successivamente altre due ore per i vespri, la preghiera della sera e altre preghiere a voi gradite. Infine ancora due ore per la cena e per serene conversazioni.
Brigida pregava molto, prendeva lezioni di latino dal maestro Petrus e scriveva in svedese le rivelazioni che il suo segretario traduceva poi in latino: «Studio grammatica, prego e scrivo», leggiamo nelle Rivelazioni.
Il maestro Petrus dal canto suo ricevette dalla Santa Sede l'incarico di fare da padre spirituale a tutti i pellegrini svedesi che venivano a Roma: a loro Brigida dedicava cure e attenzioni, ospitandoli spesso nella sua casa.
Ampio spazio avevano nella giornata di Brigida anche le visite ai luoghi sacri romani, in particolare le sette chiese' e le catacombe della via Appia, dove i primi cristiani avevano trovato rifugio durante le persecuzioni.
Il maestro Petrus raccontò nella sua deposizione al processo che, in memoria delle ferite e della passione di Cristo, Brigida usava lasciarsi cadere sulla pelle nuda gocce di cera incandescente, e quando le ferite accennavano a chiudersi lei le rinnovava con le unghie, affinché il suo corpo non fosse mai senza i segni della passione. Di venerdì, in base alla testimonianza della figlia Caterina, la santa soleva anche ingerire erbe amarissime (berbam amarissimam que vocaturgenciana), in ricordo dell'amara bevanda data a Gesù durante la sua passione.
Nel XIV secolo Roma era una città trascurata e in decadenza. Alle devastazioni del terremoto del 1348 che aveva provocato pesanti danni ai monumenti e alle abitazioni, si aggiungeva la difficile situazione interna: ruberie, brigantaggio, estrema libertà di costumi. Ciò era in gran parte dovuto all'assenza del papa e all'anarchia che ne conseguiva. Roma era anche dilaniata dalle lotte tra i Colonna e gli Orsini e coinvolta nelle sommosse di Cola di Rienzo. In questo stato di cose la situazione nella città eterna non era affatto sicura neppure per i pellegrini che, nonostante l'assenza del papa, arrivavano numerosi per visitare i luoghi sacri e pregare sulle tombe degli apostoli.
Leggiamo in un'antica cronaca:
La brutale violenza aveva preso il posto del diritto; non c'era più alcuna attenzione per le leggi, nessuna protezione della proprietà, nessuna sicurezza delle persone. I pellegrini che visitavano le tombe degli apostoli venivano aggrediti e derubati, alle donne veniva usata violenza. Le chiese di Roma erano in rovina, in San Pietro e in Laterano le greggi pascolavano nell'erba che arrivava fino all'altare. Sulle colline del Campidoglio veniva coltivata la vite, il foro era stato trasformato in orto e pascolo, gli obelischi egiziani giacevano a terra, spezzati e semisepolti. Come conseguenza del trasferimento della Santa Sede, erano subentrate divisioni interne, abbrutimento generale e spopolamento".
Roma è come un campo nel quale sono cresciute rigogliose le erbacce. Di conseguenza deve prima essere purificato col ferro e col fuoco e poi arato di nuovo da un aratro trainato da una coppia di buoi. Per questa città si prepara una grande punizione disse un giorno la Vergine a Brigida. Le Rivelazioni fanno chiaramente intendere quanto Brigida pregasse e si prodigasse per porre rimedio a questa triste situazione. Non s'impegnò soltanto con la preghiera, ma agì concretamente intervenendo spesso nelle cose pubbliche e sollecitando il ritorno del papa a Roma per il bene della Chiesa e della città.
La preoccupazione di Brigida per Roma e le miserande condizioni in cui lo stato pontificio versava a causa dell'assenza del pontefice fu costante. Ne fa buona testimonianza una sua lettera indirizzata a un'alta personalità ecclesiastica, forse il vescovo di Orvieto che all'epoca svolgeva le mansioni di vicario papale. La lettera contiene la richiesta di informare il papa della situazione:
Illustrissimo signore, tra le altre notizie si faccia sapere al papa quanto sia penoso lo stato della città che un tempo era felice spiritualmente e corporalmente. Ora però essa è infelice sia corporalmente che spiritualmente; corporalmente perché i suoi principi mondani, che dovrebbero essere i suoi difensori, sono divenuti i suoi più terribili rapinatori; per questo le case sono distrutte e molte chiese che custodiscono le spoglie mortali dei santi vengono devastate. I santuari della città, dopo che i tetti sono crollati e le porte divelte, sono divenuti le latrine di uomini, cani e bestie. Spiritualmente la città è infelice perché molte leggi emanate da santi pontefici su ispirazione dello Spirito Santo a lode di Dio e per la salvezza dell'anima immortale non hanno più validità. Al posto loro sono subentrati, su ispirazione di spiriti malvagi, abusi e malcostume a disonore di Dio e per la rovina delle anime. Una legge della santa Chiesa prevedeva per esempio che i chierici venissero consacrati, poi conducessero una vita devota, servissero Dio con la preghiera e indicassero con le buone opere la via per la patria celeste. Adesso però è subentrato il gravissimo abuso in base al quale i beni della chiesa vengono affidati a laici non consacrati, i quali per poter essere considerati chierici non si sposano, ma che senza alcuna vergogna si portano in casa e nel letto delle prostitute, e tuttavia dicono: «A noi non è lecito vivere una vita coniugale perché siamo canonici». Anche i sacerdoti, i diaconi e i sottodiaconi evitavano un tempo la vergogna di una vita impura; oggi alcuni di loro si vantano addirittura di far vedere in giro le loro prostitute col ventre gonfio e non si vergognano se uno dei loro amici sussurra loro nell'orecchio: «Vedi, illustrissimo signore, presto ti nascerà un figlio o una figlia!». Sarebbe più giusto che fossero chiamati servi del diavolo piuttosto che sacerdoti consacrati.
Il santo fondatore Benedetto e altri padri hanno, col permesso dei vescovi, stabilito regole e fondato monasteri in cui gli abati vivevano con i loro confratelli, pregavano di giorno e di notte e conducevano un'esemplare vita monastica. Era veramente una gioia visitare i monasteri in cui i monaci cantavano le lodi di Dio e con l'esempio della loro purissima vita inducevano i peccatori a migliorarsi. Anche i buoni ne venivano rafforzati nella loro fede e nella loro condotta. Le anime del purgatorio ottenevano la pace eterna grazie alle preghiere di questi religiosi. Un tempo ogni monaco che viveva in base a queste regole era tenuto in grande considerazione ed era amato da Dio e dagli uomini. Chi invece non si preoccupava di attenersi alle regole, era disprezzato. Un tempo si riconosceva il monaco anche dall'abito. Oggi al posto di queste regole sono subentrati in molti casi miserevoli abusi. Gli abati vivono nei loro castelli, dentro e fuori la città, nel modo che vogliono. È quindi doloroso visitare i cenobi, poiché solo pochissimi monaci, e a volte addirittura nessuno, pregano nel coro alle ore stabilite. Nei monasteri si legge e si studia pochissimo, non si canta quasi più, in certi giorni non si dice neppure messa. 1 buoni si sentono oppressi dalla cattiva fama dei monaci malvagi, i malvagi diventano sempre più malvagi. C'è da temere che le preghiere di questi monaci possano aiutare ben poco le anime del purgatorio. Molti monaci hanno la loro abitazione privata in città; ognuno ha la propria casa; molti di loro, quando gli amici li vanno a trovare, abbracciano i loro figli e dicono tutti felici: «Guarda, questo è mio figlio!». 1 monaci non si riconoscono più dagli abiti e addirittura dopo il tramonto del sole portano addosso un'arma per fare quello che loro meglio aggrada. Un tempo c'erano dei santi che rinunciavano a grandi ricchezze e vivevano una vita ascetica senza curarsi dei beni materiali. Vestivano poveramente e conducevano una vita pura. Questi santi e i loro confratelli vengono per questo chiamati monaci mendicanti, i papi avevano confermato con gioia le regole del loro ordine e gli appartenenti all'ordine avevano accettato volentieri un simile genere di vita a maggior gloria di Dio e per la salvezza dell'anima immortale. Oggi però si è colti da tristezza vedendo come sono degradate e non più seguite queste regole che un tempo Agostino, Domenico e Francesco stabilirono per ispirazione dello Spirito Santo e che furono seguite volentieri da uomini e donne ricchi e nobili. Oggi molti monaci fanno tutto ciò che l'ordine vieta di fare e addirittura si vantano di usare per le loro vesti stoffe più preziose e costose di quelle usate per gli abiti dei ricchi vescovi.
Grazie a san Gregorio Magno e altri santi, a Roma furono edificate case femminili di clausura; le monache che vi vivevano non erano mai state viste da nessuno. Ora però in questi monasteri si commettono gravi abusi, perché le loro porte si aprono indifferentemente per religiosi e laici, anche di notte; le monache lasciano entrare chiunque loro piaccia. Di conseguenza questi edifici assomigliano più a case di piacere che a santi conventi...
La lettera di Brigida continua lamentando gravi mancanze da parte di religiosi e laici cristiani: i padri confessori accettano denaro da coloro che vanno a confessarsi; soltanto una persona su cento si confessa e si comunica; il matrimonio religioso ha perso ogni significato e spesso nella stessa casa convivono moglie e amante; durante il periodo di Quaresima molte persone giovani e sane mangiano carne; il giorno festivo non viene osservato e non pochi ricchi costringono i loro sottoposti a lavorare anche la domenica e i giorni festivi. Infine i cristiani praticano l'usura come i giudei, comportandosi sovente assai peggio di loro.
L'Eccellenza vostra non si meravigli quindi - continua la lunga lettera di Brigida - se a causa di questi abusi ho definito Roma una città infelice. C'è da temere che la fede cristiana in breve tempo cada in oblio se non interviene qualcuno che ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso e che ponga fine a ogni abuso. Abbiate quindi compassione della Chiesa e di quelli del suo clero che amano ancora Dio con tutto il cuore e disdegnano le cattive abitudini sopra menzionate, che a causa dell'assenza del papa sono come orfani e che tuttavia hanno difeso con amore e fedeltà infantile il trono del Santo Padre, si sono opposti a tutti i traditori e ne hanno ricavato molte pene e difficoltà.
Quanto al pontefice, Brigida riceve per lui dal Signore una rivelazione molto severa:
Mi rammarico con te, o capo della mia Chiesa, tu che siedi sul seggio che ho donato a Pietro e ai suoi successori perché abbiano una triplice dignità: primo, perché abbiano il potere di legare e slegare le anime dal peccato; secondo, perché aprano il cielo ai penitenti; terzo, perché lo chiudano ai maledetti e a coloro che mi disprezzano. Ma tu che devi liberare le anime e presentarmele, tu ne sei il carnefice; poiché io ho nominato Pietro pastore e guardiano del mio gregge, e tu ne sei il dissipatore e colui che lo ferisce. Tu sei peggio di Lucifero, perché lui mi invidiava e desiderava uccidere soltanto me per regnare al mio posto, mentre tu non solo mi uccidi, ma uccidi anche le anime col tuo cattivo esempio. Io ho guadagnato le anime col mio sangue e te le ho affidate come un fedele amico; ma tu le abbandoni a un nemico dal quale io le avevo liberate. Tu sei più ingiusto di Pilato, che non condannò a morte altri che me; tu non solo giudichi me pur non avendo al riguardo alcun potere, ma condanni anche le anime innocenti e perdoni i colpevoli. Tu mi sei più nemico di Giuda, che vendette me solo; tu vendi anche le anime dei miei eletti per desiderio di guadagno e per vanità. Tu sei più abominevole di coloro che crocifissero il mio corpo, perché crocifiggi e punisci le anime dei miei eletti. E poiché tu sei simile a Lucifero, più ingiusto di Pilato, più crudele di Giuda, più abominevole di chi mi crocifisse, io con ragione mi lamento di te".
Parole chiare e dure, che in questa come in altre occasioni Brigida non ebbe paura di indirizzare ai pontefici per indurli a tornare sulla retta via. Ma le preoccupazioni religiose, politiche e sociali di Brigida non si concentrarono solo sulla situazione di Roma, del papa e della Chiesa: andarono ben oltre. La deposizione del suo segretario Petrus di Alvastra fatta alla Curia romana nel 1380 e contenuta negli Atti del processo di ca
nonizzazione ci informa infatti che Brigida fu in corrispondenza con molte personalità religiose e politiche. Leggiamo infatti: Brigida impetrò da Dio molte risposte per papa Urbano V e papa Gregorio XI e per i regnanti di Svezia, cioè il re Magnus e la regina sua sposa, e per il nuovo re di Cipro e sua madre Eleonora e per la regina Giovanna di Napoli e per molti baroni e prelati e gente del popolo e religiosi e altre persone spirituali del regno di Svezia e della città di Roma e dei regni di Sicilia e di molti altri regni e province, che la interrogavano come profetessa di Dio sui loro dubbi e desideravano avere una risposta da Dio attraverso di lei. Per tutti costoro ella impetrò molte e diverse risposte da Dio, utili e belle per la direzione della vita e dei costumi e per chiarire i loro dubbi".
Questo brano consente di capire quanto Brigida fosse nota, stimata e da qualcuno anche temuta per le sue doti profetiche e il suo altissimo profilo morale. Brigida sentiva di essere chiamata a far conoscere la volontà del Signore ai grandi della terra e lo fece sempre con coraggio, senza lasciarsi intimorire da niente e da nessuno, aiutata certamente in questo dalla consapevolezza del proprio rango e dall'abituale frequentazione di sovrani, nobili e alti prelati.
Verso la metà dell'anno giubilare 1350 Brigida trascorse un periodo abbastanza lungo all'abbazia di Farfa, in Sabina, nel ducato di Spoleto, dove regnava la più grande decadenza di costumi. A inviarla fu il Signore stesso, affinché intervenisse presso i monaci.
L'abbazia benedettina di Farfa, oggi in provincia di Rieti, fu fondata nel VI secolo e ricostruita in quello successivo. Aveva conosciuto un grande splendore tra il IX e 1'XI secolo, quando aveva partecipato alle lotte politiche ed esteso i suoi possedimenti all'Abruzzo e alle Marche. Inoltre gli imperatori tedeschi, a partire da Carlo Magno, le avevano concesso grandi privilegi. In questo centro religioso e culturale, che nel medioevo era stato di primaria importanza, era adesso penetrato lo spirito mondano: l'abate viveva come un principe secolare e i suoi frati si comportavano di conseguenza.
Leggiamo nelle Rivelazioni:
Il fuoco che era emanato da san Benedetto accese tre specie di uomini, che possono essere considerati tre diverse qualità di combustibile. Innanzitutto coloro che bruciarono come l'incenso e abbandonarono il mondo per amor di Dio. Poi quelli che bruciarono come erba secca, rinunciando al mondo disgustati dalla vanità di tutto. E infine quelli che bruciarono come rami di ulivo con chiara e pura fiamma ed erano pronti a morire per Cristo. Così furono i primi benedettini: monaci, asceti, missionari. Ma ora lo spirito di san Benedetto ha abbandonato i suoi figli. Le fiaccole spente giacciono a terra e non danno più luce; emanano soltanto il fumo dell'impurità e della concupiscenza.
La visita di Brigida non fu gradita; poiché all'abbazia non era prevista la presenza di donne, la principessa svedese fu ospitata in un magazzino esterno, un autentico vile tugurium, come dicono gli Atti del processo, ma il Signore stesso le spiegò in una visione che quel soggiorno sarebbe stato per lei quanto mai salutare, perché le avrebbe permesso di capire i disagi sopportati dai santi eremiti.
Il soggiorno di Brigida a Farfa fu per molti aspetti penoso, perché la sua opera moralizzatrice incontrò resistenza. In una rivelazione relativa a questo periodo leggiamo infatti:
La Vergine chiese a Brigida: «Quale cosa ti sembra che vi sia da rimproverare a questo abate?». Rispose la santa: «Che molto di rado celebra la messa». Rispose la Vergine: «In questo non è meritevole di rimprovero, poiché molti, consapevoli della loro cattiva vita, ragionevolmente si astengono dal celebrare, e perciò non sono da rimproverarsi. Che altro giudichi meritevole di correzione?». Rispose la santa: «Che non porta le vesti secondo le regole del suo istituto, ma troppo delicate e molli». Disse la Vergine: «Anche questo può accadere che sia senza peccato, poiché la consuetudine così comporta. Sono molto più meritevoli di castigo coloro che introdussero ciò contro ogni regola. Ascoltami ora e io ti manifesterò per quali cose sia degno di severissimo castigo. La prima perché il suo cuore, che dovrebbe essere trono di Dio, è posseduto dalle meretrici; secondo, perché nato da umili e poveri genitori, ambisce di farsi ricco nella religione, mentre ha promesso di osservare la povertà e di rinnegare se stesso; terzo, perché avendo avuto dal suo creatore un'anima così bella, l'ha orribilmente deformata; non si lusinghi nel vedersi stimato e applaudito dagli uomini, poiché dall'altissimo Dio giudice è disistimato per la sua superbia e quando verrà il suo tempo si troverà senza merito alcuno».
Brigida presentò questa rivelazione all'abate, aggiungendo che era suo dovere dare buon esempio ai suoi monaci, ma non ottenne alcun risultato. Alla futura santa fu però riservata una grande consolazione, perché proprio a Farfa rivide sua figlia Caterina, venuta a Roma dalla Svezia con un gruppo di pellegrini. Caterina era sposata con Eggert von Kyren, parente del re, che non l'aveva potuta accompagnare perché al momento della partenza era malfermo in salute.
Giunta a Roma, Caterina si era subito messa alla ricerca della madre, senza trovarla. Un giorno però in San Pietro aveva incontrato Petrus di Alvastra che, dopo aver accompagnato Brigida a Farfa, spinto da impulso irresistibile era ritornato brevemente in città; l'incontro apparentemente casuale con Caterina, preoccupatissima per non aver trovato la madre a Roma, gli aveva fatto capire il motivo del suo inspiegabile desiderio di rientrare a Roma. Petrus condusse subito Caterina a Farfa da Brigida e le cronache narrano che dopo l'arrivo della giovane, che era bellissima, l'accoglienza riservata dall'abate alle due donne fu più ospitale e generosa.
In base alla deposizione di Caterina stessa al processo, dopo qualche tempo Brigida apprese in visione che Eggert era morto il venerdì santo di quell'an no 19; chiese allora alla figlia, che era appena diciottenne, se desiderasse passare a seconde nozze oppure consacrarsi al Signore. Caterina non ebbe esitazioni ed espresse subito il desiderio di restarle accanto e di servire con lei il Signore. All'inizio dell'autunno del 1350 tornò infatti a Roma con Brigida e fu la compagna fedele dell'ultima parte della sua vita; l'accompagnò anche in Terra Santa e un anno dopo la sua morte ne riportò i resti mortali a Vadstena.
Durante il soggiorno romano a Brigida non mancarono le preoccupazioni e in più di un'occasione a quelle spirituali si aggiunsero quelle materiali. Precaria fu spesso per esempio la situazione finanziaria. La futura santa faceva infatti molte elemosine e, a causa delle difficoltà di trasporto, il denaro che le veniva inviato dalla Svezia arrivava a Roma in maniera assai irregolare. In un'occasione particolarmente difficile Brigida si rivolse alla Madre di Dio ed ebbe questa risposta: «Non ti preoccupare per la giornata di domani, perché anche se non ti rimanesse altro che il nudo corpo, devi avere fiducia nel Signore. Lui che nutre i passeri, provvederà anche a voi che ha redento col proprio sangue». Brigida chiese ancora: «Che cosa mangeremo domani?». E la risposta fu questa: « Se veramente non avete più niente, chiedi l'elemosina nel nome di Cristo». Brigida seguì il consiglio e non si vergognò di chiedere umilmente l'elemosina insieme ad altri mendicanti davanti alla chiesa di San Lorenzo in Panisperna.
Altre volte il denaro necessario arrivò in maniera miracolosa. Per esempio, un giorno che in casa mancava il necessario, Brigida mandò sua figlia Caterina in San Pietro insieme ad alcune devote signore romane. Mentre pregavano davanti alla tomba dell'apostolo, si videro davanti una signora sconosciuta vestita di un abito bianco e di un mantello nero. La sconosciuta portava sul capo un velo bianco. La signora si rivolse a Caterina e le chiese di pregare «per la norvegese». Caterina le chiese allora da dove venisse, e la sconosciuta rispose che veniva dalla Svezia. Disse poi che la moglie di suo fratello Karl, il figlio maggiore di Caterina, era morta e aggiunse: «Pregate per la norvegese! Presto riceverete notizie e aiuti dalla patria, perché la norvegese ha lasciato a voi la collana d'oro che era solita portare». Subito dopo la sconosciuta signora scomparve. Poco tempo dopo questo episodio arrivò dalla Svezia Ingwald Anundsson, buon amico di Caterina, che annunciò la morte di Guydda, la moglie di Karl. Guydda era norvegese. Ingwald portava con sé la collana d'oro della defunta. Questo gioiello aveva un valore così alto che, vendendolo, col ricavato Brigida, sua filia e il seguito poterono vivere per un anno intero.
Un'altra preoccupazione venne dalla casa in quanto, dopo quattro anni di soggiorno nel palazzo del cardinale Hugo di Beaufort, Brigida fu costretta a cercare un nuovo alloggio per sé, la figlia e il seguito. Un inviato del cardinale le comunicò infatti, piuttosto bruscamente, di liberare l'appartamento nel giro di un mese.
Ecco come sono narrati i fatti nelle Rivelazioni: Quando udì queste parole, si turbò, poiché aveva presso di sé la sua bella, giovane e nobile figlia, la cui vista infondeva gioia in ognuno. Temeva di non riuscire a trovare un'abitazione analoga che le consentisse di tenere alto l'onore suo e di sua figlia. In lacrime pregò Dio che l'aiutasse. Il Signore però volle mettere alla prova la sua serva e così le parlò: «Vai e cerca per tutto questo mese, percorri con il tuo confessore tutta la città per vedere se riuscite a trovare un'altra casa adatta a voi». Ella ubbidì e per tutto il mese girò con dolore e preoccupazione per la città insieme al maestro Petrus e al padre spirituale Petrus di Alvastra; non riuscì però a trovare nessuna casa adatta. Quando sua figlia Caterina si accorse delle preoccupazioni della madre, si afflisse per il suo onore e pianse. Due giorni prima della fine del mese fece preparare i bagagli per lasciare la casa e traslocare in una locanda. Oppressa dal dolore si rivolse di nuovo al cielo e chiese aiuto piangendo e pregando. Allora le apparve Cristo e così le parlò: «Tu sei turbata perché non riesci a trovare una casa adatta. Sappi che io l'ho consentito per la tua salvezza e la tua edificazione, affinché tu conosca per esperienza la miseria e la sofferenza che i poveri pellegrini debbono sopportare lontano dalla loro patria, ed impari quindi ad avere compassione. Sappi anche che non sarai mandata via dalla tua casa, ma sarai informata da parte del proprietario che potrai rimanervi ancora temporaneamente ...».
Le cose andarono come il Signore aveva annunciato; inoltre qualche tempo dopo una vedova romana di nome Francesca Papazzuri, che conosceva bene Brigida e le era devota, le offrì la propria casa nelle vicinanze di Campo dei Fiori e della chiesa di San Lorenzo in Damaso. In questa casa, comoda, spaziosa e cinta da un solido muro, costituita da un edificio principale, da tre case minori e da una torre, Brigida visse fino alla morte con la figlia e con i sacerdoti che l'accompagnavano. È la stessa casa che, ampliata e ristrutturata, ospita oggi le suore brigidine. Le stanze in cui vissero Brigida e Caterina sono ancora perfettamente conservate. Nella nuova abitazione Brigida ospitò spesso parenti, amici e pellegrini svedesi, e anche poveri e ammalati.
Nel 1355 Brigida ebbe la gioia di rivedere anche il figlio Birger, venuto a Roma per farle visita. Una prova del soggiorno romano di Birger, e insieme una testimonianza della stima di cui godeva Brigida, è rappresentata da una lettera datata 14 ottobre 1355 e firmata da papa Innocenzo VI. Poiché Birger si era trovato in difficoltà finanziarie e non sapeva come affrontare il lungo viaggio di ritorno, il pontefice - forse sollecitato da Brigida - venne in suo aiuto e con la lettera sopra citata diede incarico al governatore di Perugia di fargli versare da una banca romana la somma di quattrocento fiorini d'oro, «come nostro gentile dono».
Dai pellegrini svedesi che venivano a Roma, Brigida era tenuta al corrente della situazione politica della sua patria, che ebbe sempre molto a cuore. Da Roma seguì la decadenza di re Magnus, che all'inizio del 1353 aveva ottenuto in prestito da papa Innocenzo VI il denaro raccolto in Svezia e Norvegia per l'obolo di San Pietro. Si trattava di una grossa cifra che il re avrebbe dovuto restituire a breve scadenza, entro quello stesso anno. Poiché nonostante gli appelli del papa il denaro non veniva restituito, nel 1358 re Magnus fu scomunicato. Con grande mancanza di umiltà continuava però a frequentare la chiesa, benché non ne avesse più il diritto. La scomunica, che aveva addolorato moltissimo Brigida, fu revocata nel 1360, ad avvenuta restituzione al papa della somma ricevuta in prestito.
C'erano poi le questioni politiche. Nel 1356 Erik, figlio maggiore di Magnus e figlioccio di Brigida, si era proclamato re degli svedesi, opponendosi al padre. Padre e figlio si erano poi riconciliati, ma Erik era morto presto. Re Magnus aveva anche ceduto al re di Danimarca la Scania, la provincia più meridionale, più ricca e fiorente della penisola scandinava, e l'isola di Gotland, conquistate dagli svedesi a caro prezzo. Assai preoccupata per questa situazione, Brigida decise allora di scrivere una lettera ai nobili svedesi, dei quali faceva parte anche suo figlio Karl, sollecitandoli a recarsi dal re e dirgli quanto segue:
Si tratta della salvezza della vostra anima, non c'è persona in Svezia o all'estero che abbia fama così cattiva come voi. Si dice di voi che abbiate commercio carnale con persona del vostro sesso, e ciò non pare incredibile poiché vi sono intorno a voi uomini che voi amate più di Dio, della vostra anima e di vostra moglie. Inoltre vi venne interdetto di entrare in chiesa, ma voi continuate ad ascoltare la santa messa come prima. Terzo e quarto, voi avete dilapidato i beni e le terre della corona e siete stato un traditore verso la Scania e quei vostri funzionari e sudditi che hanno servito voi e vostro figlio, e vorrebbero continuare a servire voi e vostro figlio, rimanere sotto la corona di Svezia e combattere contro i nemici della Svezia. Costoro li avete abbandonati in balìa del peggiore dei loro nemici, in modo che non potranno mai essere sicuri della loro vita e dei loro beni finché egli vivrà.
Se siete disposto a far penitenza dei vostri delitti e peccati e a riconquistare quello che è perduto, siamo pronti a servirvi. Se non ve ne sentite capace, cedete la corona al figlio e andatevene. Ovvero, restate nel Paese purché vostro figlio giuri che si accingerà a riconquistare i territori perduti, che ascolterà i consigli dei suoi ministri e renderà giustizia al popolo. Diversamente un altro sarà eletto re al suo posto, perché la mano di Dio pesa ugualmente sul vecchio come sul giovane e può fare scacciare l'uno e l'altro.
La lettera di Brigida arrivò in Svezia nel 1365. Poco tempo dopo apparve il Libellus de Magno Erici Rege, uno scritto polemico della nobiltà svedese contro re Magnus certamente influenzato dalla missiva della veggente: vi si ritrovano sia le accuse politiche sia quelle di omosessualità e di partecipazione alla messa nonostante la scomunica.
Un altro elemento a favore del sostegno dato da Brigida all'opposizione aristocratica contro re Magnus è il seguente: l'esercito di Alberto di Meclemburgo, invitato dai nobili, che batté e fece prigioniero re Magnus nella battaglia di Gata, era comandato da Karl Ulfsson Sparre, parente di Brigida in quanto marito di Elena, figlia di suo fratello Israel. Nel 1369, quando Karl e Birger raggiunsero la madre Brigida a Roma per accompagnarla nel viaggio in Terra Santa, re Magnus era ancora prigioniero nella torre del castello di Stoccolma. Fu liberato solo nel 1371, ma dovette rinunciare alla corona di Svezia per sé e per suo figlio.
Come una sedia ha quattro gambe e un sedile, così anche la mia sedia, quella che ho dato al papa, deve avere quattro gambe, cioè umiltà, obbedienza, giustizia e misericordia, e il sedile dovrebbe essere fatto di divina saggezza e amore di Dio. Ora però questa sedia è stata dimenticata e al suo posto ne è stata adottata un'altra dove l'orgoglio sostituisce l'umiltà, l'ostinazione l'obbedienza, l'avidità di ricchezza la giustizia, l'ira e la malevolenza la misericordia, mentre chi la occupa non aspira ad altro che ad essere chiamato saggio e maestro secondo il metro umano.
Brigida sapeva anche che il papa non sarebbe stato a Roma per il giubileo: lui stesso l'aveva detto molto chiaramente al vescovo Hemming e a Petrus di Alvastra quando si erano recati ad Avignone a portargli i suoi messaggi. E a causa di questa assenza la futura santa esitava ad affrontare il pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno santo. Gesù però così le parlò in visione:
Io sono il Figlio del Dio vivente. La Regola dell'ordine che ti è stata data deve essere confermata dal mio rappresentante, che nel mondo è chiamato papa, poiché egli ha il potere di legare e sciogliere al posto mio e deve rendermene conto davanti a tutte le mie schiere celesti... Inoltre il papa deve permettere che nel luogo che ti è stato mostrato quando ricevesti la Regola venga edificato un monastero; poiché proprio là deve prendere inizio questa Regola.
In un'altra visione le fu ordinato dal Signore di recarsi a Roma come sua ambasciatrice, di restarci finché non avesse visto il papa e l'imperatore e di dire loro da parte sua le parole che lui le avrebbe ispirato,. Questa profezia si realizzò, anche se - finché Brigida fu in vita - il ritorno a Roma di papa Urbano V fu solo temporaneo. L'imperatore che Brigida vide fu Carlo IV, detto il Boemo perché nato a Praga e sovrano di Boemia.
Conosciuta la volontà di Dio, Brigida si affrettò a fare i preparativi per il lungo viaggio. I motivi per andare a Roma erano molteplici: partecipare al giubileo, sollecitare presso la Curia romana la conferma papale del suo ordine, lavorare per il ritorno del papa; Brigida desiderava inoltre ampliare il proprio orizzonte spirituale e accrescere lo spazio del proprio apostolato.
La partenza avvenne all'inizio dell'autunno del 1349: Brigida non avrebbe più rivisto la sua patria. Insieme a lei partirono il segretario Petrus di Alvastra e il confessore Petrus di Skànninge; si unì a loro anche un altro sacerdote svedese di nome Magnus Persson, che seguì poi Brigida in Terra Santa. Facevano inoltre parte del piccolo gruppo di pellegrini il sacerdote Gudmar Fredriksson, che fu in seguito monaco a Vadstena, la giovane signora Ingeborg Laurensdotter e alcuni servitori. Nessun membro invece della famiglia di Brigida.
Prima di lasciare la Svezia, Brigida volle salutare il maestro Matthias: non l'avrebbe più rivisto, perché l'anziano teologo sarebbe morto l'anno successivo.
Non si sa con certezza quale sia stato l'esatto percorso dei pellegrini: certamente essi si imbarcarono a Kalmar, sulla costa sud-orientale della Svezia, e sbarcarono sulla costa baltica tedesca.
I Paesi che Brigida attraversò erano in quel tempo sconvolti dalla peste nera, che a partire dal 1350 imperversò anche in Svezia, mietendo innumerevoli vittime. Nella primavera di quello stesso anno re Magnus infatti informò tutta la popolazione che l'epidemia, proveniente dalla Norvegia dove il germe era giunto nell'estate del 1349 con una nave inglese carica di tessuti di lana, stava avvicinandosi al regno svedese.
La medicina del tempo era impotente nei confronti della peste: non si poteva far altro che pregare. At traversando le terre tedesche, le più colpite dal morbo (la popolazione ne risultò dimezzata), i viaggiatori svedesi incontrarono infatti numerose schiere di penitenti e flagellanti, e anche gruppi di pellegrini che come loro si recavano a Roma.
Mentre attraversavano la Svevia, avvenne un episodio che è stato riportato da varie fonti e che è all'origine della fondazione, avvenuta nel secolo successivo, di un importante convento brigidino. Giunti nel sud della Germania, i pellegrini svedesi fecero tappa nella cittadina di Mayingen e fecero pascolare i loro cavalli in un prato. Quando il proprietario chiese un compenso, Brigida comprò tutto il campo e lo donò alla cittadinanza. Su quell'appezzamento di terreno sorse in seguito, nel XV secolo, un convento brigidino, dal quale pochi anni dopo ebbe origine il celebre monastero di Altomúnster, presso Augusta in Baviera.
Poi finalmente, dopo aver attraversato le Alpi, i pellegrini giunsero in Italia. La prima tappa fu a Milano, per pregare nella basilica di Sant'Ambrogio. Come leggiamo nelle Rivelazioni, il grande vescovo di Milano apparve a Brigida due volte e le parlò delle carenze e dei difetti di certi pastori della Chiesa. La fortificò anche nella sua missione di conversione: «Dio ti ha chiamata affinché in spirito tu possa vedere, udire, comprendere e rivelare agli altri ciò che avrai udito».
A Milano si ammalò gravemente e poi morì Ingeborg Laurensdotter, che aveva affrontato il pellegrinaggio a Roma per ottenere l'indulgenza dei suoi peccati e soltanto con fatica aveva ottenuto dal marito il permesso di partire. Dopo la sepoltura di Ingeborg, il piccolo gruppo proseguì in direzione di Genova, sostando a Pavia per rendere omaggio a sant'Agostino, il cui corpo, portato via da Ippona per timore di atti vandalici, era giunto qui dopo una sosta a Cagliari.
A Genova i pellegrini si imbarcarono e proseguirono il viaggio per mare fino a Ostia. Roma era finalmente a portata di mano. Non immaginava, forse, la veggente svedese, che Roma sarebbe diventata la sua nuova patria e che avrebbe dovuto attendere ben diciassette anni prima di vedervi giungere un papa: Urbano V, che vi rimase meno di tre anni.
Da Ostia i pellegrini raggiunsero Roma a piedi, facendo sosta alla basilica di San Paolo per rendere omaggio all'Apostolo. Giunti in città, la prima visita fu certamente quella a San Pietro.
Brigida e i suoi trovarono alloggio all'albergo dell'Orso, sulla riva sinistra del Tevere, di fronte a Castel Sant'Angelo, dove all'incirca mezzo secolo prima, in occasione del primo anno santo della storia (il giubileo di Bonifacio VIII del 1300) aveva alloggiato anche Dante Alighieri.
Pochi giorni dopo Brigida ricevette la visita di un messo del cardinale Hugo di Beaufort, che offrì ospitalità a lei e al suo seguito nel palazzo del suo signore. Fratello di papa Clemente VI, che ben conosceva la personalità di Brigida e probabilmente desiderava usarle una cortesia, il cardinale Beaufort risiedeva in quegli anni ad Avignone e non abitava quindi il grande palazzo adiacente alla chiesa di San Lorenzo in Damaso, della quale era titolare. Nello stesso palazzo aveva sede anche la cancelleria papale.
Brigida accettò con gioia l'invito e si trasferì con i suoi accompagnatori nel vasto appartamento al primo piano, che era fornito anche di una piccola cappella. Dalla finestra della sua camera, attraverso le finestre della chiesa, Brigida poteva anche godere della vista dell'altare maggiore di San Lorenzo in Damaso. Qui abitò per quattro anni. Fu in questo palazzo che nell'anno giubilare 1350 Brigida ricevette il famoso Sermo angelicus, ovvero rivelazioni dettatele da un angelo. Alcuni capitoli dell'opera, che narra la storia di Maria, furono destinati a essere letti quotidianamente alle suore del convento di Vadstena, aperto nel 1384.
Come trascorreva le sue giornate a Roma la principessa svedese? Un brano delle Rivelazioni, che riporta le parole di Gesù stesso, lo descrive esattamente:
Vi consiglio di utilizzare per dormire le quattro ore prima della mezzanotte e le quattro dopo la mezzanotte. Chi non ne è capace, provi a desiderare di farlo e ci riuscirà. Se qualcuno è ragionevolmente in grado di dormire un po' meno, senza per questo subirne danno nelle forze fisiche e psichiche, ne avrà merito e premio. Successivamente dovete utilizzare quattro ore per pregare e dedicarvi a opere utili e benemerite, così che nessuna ora trascorra senza dare frutto. In seguito potete avere due ore per il pasto di mezzogiorno. Se userete meno tempo, ne sarete ricompensati da Dio. Questo tempo non dovete prolungarlo a meno che non ci sia un motivo ragionevole per farlo. Poi dovete dedicare sei ore a lavori necessari, consentiti o richiesti. Successivamente altre due ore per i vespri, la preghiera della sera e altre preghiere a voi gradite. Infine ancora due ore per la cena e per serene conversazioni.
Brigida pregava molto, prendeva lezioni di latino dal maestro Petrus e scriveva in svedese le rivelazioni che il suo segretario traduceva poi in latino: «Studio grammatica, prego e scrivo», leggiamo nelle Rivelazioni.
Il maestro Petrus dal canto suo ricevette dalla Santa Sede l'incarico di fare da padre spirituale a tutti i pellegrini svedesi che venivano a Roma: a loro Brigida dedicava cure e attenzioni, ospitandoli spesso nella sua casa.
Ampio spazio avevano nella giornata di Brigida anche le visite ai luoghi sacri romani, in particolare le sette chiese' e le catacombe della via Appia, dove i primi cristiani avevano trovato rifugio durante le persecuzioni.
Il maestro Petrus raccontò nella sua deposizione al processo che, in memoria delle ferite e della passione di Cristo, Brigida usava lasciarsi cadere sulla pelle nuda gocce di cera incandescente, e quando le ferite accennavano a chiudersi lei le rinnovava con le unghie, affinché il suo corpo non fosse mai senza i segni della passione. Di venerdì, in base alla testimonianza della figlia Caterina, la santa soleva anche ingerire erbe amarissime (berbam amarissimam que vocaturgenciana), in ricordo dell'amara bevanda data a Gesù durante la sua passione.
Nel XIV secolo Roma era una città trascurata e in decadenza. Alle devastazioni del terremoto del 1348 che aveva provocato pesanti danni ai monumenti e alle abitazioni, si aggiungeva la difficile situazione interna: ruberie, brigantaggio, estrema libertà di costumi. Ciò era in gran parte dovuto all'assenza del papa e all'anarchia che ne conseguiva. Roma era anche dilaniata dalle lotte tra i Colonna e gli Orsini e coinvolta nelle sommosse di Cola di Rienzo. In questo stato di cose la situazione nella città eterna non era affatto sicura neppure per i pellegrini che, nonostante l'assenza del papa, arrivavano numerosi per visitare i luoghi sacri e pregare sulle tombe degli apostoli.
Leggiamo in un'antica cronaca:
La brutale violenza aveva preso il posto del diritto; non c'era più alcuna attenzione per le leggi, nessuna protezione della proprietà, nessuna sicurezza delle persone. I pellegrini che visitavano le tombe degli apostoli venivano aggrediti e derubati, alle donne veniva usata violenza. Le chiese di Roma erano in rovina, in San Pietro e in Laterano le greggi pascolavano nell'erba che arrivava fino all'altare. Sulle colline del Campidoglio veniva coltivata la vite, il foro era stato trasformato in orto e pascolo, gli obelischi egiziani giacevano a terra, spezzati e semisepolti. Come conseguenza del trasferimento della Santa Sede, erano subentrate divisioni interne, abbrutimento generale e spopolamento".
Roma è come un campo nel quale sono cresciute rigogliose le erbacce. Di conseguenza deve prima essere purificato col ferro e col fuoco e poi arato di nuovo da un aratro trainato da una coppia di buoi. Per questa città si prepara una grande punizione disse un giorno la Vergine a Brigida. Le Rivelazioni fanno chiaramente intendere quanto Brigida pregasse e si prodigasse per porre rimedio a questa triste situazione. Non s'impegnò soltanto con la preghiera, ma agì concretamente intervenendo spesso nelle cose pubbliche e sollecitando il ritorno del papa a Roma per il bene della Chiesa e della città.
La preoccupazione di Brigida per Roma e le miserande condizioni in cui lo stato pontificio versava a causa dell'assenza del pontefice fu costante. Ne fa buona testimonianza una sua lettera indirizzata a un'alta personalità ecclesiastica, forse il vescovo di Orvieto che all'epoca svolgeva le mansioni di vicario papale. La lettera contiene la richiesta di informare il papa della situazione:
Illustrissimo signore, tra le altre notizie si faccia sapere al papa quanto sia penoso lo stato della città che un tempo era felice spiritualmente e corporalmente. Ora però essa è infelice sia corporalmente che spiritualmente; corporalmente perché i suoi principi mondani, che dovrebbero essere i suoi difensori, sono divenuti i suoi più terribili rapinatori; per questo le case sono distrutte e molte chiese che custodiscono le spoglie mortali dei santi vengono devastate. I santuari della città, dopo che i tetti sono crollati e le porte divelte, sono divenuti le latrine di uomini, cani e bestie. Spiritualmente la città è infelice perché molte leggi emanate da santi pontefici su ispirazione dello Spirito Santo a lode di Dio e per la salvezza dell'anima immortale non hanno più validità. Al posto loro sono subentrati, su ispirazione di spiriti malvagi, abusi e malcostume a disonore di Dio e per la rovina delle anime. Una legge della santa Chiesa prevedeva per esempio che i chierici venissero consacrati, poi conducessero una vita devota, servissero Dio con la preghiera e indicassero con le buone opere la via per la patria celeste. Adesso però è subentrato il gravissimo abuso in base al quale i beni della chiesa vengono affidati a laici non consacrati, i quali per poter essere considerati chierici non si sposano, ma che senza alcuna vergogna si portano in casa e nel letto delle prostitute, e tuttavia dicono: «A noi non è lecito vivere una vita coniugale perché siamo canonici». Anche i sacerdoti, i diaconi e i sottodiaconi evitavano un tempo la vergogna di una vita impura; oggi alcuni di loro si vantano addirittura di far vedere in giro le loro prostitute col ventre gonfio e non si vergognano se uno dei loro amici sussurra loro nell'orecchio: «Vedi, illustrissimo signore, presto ti nascerà un figlio o una figlia!». Sarebbe più giusto che fossero chiamati servi del diavolo piuttosto che sacerdoti consacrati.
Il santo fondatore Benedetto e altri padri hanno, col permesso dei vescovi, stabilito regole e fondato monasteri in cui gli abati vivevano con i loro confratelli, pregavano di giorno e di notte e conducevano un'esemplare vita monastica. Era veramente una gioia visitare i monasteri in cui i monaci cantavano le lodi di Dio e con l'esempio della loro purissima vita inducevano i peccatori a migliorarsi. Anche i buoni ne venivano rafforzati nella loro fede e nella loro condotta. Le anime del purgatorio ottenevano la pace eterna grazie alle preghiere di questi religiosi. Un tempo ogni monaco che viveva in base a queste regole era tenuto in grande considerazione ed era amato da Dio e dagli uomini. Chi invece non si preoccupava di attenersi alle regole, era disprezzato. Un tempo si riconosceva il monaco anche dall'abito. Oggi al posto di queste regole sono subentrati in molti casi miserevoli abusi. Gli abati vivono nei loro castelli, dentro e fuori la città, nel modo che vogliono. È quindi doloroso visitare i cenobi, poiché solo pochissimi monaci, e a volte addirittura nessuno, pregano nel coro alle ore stabilite. Nei monasteri si legge e si studia pochissimo, non si canta quasi più, in certi giorni non si dice neppure messa. 1 buoni si sentono oppressi dalla cattiva fama dei monaci malvagi, i malvagi diventano sempre più malvagi. C'è da temere che le preghiere di questi monaci possano aiutare ben poco le anime del purgatorio. Molti monaci hanno la loro abitazione privata in città; ognuno ha la propria casa; molti di loro, quando gli amici li vanno a trovare, abbracciano i loro figli e dicono tutti felici: «Guarda, questo è mio figlio!». 1 monaci non si riconoscono più dagli abiti e addirittura dopo il tramonto del sole portano addosso un'arma per fare quello che loro meglio aggrada. Un tempo c'erano dei santi che rinunciavano a grandi ricchezze e vivevano una vita ascetica senza curarsi dei beni materiali. Vestivano poveramente e conducevano una vita pura. Questi santi e i loro confratelli vengono per questo chiamati monaci mendicanti, i papi avevano confermato con gioia le regole del loro ordine e gli appartenenti all'ordine avevano accettato volentieri un simile genere di vita a maggior gloria di Dio e per la salvezza dell'anima immortale. Oggi però si è colti da tristezza vedendo come sono degradate e non più seguite queste regole che un tempo Agostino, Domenico e Francesco stabilirono per ispirazione dello Spirito Santo e che furono seguite volentieri da uomini e donne ricchi e nobili. Oggi molti monaci fanno tutto ciò che l'ordine vieta di fare e addirittura si vantano di usare per le loro vesti stoffe più preziose e costose di quelle usate per gli abiti dei ricchi vescovi.
Grazie a san Gregorio Magno e altri santi, a Roma furono edificate case femminili di clausura; le monache che vi vivevano non erano mai state viste da nessuno. Ora però in questi monasteri si commettono gravi abusi, perché le loro porte si aprono indifferentemente per religiosi e laici, anche di notte; le monache lasciano entrare chiunque loro piaccia. Di conseguenza questi edifici assomigliano più a case di piacere che a santi conventi...
La lettera di Brigida continua lamentando gravi mancanze da parte di religiosi e laici cristiani: i padri confessori accettano denaro da coloro che vanno a confessarsi; soltanto una persona su cento si confessa e si comunica; il matrimonio religioso ha perso ogni significato e spesso nella stessa casa convivono moglie e amante; durante il periodo di Quaresima molte persone giovani e sane mangiano carne; il giorno festivo non viene osservato e non pochi ricchi costringono i loro sottoposti a lavorare anche la domenica e i giorni festivi. Infine i cristiani praticano l'usura come i giudei, comportandosi sovente assai peggio di loro.
L'Eccellenza vostra non si meravigli quindi - continua la lunga lettera di Brigida - se a causa di questi abusi ho definito Roma una città infelice. C'è da temere che la fede cristiana in breve tempo cada in oblio se non interviene qualcuno che ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso e che ponga fine a ogni abuso. Abbiate quindi compassione della Chiesa e di quelli del suo clero che amano ancora Dio con tutto il cuore e disdegnano le cattive abitudini sopra menzionate, che a causa dell'assenza del papa sono come orfani e che tuttavia hanno difeso con amore e fedeltà infantile il trono del Santo Padre, si sono opposti a tutti i traditori e ne hanno ricavato molte pene e difficoltà.
Quanto al pontefice, Brigida riceve per lui dal Signore una rivelazione molto severa:
Mi rammarico con te, o capo della mia Chiesa, tu che siedi sul seggio che ho donato a Pietro e ai suoi successori perché abbiano una triplice dignità: primo, perché abbiano il potere di legare e slegare le anime dal peccato; secondo, perché aprano il cielo ai penitenti; terzo, perché lo chiudano ai maledetti e a coloro che mi disprezzano. Ma tu che devi liberare le anime e presentarmele, tu ne sei il carnefice; poiché io ho nominato Pietro pastore e guardiano del mio gregge, e tu ne sei il dissipatore e colui che lo ferisce. Tu sei peggio di Lucifero, perché lui mi invidiava e desiderava uccidere soltanto me per regnare al mio posto, mentre tu non solo mi uccidi, ma uccidi anche le anime col tuo cattivo esempio. Io ho guadagnato le anime col mio sangue e te le ho affidate come un fedele amico; ma tu le abbandoni a un nemico dal quale io le avevo liberate. Tu sei più ingiusto di Pilato, che non condannò a morte altri che me; tu non solo giudichi me pur non avendo al riguardo alcun potere, ma condanni anche le anime innocenti e perdoni i colpevoli. Tu mi sei più nemico di Giuda, che vendette me solo; tu vendi anche le anime dei miei eletti per desiderio di guadagno e per vanità. Tu sei più abominevole di coloro che crocifissero il mio corpo, perché crocifiggi e punisci le anime dei miei eletti. E poiché tu sei simile a Lucifero, più ingiusto di Pilato, più crudele di Giuda, più abominevole di chi mi crocifisse, io con ragione mi lamento di te".
Parole chiare e dure, che in questa come in altre occasioni Brigida non ebbe paura di indirizzare ai pontefici per indurli a tornare sulla retta via. Ma le preoccupazioni religiose, politiche e sociali di Brigida non si concentrarono solo sulla situazione di Roma, del papa e della Chiesa: andarono ben oltre. La deposizione del suo segretario Petrus di Alvastra fatta alla Curia romana nel 1380 e contenuta negli Atti del processo di ca
nonizzazione ci informa infatti che Brigida fu in corrispondenza con molte personalità religiose e politiche. Leggiamo infatti: Brigida impetrò da Dio molte risposte per papa Urbano V e papa Gregorio XI e per i regnanti di Svezia, cioè il re Magnus e la regina sua sposa, e per il nuovo re di Cipro e sua madre Eleonora e per la regina Giovanna di Napoli e per molti baroni e prelati e gente del popolo e religiosi e altre persone spirituali del regno di Svezia e della città di Roma e dei regni di Sicilia e di molti altri regni e province, che la interrogavano come profetessa di Dio sui loro dubbi e desideravano avere una risposta da Dio attraverso di lei. Per tutti costoro ella impetrò molte e diverse risposte da Dio, utili e belle per la direzione della vita e dei costumi e per chiarire i loro dubbi".
Questo brano consente di capire quanto Brigida fosse nota, stimata e da qualcuno anche temuta per le sue doti profetiche e il suo altissimo profilo morale. Brigida sentiva di essere chiamata a far conoscere la volontà del Signore ai grandi della terra e lo fece sempre con coraggio, senza lasciarsi intimorire da niente e da nessuno, aiutata certamente in questo dalla consapevolezza del proprio rango e dall'abituale frequentazione di sovrani, nobili e alti prelati.
Verso la metà dell'anno giubilare 1350 Brigida trascorse un periodo abbastanza lungo all'abbazia di Farfa, in Sabina, nel ducato di Spoleto, dove regnava la più grande decadenza di costumi. A inviarla fu il Signore stesso, affinché intervenisse presso i monaci.
L'abbazia benedettina di Farfa, oggi in provincia di Rieti, fu fondata nel VI secolo e ricostruita in quello successivo. Aveva conosciuto un grande splendore tra il IX e 1'XI secolo, quando aveva partecipato alle lotte politiche ed esteso i suoi possedimenti all'Abruzzo e alle Marche. Inoltre gli imperatori tedeschi, a partire da Carlo Magno, le avevano concesso grandi privilegi. In questo centro religioso e culturale, che nel medioevo era stato di primaria importanza, era adesso penetrato lo spirito mondano: l'abate viveva come un principe secolare e i suoi frati si comportavano di conseguenza.
Leggiamo nelle Rivelazioni:
Il fuoco che era emanato da san Benedetto accese tre specie di uomini, che possono essere considerati tre diverse qualità di combustibile. Innanzitutto coloro che bruciarono come l'incenso e abbandonarono il mondo per amor di Dio. Poi quelli che bruciarono come erba secca, rinunciando al mondo disgustati dalla vanità di tutto. E infine quelli che bruciarono come rami di ulivo con chiara e pura fiamma ed erano pronti a morire per Cristo. Così furono i primi benedettini: monaci, asceti, missionari. Ma ora lo spirito di san Benedetto ha abbandonato i suoi figli. Le fiaccole spente giacciono a terra e non danno più luce; emanano soltanto il fumo dell'impurità e della concupiscenza.
La visita di Brigida non fu gradita; poiché all'abbazia non era prevista la presenza di donne, la principessa svedese fu ospitata in un magazzino esterno, un autentico vile tugurium, come dicono gli Atti del processo, ma il Signore stesso le spiegò in una visione che quel soggiorno sarebbe stato per lei quanto mai salutare, perché le avrebbe permesso di capire i disagi sopportati dai santi eremiti.
Il soggiorno di Brigida a Farfa fu per molti aspetti penoso, perché la sua opera moralizzatrice incontrò resistenza. In una rivelazione relativa a questo periodo leggiamo infatti:
La Vergine chiese a Brigida: «Quale cosa ti sembra che vi sia da rimproverare a questo abate?». Rispose la santa: «Che molto di rado celebra la messa». Rispose la Vergine: «In questo non è meritevole di rimprovero, poiché molti, consapevoli della loro cattiva vita, ragionevolmente si astengono dal celebrare, e perciò non sono da rimproverarsi. Che altro giudichi meritevole di correzione?». Rispose la santa: «Che non porta le vesti secondo le regole del suo istituto, ma troppo delicate e molli». Disse la Vergine: «Anche questo può accadere che sia senza peccato, poiché la consuetudine così comporta. Sono molto più meritevoli di castigo coloro che introdussero ciò contro ogni regola. Ascoltami ora e io ti manifesterò per quali cose sia degno di severissimo castigo. La prima perché il suo cuore, che dovrebbe essere trono di Dio, è posseduto dalle meretrici; secondo, perché nato da umili e poveri genitori, ambisce di farsi ricco nella religione, mentre ha promesso di osservare la povertà e di rinnegare se stesso; terzo, perché avendo avuto dal suo creatore un'anima così bella, l'ha orribilmente deformata; non si lusinghi nel vedersi stimato e applaudito dagli uomini, poiché dall'altissimo Dio giudice è disistimato per la sua superbia e quando verrà il suo tempo si troverà senza merito alcuno».
Brigida presentò questa rivelazione all'abate, aggiungendo che era suo dovere dare buon esempio ai suoi monaci, ma non ottenne alcun risultato. Alla futura santa fu però riservata una grande consolazione, perché proprio a Farfa rivide sua figlia Caterina, venuta a Roma dalla Svezia con un gruppo di pellegrini. Caterina era sposata con Eggert von Kyren, parente del re, che non l'aveva potuta accompagnare perché al momento della partenza era malfermo in salute.
Giunta a Roma, Caterina si era subito messa alla ricerca della madre, senza trovarla. Un giorno però in San Pietro aveva incontrato Petrus di Alvastra che, dopo aver accompagnato Brigida a Farfa, spinto da impulso irresistibile era ritornato brevemente in città; l'incontro apparentemente casuale con Caterina, preoccupatissima per non aver trovato la madre a Roma, gli aveva fatto capire il motivo del suo inspiegabile desiderio di rientrare a Roma. Petrus condusse subito Caterina a Farfa da Brigida e le cronache narrano che dopo l'arrivo della giovane, che era bellissima, l'accoglienza riservata dall'abate alle due donne fu più ospitale e generosa.
In base alla deposizione di Caterina stessa al processo, dopo qualche tempo Brigida apprese in visione che Eggert era morto il venerdì santo di quell'an no 19; chiese allora alla figlia, che era appena diciottenne, se desiderasse passare a seconde nozze oppure consacrarsi al Signore. Caterina non ebbe esitazioni ed espresse subito il desiderio di restarle accanto e di servire con lei il Signore. All'inizio dell'autunno del 1350 tornò infatti a Roma con Brigida e fu la compagna fedele dell'ultima parte della sua vita; l'accompagnò anche in Terra Santa e un anno dopo la sua morte ne riportò i resti mortali a Vadstena.
Durante il soggiorno romano a Brigida non mancarono le preoccupazioni e in più di un'occasione a quelle spirituali si aggiunsero quelle materiali. Precaria fu spesso per esempio la situazione finanziaria. La futura santa faceva infatti molte elemosine e, a causa delle difficoltà di trasporto, il denaro che le veniva inviato dalla Svezia arrivava a Roma in maniera assai irregolare. In un'occasione particolarmente difficile Brigida si rivolse alla Madre di Dio ed ebbe questa risposta: «Non ti preoccupare per la giornata di domani, perché anche se non ti rimanesse altro che il nudo corpo, devi avere fiducia nel Signore. Lui che nutre i passeri, provvederà anche a voi che ha redento col proprio sangue». Brigida chiese ancora: «Che cosa mangeremo domani?». E la risposta fu questa: « Se veramente non avete più niente, chiedi l'elemosina nel nome di Cristo». Brigida seguì il consiglio e non si vergognò di chiedere umilmente l'elemosina insieme ad altri mendicanti davanti alla chiesa di San Lorenzo in Panisperna.
Altre volte il denaro necessario arrivò in maniera miracolosa. Per esempio, un giorno che in casa mancava il necessario, Brigida mandò sua figlia Caterina in San Pietro insieme ad alcune devote signore romane. Mentre pregavano davanti alla tomba dell'apostolo, si videro davanti una signora sconosciuta vestita di un abito bianco e di un mantello nero. La sconosciuta portava sul capo un velo bianco. La signora si rivolse a Caterina e le chiese di pregare «per la norvegese». Caterina le chiese allora da dove venisse, e la sconosciuta rispose che veniva dalla Svezia. Disse poi che la moglie di suo fratello Karl, il figlio maggiore di Caterina, era morta e aggiunse: «Pregate per la norvegese! Presto riceverete notizie e aiuti dalla patria, perché la norvegese ha lasciato a voi la collana d'oro che era solita portare». Subito dopo la sconosciuta signora scomparve. Poco tempo dopo questo episodio arrivò dalla Svezia Ingwald Anundsson, buon amico di Caterina, che annunciò la morte di Guydda, la moglie di Karl. Guydda era norvegese. Ingwald portava con sé la collana d'oro della defunta. Questo gioiello aveva un valore così alto che, vendendolo, col ricavato Brigida, sua filia e il seguito poterono vivere per un anno intero.
Un'altra preoccupazione venne dalla casa in quanto, dopo quattro anni di soggiorno nel palazzo del cardinale Hugo di Beaufort, Brigida fu costretta a cercare un nuovo alloggio per sé, la figlia e il seguito. Un inviato del cardinale le comunicò infatti, piuttosto bruscamente, di liberare l'appartamento nel giro di un mese.
Ecco come sono narrati i fatti nelle Rivelazioni: Quando udì queste parole, si turbò, poiché aveva presso di sé la sua bella, giovane e nobile figlia, la cui vista infondeva gioia in ognuno. Temeva di non riuscire a trovare un'abitazione analoga che le consentisse di tenere alto l'onore suo e di sua figlia. In lacrime pregò Dio che l'aiutasse. Il Signore però volle mettere alla prova la sua serva e così le parlò: «Vai e cerca per tutto questo mese, percorri con il tuo confessore tutta la città per vedere se riuscite a trovare un'altra casa adatta a voi». Ella ubbidì e per tutto il mese girò con dolore e preoccupazione per la città insieme al maestro Petrus e al padre spirituale Petrus di Alvastra; non riuscì però a trovare nessuna casa adatta. Quando sua figlia Caterina si accorse delle preoccupazioni della madre, si afflisse per il suo onore e pianse. Due giorni prima della fine del mese fece preparare i bagagli per lasciare la casa e traslocare in una locanda. Oppressa dal dolore si rivolse di nuovo al cielo e chiese aiuto piangendo e pregando. Allora le apparve Cristo e così le parlò: «Tu sei turbata perché non riesci a trovare una casa adatta. Sappi che io l'ho consentito per la tua salvezza e la tua edificazione, affinché tu conosca per esperienza la miseria e la sofferenza che i poveri pellegrini debbono sopportare lontano dalla loro patria, ed impari quindi ad avere compassione. Sappi anche che non sarai mandata via dalla tua casa, ma sarai informata da parte del proprietario che potrai rimanervi ancora temporaneamente ...».
Le cose andarono come il Signore aveva annunciato; inoltre qualche tempo dopo una vedova romana di nome Francesca Papazzuri, che conosceva bene Brigida e le era devota, le offrì la propria casa nelle vicinanze di Campo dei Fiori e della chiesa di San Lorenzo in Damaso. In questa casa, comoda, spaziosa e cinta da un solido muro, costituita da un edificio principale, da tre case minori e da una torre, Brigida visse fino alla morte con la figlia e con i sacerdoti che l'accompagnavano. È la stessa casa che, ampliata e ristrutturata, ospita oggi le suore brigidine. Le stanze in cui vissero Brigida e Caterina sono ancora perfettamente conservate. Nella nuova abitazione Brigida ospitò spesso parenti, amici e pellegrini svedesi, e anche poveri e ammalati.
Nel 1355 Brigida ebbe la gioia di rivedere anche il figlio Birger, venuto a Roma per farle visita. Una prova del soggiorno romano di Birger, e insieme una testimonianza della stima di cui godeva Brigida, è rappresentata da una lettera datata 14 ottobre 1355 e firmata da papa Innocenzo VI. Poiché Birger si era trovato in difficoltà finanziarie e non sapeva come affrontare il lungo viaggio di ritorno, il pontefice - forse sollecitato da Brigida - venne in suo aiuto e con la lettera sopra citata diede incarico al governatore di Perugia di fargli versare da una banca romana la somma di quattrocento fiorini d'oro, «come nostro gentile dono».
Dai pellegrini svedesi che venivano a Roma, Brigida era tenuta al corrente della situazione politica della sua patria, che ebbe sempre molto a cuore. Da Roma seguì la decadenza di re Magnus, che all'inizio del 1353 aveva ottenuto in prestito da papa Innocenzo VI il denaro raccolto in Svezia e Norvegia per l'obolo di San Pietro. Si trattava di una grossa cifra che il re avrebbe dovuto restituire a breve scadenza, entro quello stesso anno. Poiché nonostante gli appelli del papa il denaro non veniva restituito, nel 1358 re Magnus fu scomunicato. Con grande mancanza di umiltà continuava però a frequentare la chiesa, benché non ne avesse più il diritto. La scomunica, che aveva addolorato moltissimo Brigida, fu revocata nel 1360, ad avvenuta restituzione al papa della somma ricevuta in prestito.
C'erano poi le questioni politiche. Nel 1356 Erik, figlio maggiore di Magnus e figlioccio di Brigida, si era proclamato re degli svedesi, opponendosi al padre. Padre e figlio si erano poi riconciliati, ma Erik era morto presto. Re Magnus aveva anche ceduto al re di Danimarca la Scania, la provincia più meridionale, più ricca e fiorente della penisola scandinava, e l'isola di Gotland, conquistate dagli svedesi a caro prezzo. Assai preoccupata per questa situazione, Brigida decise allora di scrivere una lettera ai nobili svedesi, dei quali faceva parte anche suo figlio Karl, sollecitandoli a recarsi dal re e dirgli quanto segue:
Si tratta della salvezza della vostra anima, non c'è persona in Svezia o all'estero che abbia fama così cattiva come voi. Si dice di voi che abbiate commercio carnale con persona del vostro sesso, e ciò non pare incredibile poiché vi sono intorno a voi uomini che voi amate più di Dio, della vostra anima e di vostra moglie. Inoltre vi venne interdetto di entrare in chiesa, ma voi continuate ad ascoltare la santa messa come prima. Terzo e quarto, voi avete dilapidato i beni e le terre della corona e siete stato un traditore verso la Scania e quei vostri funzionari e sudditi che hanno servito voi e vostro figlio, e vorrebbero continuare a servire voi e vostro figlio, rimanere sotto la corona di Svezia e combattere contro i nemici della Svezia. Costoro li avete abbandonati in balìa del peggiore dei loro nemici, in modo che non potranno mai essere sicuri della loro vita e dei loro beni finché egli vivrà.
Se siete disposto a far penitenza dei vostri delitti e peccati e a riconquistare quello che è perduto, siamo pronti a servirvi. Se non ve ne sentite capace, cedete la corona al figlio e andatevene. Ovvero, restate nel Paese purché vostro figlio giuri che si accingerà a riconquistare i territori perduti, che ascolterà i consigli dei suoi ministri e renderà giustizia al popolo. Diversamente un altro sarà eletto re al suo posto, perché la mano di Dio pesa ugualmente sul vecchio come sul giovane e può fare scacciare l'uno e l'altro.
La lettera di Brigida arrivò in Svezia nel 1365. Poco tempo dopo apparve il Libellus de Magno Erici Rege, uno scritto polemico della nobiltà svedese contro re Magnus certamente influenzato dalla missiva della veggente: vi si ritrovano sia le accuse politiche sia quelle di omosessualità e di partecipazione alla messa nonostante la scomunica.
Un altro elemento a favore del sostegno dato da Brigida all'opposizione aristocratica contro re Magnus è il seguente: l'esercito di Alberto di Meclemburgo, invitato dai nobili, che batté e fece prigioniero re Magnus nella battaglia di Gata, era comandato da Karl Ulfsson Sparre, parente di Brigida in quanto marito di Elena, figlia di suo fratello Israel. Nel 1369, quando Karl e Birger raggiunsero la madre Brigida a Roma per accompagnarla nel viaggio in Terra Santa, re Magnus era ancora prigioniero nella torre del castello di Stoccolma. Fu liberato solo nel 1371, ma dovette rinunciare alla corona di Svezia per sé e per suo figlio.