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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

I PRIMI GRANDI PELLEGRINAGGI

Tutte le grandi religioni del mondo conoscono il pellegrinaggio. Da millenni gli esseri umani vanno in pellegrinaggio a luoghi sacri, tombe di personalità ve­nerate, immagini miracolose. Gli arabi si recavano al­la Mecca prima ancora di Maometto, e prima di lo­ro gli egizi al santuario di Osiride ad Abido e i popo­li della Mesopotamia a Ninive. E del resto il grande viaggio del popolo eletto dall'Egitto alla terra pro­messa altro non è che un gigantesco pellegrinaggio.

Per il cristianesimo tutta la vita umana è un pelle­grinaggio sulle orme di Cristo. I primi pellegrinaggi cristiani portarono i devoti nei luoghi dove Gesù nac­que, visse, morì e risorse. La seconda meta fu Roma, la città nella quale gli apostoli Pietro e Paolo aveva­no subito il martirio e in cui si trovavano le loro tom­be. Nell'VIII secolo si aggiunse Santiago de Compo­stela, dove si trova la tomba dell'apostolo Giacomo.

Nel medioevo le mete principali dei pellegrinaggi erano indicate con le tre parole latine Deus, Angelus e Homo. Con la prima si intendeva la Terra Santa; An­gelus indicava Monte Sant'Angelo al Gargano, nelle Puglie, dove in una grotta era apparso più volte l'ar­cangelo Michele luogo, estremamente suggestivo, è tuttora veneratissimo. Homo infine indicava le tom­be degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e quella di San Giacomo in Spagna.

Il pellegrinaggio caratterizza in modo particolare la devozione cristiana medievale: grandi pellegrinaggi a cavallo, in carrozza o più spesso a piedi, che per me­si e anche anni portavano i pellegrini lontano dalla fa­miglia, dalla casa e della patria. Si andava in pellegri­naggio per motivi assai diversi: come penitenza (a vol­te invece che con la prigione i delitti venivano scon­tati con un pericoloso pellegrinaggio), per implorare la guarigione da qualche grave malattia, propria o al­trui, per chiedere lumi riguardo a decisioni importanti da prendere, oppure ancora per pregare sulla tomba di un santo e implorarne la protezione.

Intraprendere uno di questi pellegrinaggi significa­va mettersi in viaggio per terre lontanissime, anche ol­tremare, dov'erano in agguato pericoli di ogni gene­re, dai predoni alle malattie, senza la certezza del ri­torno. Il pellegrinaggio era quindi rischio e avventu­ra; era però anche un'occasione unica di conoscere il mondo, di misurarsi con se stessi e venire in contat­to con uomini, paesi e costumi diversi, così che non è azzardato dire che il primo passo verso la recipro­ca conoscenza dei popoli d'Europa fu rappresentato proprio dai pellegrinaggi, in particolare quello, fre­quentatissimo, a Santiago de Compostela.

Brigida fu una grande pellegrina. Nel 1338 visitò con il marito la tomba di re Olaf II, il Santo di Nor­vegia, morto nel 1030, che aveva portato avanti nel­le terre nordiche l'opera di cristianizzazione iniziata da Olaf I. Nel medioevo la sua tomba nel duomo di Trondheim era meta di innumerevoli pellegrini pro­venienti da tutta la Scandinavia. Brigida e U1f fecero tutto il percorso a piedi, impiegando oltre un mese per superare la gelida catena di montagne che separa la Svezia dalla Norvegia e raggiungere Trondheim. Sulla tomba di Olaf Brigida pregò per la Svezia, gover­nata da un re discutibile.

Rinfrancata nello spirito, al ritorno dalla Norvegia Brigida riprese il suo posto alla corte svedese, che tut­tavia abbandonò definitivamente l'anno successivo, essendosi convinta dell'inutilità dei suoi sforzi per ri­portare i due giovani sovrani a una vita più seria e co­struttiva.

Ed ecco di nuovo la vita familiare, l'intimità con Ulf, la cura dei figli, le opere di pietà, le visite a mo­nasteri e conventi, luoghi di cultura e spiritualità.

Nel 1341, anche per celebrare le nozze d'argento, Brigida e Ulf decisero di intraprendere il pellegrinag­gio alla tomba dell'apostolo Giacomo in Galizia. Nel­la famiglia di Brigida il pellegrinaggio a Compostela era una tradizione: vi si erano recati suo padre, suo nonno, suo bisnonno. Deciso il viaggio, Brigida e Ulf sistemarono quindi ancora una volta i figli: Karl e Binger restarono a casa con i precettori, le figlie Ce­cilia e Caterina furono ospitate in conventi femmini­li per studiare, Ingeborg aveva da poco preso il velo e Bengt, che aveva appena otto anni, accompagnò i genitori fino al monastero di Alvastra, dove fu affi­dato ai monaci dell'ordine di San Bernardo.

Della piccola comitiva in viaggio per Santiago de Compostela faceva parte, in qualità di confessore, un monaco cistercense di Alvastra, frate Svenung, che fu in seguito testimone della santità di Brigida.

Per raggiungere Santiago i pellegrini seguirono la strada che attraversa Germania, Francia e Spagna. Il lungo viaggio fu occasione di visite ad altri luoghi sa­cri. Il primo tratto fu percorso per mare; sbarcati in un porto del Baltico, attraversarono la Germania e rag­giunsero Colonia, dove venerarono le reliquie dei tre re Magi. I loro corpi erano stati portati nel X secolo a Bisanzio e di qui a Milano, nella basilica di Sant'Eu­storgio. Nel 1162 il Barbarossa aveva saccheggiato la città e portato via le sacre reliquie, che furono collo­cate in un prezioso scrigno nel duomo di Colonia.

Un'altra tappa fu fatta ad Aquisgrana, per visitare la tomba di Carlo Magno; fu quindi la volta di Tara­scona, nella cui chiesa riposa santa Marta, sorella di Maria di Betania e di Lazzaro. Forse i pellegrini sve­desi si recarono anche alle Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, dove, secondo la leggenda, sarebbero sbarcate, dopo aver preso la via dell'esilio, Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e Maria Salo­me. Poi finalmente Compostela.

Brigitta e Ulf affrontarono ancora una volta il viag­gio a piedi, vestiti poveramente, mescolati a un grup­po di pellegrini. Il pellegrinaggio a Santiago fu, per i due sposi, un periodo felice. Brigida, finalmente libe­ra dagli impegni di corte, godeva insieme a Ulf della possibilità di dedicarsi completamente al piacere del viaggio e alle pratiche religiose. A Compostela Brigi­da ebbe modo di acquistare un esemplare del Liber de modo bene vivendi, un trattato di vita cristiana attri­buito a san Bernardo, che per tutta la vita portò con sé e che è conservato nella biblioteca dell'università di Uppsala.

Nel viaggio di ritorno attraversarono la Francia, al­lora in preda alla guerra dei cent'anni con l'Inghil­terra, scoppiata nel 1339; il papa, in lotta con l'im­peratore per il dominio dell'Europa continentale, ri­siedeva stabilmente ad Avignone, cosa che suscitava scalpore ovunque. La presa di coscienza per espe­rienza diretta di quella complessa situazione europea acuì la passione politica di Brigida e influenzò in ma­niera determinante la sua attività futura e la sua ope­ra presso i grandi del tempo.

Per raggiungere la Svezia, Brigida e Ulf attraversa­rono le Fiandre. Giunti ad Arras, città famosa per i tap­peti (i famosi «arazzi»), Ulf si ammalò gravemente, al punto che gli fu amministrata l'estrema unzione.

Come era sua consuetudine, Brigida si appellò al­l'aiuto del santo patrono locale, che era san Dionigi, il quale le apparve in visione e le comunicò che suo marito non sarebbe morto di quella malattia; le furo­no anche preannunciati i suoi grandi pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa e il suo compito futuro di far conoscere il messaggio di Dio al mondo.

Ecco la descrizione della visione:

Mentre pregava le apparve il beato Dionigi che le disse: «Io sono Dionigi, che venni da Roma in questa parte della Francia a predicare il verbo di Dio. Tu nu­tri una speciale devozione per me e io ti dico che Dio vuole essere annunciato al mondo attraverso di te e tu sei affidata alla mia custodia e alla mia protezio­ne, per cui io ti aiuterò e ti do un segno che cioè tuo marito non morirà di questa malattia». Il beato Dio­nigi la visitò in molte altre rivelazioni consolandola. Le disse anche quando e come avrebbe lasciato la vi­ta e la condusse in ispirito in tutti i luoghi che poi vi­sitò dopo molto tempo, e la signora Brigida seppe che sarebbe vissuta molti anni a Roma, avrebbe visitato i santuari del regno di Napoli e i corpi dei santi apo­stoli che qui giacciono e San Nicola a Bari e San­t'Angelo sul Monte Gargano. Poi verso la fine della sua vita sarebbe andata a Gerusalemme a visitare il se­polcro del Signore, a Betlemme e altri santuari, poi sarebbe tornata nell'Urbe e sarebbe morta.

Ulf infatti non morì. La malattia però gli aveva of­ferto l'opportunità di riflettere sulle proprie debolez­ze umane, così che, rientrato a casa, col consenso e l'approvazione della moglie fece voto di castità e de­cise di abbracciare la vita religiosa. Verso la fine del 1342 chiese e ottenne di essere accolto come novizio nel monastero cistercense di Alvastra dove già vive­va, preparandosi alla vita monacale, suo figlio Bengt.

A quanto risulta, Ulf non completò il noviziato per­ché la morte lo colse abbastanza improvvisamente il 12 febbraio del 1344. Come narra il maestro Petrus nella sua deposizione al processo canonico, prima di morire Ulf mise al dito di Brigida il suo anello co­niugale, chiedendole di non dimenticarsi mai di lui:

Pochi giorni dopo il decesso del marito, la signora Brigida si tolse l'anello dal dito, e poiché molte per­sone ragguardevoli le dicevano che era segno di po­ca carità rimuovere dal dito quell'anello, lei rispose: «Quando seppellii mio marito, seppellii con lui ogni amore carnale e sebbene io l'abbia amato come il mio stesso cuore, l'anello suo è per me quasi un peso per­ché guardandolo l'animo mio ricorda le precedenti delizie; affinché l'animo mio riponga ogni amore in Dio, voglio dimenticare l'anello e mio marito e rac­comandarmi a Dio».

Brigida ha quarantadue anni, deve decidere della propria vita. Qualche giorno dopo le esequie di Ulf torna a casa, a Ulvàsa, per mettere ordine negli affa­ri di famiglia. Per prima cosa divide le proprietà tra i figli e i poveri, trattenendo per sé solo quanto basta per vivere modestamente.

I figli sono ormai sistemati: Karl, sposato, è dive­nuto signore di Ulvasa e lagman come il padre; le fi­glie Marta e Caterina sono anch'esse sposate; Inge­borg è monaca; Bengt vive ad Alvastra e con ogni pro­babilità si farà monaco; Cecilia, di appena dieci anni, studia presso le domenicane di Skànninge. Uscirà dal convento più tardi, su iniziativa del fratello Karl che non ravvisa in lei alcuna inclinazione monacale, e si sposerà. La missione di Brigida come sposa e madre può considerarsi compiuta.

Nel breve soggiorno a Ulvàsa, Brigida vive espe­rienze fondamentali. Una sera mentre siede sola da­vanti al camino acceso contemplando le fiamme, tra i bagliori del fuoco le appare Ulf. Brigida gli chiede come stia e lui le spiega che, non avendo commesso peccati gravi, la sua permanenza in purgatorio non sa­rà lunga. Poi continua:

La sentenza del tribunale supremo mi fu favorevole e avrò l'eterna salvezza: soltanto non conosco l'ora. Poiché ora mi è concesso di chiedere aiuto per la mia anima, ti prego di far celebrare, per un anno intero, delle sante messe alla Madonna, agli angeli e a tutti i santi, specialmente in onore della passione di Cristo nostro Salvatore, che spero presto mi libererà. Sii ge­nerosa con i poveri, distribuisci loro tutte le mie cop­pe e i miei cavalli: fin troppo ho peccato con essi! Se vorrai offrire un paio di boccali d'argento per farne dei calici per l'altare, ciò varrà come suffragio per l'a­nima mia. Le mie terre però puoi tranquillamente la­sciarle ai figli: nulla ho acquisito illegalmente, né ho tenuto o voluto tenere in eredità beni di ingiusta pro­venienza.

Poco tempo dopo, in marzo, mentre prega nella cappella del castello, Brigida viene rapita in estasi e ode la voce di Dio che le rivolge queste parole: «Don­na, ascoltami: io sono il tuo Dio, che vuole parlare con te... Non parlo con te per te sola, ma per la sa­lute altrui. Tu sarai la mia sposa e il mio canale e udrai e vedrai cose spirituali, e il mio spirito rimarrà con te fino alla morte».

È un'esperienza fondamentale, che scuote e com­muove Brigida nel profondo e le fa capire che il suo cammino futuro è segnato: il Signore stesso l'ha scel­ta per far pervenire agli uomini la sua parola e la sua volontà. La voce le suggerisce anche di riferire tutto alla sua guida spirituale, il maestro Matthias, e di con­sigliarsi sempre con lui, che in quanto teologo sa ben distinguere le rivelazioni divine da quelle diaboliche, e di fargli conoscere quanto ha udito.

Brigida si reca allora dal maestro Matthias, il qua­le la rassicura sul carattere divino delle rivelazioni e le consiglia di tornare ad Alvastra, nella cui foreste­ria aveva soggiornato, per generosa concessione del priore, durante la malattia del marito, e di stabilirsi lì finché non riceverà il comando di andare altrove.

Sappiamo che il consenso del priore a vivere ad Al­vastra non mancò di suscitare polemiche tra i frati, in quanto nel monastero, in base a un'antica regola, non potevano abitare donne. Ma per Brigida fu fatta un'eccezione, grazie al suo rango e alla consapevo­lezza delle sue straordinarie doti spirituali, che mise­ro a tacere i malcontenti.

Gli anni ad Alvastra - complessivamente quattro, interrotti da soggiorni a corte e visite a monasteri e conventi - costituirono un tempo fecondo, nel corso del quale Brigida si consacrò al Signore. Vita austera, meditazione sui divini misteri, introspezione, pre­ghiera, visioni sempre più frequenti: un periodo di straordinario fervore mistico, che continuò sino alla fine della sua vita terrena.

Racconta il maestro Petrus:

Quando Brigida si stabilì ad Alvastra, nell'anno di grazia 1346, accadde che Dio le concesse in grande abbondanza visioni e divine rivelazioni; non mentre dormiva, ma mentre era sveglia e pregava. Il corpo era come sempre, ma lei era rapita fuori dei sensi in estasi e contemplazione spirituale e a volte in visione soprannaturale...

Cristo la forgia, la invita a migliorarsi, le suggeri­sce regole di vita:

Astieniti dal consentire alla tua bocca un lungo e vano parlare, chiudi le tue orecchie ad ogni cattivo discorso e non permettere ai tuoi occhi di vagare inu­tilmente intorno. Apri le tue mani per dare elemosi­ne ai poveri e piega le tue ginocchia per lavare loro i piedi. Il tuo corpo deve essere vestito con semplicità e curato solo quanto basta per adempiere il mio ser­vizio senza cadere nella voluttà. Nelle tue vesti non vi sia nulla che testimoni superbia. Tutto deve essere utile, niente deve essere superfluo. Ti ordino anche di rifuggire ogni contatto carnale, perché se seguirai la mia volontà in futuro sarai madre di figli spiritua­li così come finora sei stata madre di figli carnali.

Gesù spiega anche alla sua sposa come dovrebbe es­sere per essergli gradita:

Tu dovresti essere come un violino da cui l'arti­sta trae soavi suoni. Il proprietario del violino lo co­pre esternamente d'argento perché appaia più pre­zioso e lo riveste internamente di solido oro. Allo stesso modo tu devi essere inargentata di buoni co­stumi e umana sapienza, così da capire quale sia il tuo debito verso Dio e verso il tuo prossimo e che cosa giova alla tua anima e al tuo corpo per l'eter­na salvezza. Interiormente devi essere ornata del­l'oro dell'umiltà, così da non desiderare di piacere ad altri che a me e da non temere di dispiacere agli altri per causa mia. Il suonatore inoltre fa tre cose: per prima cosa avvolge il violino in un telo perché non si macchi; poi prepara un astuccio nel quale cu­stodirlo e infine mette una serratura all'astuccio af­finché nessuno lo rubi. Allo stesso modo tu devi ri­vestirti di purezza per non macchiarti di desideri e di passioni. Cerca di essere spesso sola perché la compagnia dei malvagi rovina i buoni costumi. La serratura indica la scrupolosa cura dei tuoi sensi e della tua interiorità, affinché in ogni tua azione tu stia ben attenta a non farti ingannare dalle insidie del demonio. La chiave però è lo Spirito Santo che apre il tuo cuore come a me piace e per il bene dell'u­manità.

In quegli anni di formazione Brigida ebbe vicine al­cune personalità di notevole rilievo, primo fra tutti il già citato maestro Matthias, che fu il suo direttore spi­rituale e che morì nel 1350, poco dopo la partenza della futura santa per Roma.

Poi i due Petrus: il maestro Petrus dell'Istituto del­lo Spirito Santo di Skànninge in qualità di confesso­re, e il monaco cistercense Petrus, vicepriore e poi priore del monastero di Alvastra, come segretario. Ta­le compito fu da lui svolto inizialmente con una cer­ta riluttanza, sia perché non se ne sentiva all'altezza, sia perché soffriva di emicranie; Brigida però riuscì a infondergli il coraggio necessario e Petrus tradusse in latino la maggior parte delle Rivelazioni che Brigida gli comunicava in svedese.

Leggiamo infatti nelle Rivelazioni:

Il reverendo padre Petrus racconta che soffrendo fin dalla fanciullezza di un grande dolore di testa che lo tormentava senza sosta, chiese a santa Brigida, che era al monastero di Alvastra, di pregare per lui. Ed ecco che mentre santa Brigida pregava le apparve Ge­sù Cristo e le disse: «Va' a dire al fratello Petrus che è liberato dal suo mal di testa. Che scriva quindi lieta­mente i libri che contengono i disegni che ti ho rive­lato, perché non gli mancheranno aiuto e assistenza». E da allora il fratello Petrus non sentì più alcun mal di testa.

I due Petrus seguirono Brigida in Italia, le furono accanto fino alla morte e insieme ne scrissero la Vita in vista della canonizzazione. Petrus di Alvastra curò anche la Deposicio copiosissima («grande deposizio­ne») presso la Curia romana il 30 gennaio 1380. Pe­trus di Skànninge divenne il primo confessore gene­rale del monastero brigidino di Vadstena.

Negli anni trascorsi ad Alvastra Brigida rinunciò a ogni cosa terrena e si fece totalmente sposa di Cristo.

In una visione particolarmente vivida sant'Agnese le pose sul capo una corona di sette preziosissime gem­me, come «prova di una pazienza insuperabile».

Nel 1349, mentre percorreva a cavallo, seguita da servitori e dal confessore, i venti chilometri che se­paravano Alvastra da Vadstena, dove si recava spesso per seguire i lavori al convento, Brigida ebbe una lun­ghissima visione che è all'origine del Liber quaestio­num (Libro delle domande), che occupa tutto il quin­to volume delle Rivelazioni.

La futura santa rimase fuori sentimento per tutto il tragitto e i servitori la destarono solo quando giun­sero a Vadstena. Lei se ne rammaricò, perché era im­mersa in una visione stupenda, però ogni cosa rima­se impressa nella sua mente e poté essere trascritta nel giro di appena un'ora. Come al solito, Petrus tradus­se il testo in latino. Si tratta di sedici domande (in­terrogationes), ognuna divisa in cinque domande mi­nori (quaestiones), che un dotto e superbo monaco pone direttamente al Signore.

Le sempre più frequenti visioni e rivelazioni non ri­guardavano però soltanto la sua personale edificazio­ne, ma anche le grandi missioni sociali e politiche che l'attendevano, così che Brigida gradualmente si con­vinse che suo compito era lavorare per il bene della Chiesa e di tutta la società sconvolta dalle vicende di quel tempo. Un importantissimo aspetto della sua mis­sione doveva riguardare gli affari politici d'Europa, in preda alla guerra dei cent'anni (1339-1453) e di­sorientata per l'esilio del papa ad Avignone. A Brigi­da furono ispirati messaggi destinati ai grandi prota­gonisti di queste vicende, imperatori e pontefici; mol­te cose dovrà dire anche a re Magnus, suo cugino, e alla sua corte. C'era infine un nuovo, grande proget­to al quale dedicare tutta l'attenzione: un nuovo or­dine monastico.