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Venerdi, 19 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Leone IX Papa ( Letture di oggi )

San Francesco di Sales:Per la vostra conversazione scegliete poche, buone e onorate persone; poche perché è difficile andare d’accordo con molti; buone perché è facile inimicarsi i cattivi; onorate per mantenere la reputazione e il buon nome.
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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

I VESCOVI

Consigli per un vescovo

«Ascoltate voi cui è data per grazia divina la capa­cità di udire le cose dello spirito. Se un vescovo si prefigge di seguire la via stretta e perfetta lungo cui passano poche persone, per prima cosa deponga il peso gravoso che lo circonda ed oppri­me, ossia la cupidigia delle cose temporali, ricorrendo al mondo solo per lo stretto necessario, conformemente all'umile tenore di vita che si confà ad un vescovo. Il buon Matteo fece lo stesso, lui che, chiamato da Dio, non esitò ad abbandonare il carico gravoso del mondo, trovando così un peso leggero. Un vescovo, inoltre, deve essere cinto, conforme­mente alla sacra Scrittura che dice: 'Tobia, pronto per partire, trovò un angelo in piedi e cinto dalla testa ai piedi'. Cosa significava quell'angelo se non il fatto che ogni vescovo deve indossare la cintura della giustizia e dell'amore divino, ed essere pronto a percorrere le strade lungo cui camminò colui che disse: 'Io sono il Buon Pastore che dà la propria vita per le sue pecore'? Egli, inoltre, deve essere pronto a dire la verità nuda e cruda attraverso le sue parole. Deve essere deciso a cu­stodire con le proprie opere l'equità e la giustizia, in se stesso come negli altri, senza abbandonare mai la giu­stizia né per le minacce, né per gli obbrobri, né per la falsa amicizia, né per il vano timore. Perciò il vescovo che sarà cinto in questo modo vedrà Tobia, ossia gli uomini giusti, venire a lui, seguire la sua strada e imita­re la sua vita. In terzo luogo, deve mangiare e bere dell'acqua pri­ma di mettersi in cammino, come si legge a proposito di Elia, che al suo risveglio trovò al suo capezzale un po' di pane e di acqua. Cos'è, dunque, il pane che venne dato al Profeta se non il bene corporale e spirituale che gli veniva somministrato? Nel deserto, infatti, gli veniva preparato del pane materiale come esempio, benché Dio potesse sostentarlo nella carne e senza pane, ciò af­finché l'uomo capisse che era gradito alla Divinità im­piegare i beni con sobrietà e temperanza per la consola­zione della carne. Anche l'infusione spirituale veniva ispirata al Profeta, poiché Elia camminò quaranta giorni grazie alla forza di questo pane; infatti se non gli fosse stata ispirata l'intima unzione della grazia, egli sarebbe certamente venuto meno per la lunga fatica, perché la sua complessione era debole; tuttavia egli fu rinvigorito in modo da affrontare un cammino così impegnativo. Dunque, poiché l'uomo vive della Parola di Dio, av­vertiamo il vescovo di prendere un boccone di pane, ossia di amare Dio sopra ogni cosa. Egli troverà questo pane al suo capezzale; in altre parole, la ragione gli dirà che bisogna amare Dio sopra ogni cosa, sia per la crea­zione e la redenzione sia per la sua lunga pazienza e la sua bontà. Lo preghiamo anche di bere un po' d'acqua, ossia di considerare intimamente le amarezze della Pas­sione di Gesù Cristo; infatti chi può meditare degna­mente le angosce patite dall'umanità di Cristo, quando questi chiedeva che il calice fosse allontanato da lui e quando le sue gocce di sangue bagnavano la terra? Il vescovo, dunque, beva quest'acqua di grazia e mangi il pane d'amore; in questo modo sarà riconfortato per se­guire la strada di Gesù. Quindi, dopo aver intrapreso la via della salvezza, se il vescovo desidera andare oltre lungo questo cammino, la mattina gli sarà molto utile rendere grazie a Dio con tutto il cuore, considerare con attenzione ogni propria azione e chiedere aiuto a Dio per compiere con grande fedeltà la sua divina volontà». Libro III; 1

La Madre di Dio diceva: «Desidero spiegare a un vescovo cosa è tenuto a fare e qual è l'onore da rendere a Dio»

«Il Vescovo deve avere la mitra e custodirla fra le braccia, non venderla per denaro, né darla agli altri per amore carnale, né perderla per negligenza e debolezza. Ora, cosa rappresenta questa mitra episcopale se non la dignità, la potenza episcopale di ordinare i chierici, di impartire i sacri crismi, di ricondurre all'ovile le pecore che si perdono e di stimolare gli indolenti con l'esempio? La mitra che deve tenere con cura fra le braccia in­dica la grande attenzione con cui deve considerare qua­le sia la potenza episcopale, in che maniera gli sia stata conferita, quali siano i suoi frutti e quali gli obiettivi. Se il vescovo desidera sapere come sia diventato tale, si chieda se ha voluto questa carica più per fini personali che per l'amore di Dio... In seguito, pensando al motivo per cui ha accettato l'episcopato, si renderà conto che lo ha fatto per essere il padre dei poveri, il consolatore e il mediatore delle anime, perché i beni di un vescovo sono proprio le anime: se egli dissipa i beni, le anime grideranno vendetta contro gli ingiusti dispensatori. Ora, quale sarà il frutto della dignità episcopale? Sarà di due tipi, come dice San Paolo: corporale e spiri­tuale. Sulla terra, infatti, il vescovo è vicario di Dio, per l'onore di Dio e viene onorato proprio come un dio in terra. In cielo, il frutto sarà corporale e spirituale, per via della glorificazione del corpo e dello spirito: là, in­fatti, il servitore sarà con il padrone, sia per la vita epi­scopale che ha condotto sulla terra, sia per l'esempio di umiltà con cui ha spinto gli altri a seguirlo sulla strada della gloria... Oltre a ciò, desidero che sappiate che il vescovo, es­sendo un pastore, deve portare sotto il braccio un fascio di fiori con cui chiamare a sé le pecore vicine e lontane, in modo che corrano subito verso di lui, attratte dal profumo dei suoi fiori. Questo fascio di fiori simboleg­gia la predicazione divina che il vescovo è tenuto a fare; le due braccia su cui reca tale predicazione, indicano due opere che il vescovo deve compiere, una pubblica e l'altra privata, affinché le pecore vicine al suo episcopa­to, vedendo la carità delle opere del loro vescovo e capendo quanto sia buona la sua reputazione, desiderino seguirlo; infatti questo fascio, che è molto profumato, non ha vergogna della verità, né dell'umiltà, né di inse­gnare il bene e di mettere in pratica ciò che insegna, né di essere umile negli onori che gli sono tributati e devo­to nelle sue miserie. Quando il vescovo avrà compiuto il cammino e sarà giunto alla porta, avrà bisogno di presentare un'offerta al Giudice supremo; per questo tenga in mano un vaso molto caro e vuoto da offrire a quel Re sovrano. Ora, questo vaso vuoto che reca come offerta, non è altro che il cuore che giorno e notte dobbiamo svuotare da qualsiasi voluttà e da tutti i desideri di una gloria, in realtà, peritura. Quando sarà giunto il momento di introdurre que­sto vescovo nel regno della gloria, il Signore Gesù Cri­sto, vero Dio e vero uomo, gli si farà incontro assieme a tutte le schiere celesti. Allora udirà gli angeli dire: 'Nostro Dio! Nostra gioia! Nostro bene! Questo vescovo è stato puro nella carne, generoso nelle opere: è dunque giusto che te lo presentiamo, perché ha sempre deside­rato la nostra compagnia. Perciò esaudisci i suoi deside­ri, e attraverso il suo arrivo in cielo accresci la nostra gloria'. Allora tutti i santi diranno: 'Dio eterno! La no­stra gioia proviene da te, è in te, emana da te e noi non abbiamo bisogno d'altro che di te. Tuttavia la nostra gioia è esaltata dalla gioia di questo vescovo, che ti ha desiderato quanto ha potuto, poiché ha portato dei fiori profumatissimi in bocca con i quali ha accresciuto il no­stro numero. Ne ha portati anche nelle sue opere ed erano fiori che rinfrescavano chi abitava vicino o lonta­no da lui. Per questo concedigli la grazia di gioire con noi ed anche tu, rallegrati, poiché morendo gli hai au­gurato tanta gioia'. Allora il Re della gloria dirà loro: 'Amico mio, sei venuto a presentarmi il vaso del tuo cuore svuotato da te medesimo e dalla tua stessa volontà. Per questo moti­vo ti colmo di desideri indicibili e della mia gloria eter­na; la mia gioia sarà la tua ed io non avrò mai fine, ma conserverò in eterno la tua gloria». Libro III; 3

Consiglio di Maria a un vescovo a proposito di come deve comportarsi nei confronti delle anime che gli sono affidate

La Madre di Dio parlava alla sposa di suo Figlio, di­cendo: «Questo vescovo chiede la mia carità; per questo deve fare ciò che mi è molto caro. Infatti io conosco un tesoro: chi lo troverà non sarà mai miserabile; chi lo ve­drà non sarà mai afflitto dalle tribolazioni né dalla mor­te. Chiunque lo desideri avrà il cuore colmo di felicità e proverà esaltazione e gioia. Ora, questo tesoro è nasco­sto in un castello chiuso da quattro serrature e circon­dato da mura molto alte, molto spesse e molto forti. All'esterno delle mura si trovano due fossati larghi e profondi. Per questo motivo supplico questa persona di superare con un salto quei fossati, di valicare con un passo le mura e di spezzare con un colpo le serrature, perché, così facendo, mi porti una cosa preziosa. Ora, ti dirò cosa significa tutto ciò. Tu chiami tesoro ciò che si adopera e maneggia di rado. Questo tesoro sono le parole di mio Figlio e le preziose opere che ha compiuto prima e durante la Pas­sione e le mirabili opere che ha fatto quando il Verbo si è incarnato nel mio seno e quando sull'altare, giorno dopo giorno, il pane si transustanzia nel suo corpo gra­zie alla forza delle parole di Dio. Ma, benché queste co­se siano un prezioso tesoro, attualmente sono così tra­scurate e dimenticate che pochi ne ricordano e se ne servono per progredire. Cionondimeno, il glorioso corpo del Figlio è rac­chiuso in un castello fortificato, ossia nella virtù della Divinità, perché così come egli difende il castello dai nemici, allo stesso modo la potenza della divinità di mio Figlio difende l'umanità del suo corpo, affinché nessun nemico possa danneggiarlo. Le quattro serrature sono quattro peccati a causa dei quali molti sono restii alla partecipazione del corpo di Gesù Cristo. Il primo di questi peccati consiste nella su­perbia e nelle ambizioni degli onori del mondo; il secon­do nei desideri dei beni del mondo; il terzo nella volontà sporca e brutale che tende a invadere il corpo in modo smodato e feroce; il quarto nella collera, nell'invidia e nella negligenza nei confronti della propria salvezza... Per questo ho detto che egli ha spezzato con un colpo le serrature. Tale colpo rappresenta il fervore delle anime, mediante il quale il vescovo deve rompere i peccati e le opere di giustizia fatte con spirito di carità, affinché, do­po aver spezzato le serrature del peccato, il peccatore possa giungere a questo prezioso tesoro... Tutti sappiano che questo vescovo detesta i propri peccati e quelli al­trui; allora, al di sopra di tutti i cieli, alla presenza di Dio eterno e degli angeli, si udirà questo colpo vibrato con zelo e molti si convertiranno e diventeranno migliori, di­cendo: 'Non odia noi ma i nostri peccati. Per questo fac­ciamo ammenda e saremo amici suoi e di Dio. Ora le tre muraglie che circondano il castello sono tre virtù: la prima consiste nell'abbandonare i piaceri del corpo e nel compiere la volontà divina; la seconda nel preferire danni ed obbrobri pur di vedere trionfare la verità e la giustizia, piuttosto che godere degli onori e dei beni del mondo nascondendo la verità stessa; la ter­za è il fervore della salvezza di ogni cristiano. Ho ordi­nato al mio amico di valicare le mura con un passo sol­tanto; infatti tu chiami passo il rapido superamento di una grande distanza con il corpo: lo stesso deve avveni­re con il passo compiuto dallo spirito, poiché quando il corpo e sulla terra e l'amore del cuore in cielo, allora si superano queste tre mura. In quel momento, infatti, grazie alla considerazione delle cose celesti all'uomo è gradito abbandonare la propria volontà, patire l'emargi­nazione, le ingiurie e le persecuzioni per la giustizia e l'equità, e morire per la gloria di Dio. I due fossati all’esterno delle mita sono la 'bellezza del mondo, la presenza e il piacere dei suoi amici... E per questo che i due fossati vanno oltrepassati con un salto; in effetti, cos'è un salto spirituale se non il fatto di strappare il proprio cuore alle cose vane e di protender­si dalla terra al cielo? Certamente la divinità esiste da sempre, è senza ini­zio ed è, in quanto non può avere né principio né fine. L'umanità è stata nel mio corpo e da me ha ricevuto la carne ed il sangue; e se prima non c'era mentre adesso c'è, si tratta di una cosa molto preziosa. Dunque, quan­do l'anima del giusto accoglie al suo interno con amore il corpo di Dio, quest'ultimo la riempie di qualcosa di inestimabile; infatti, sebbene la divinità sia in tre Perso­ne senza principio né fine in sé, quando il Padre ha mandato il Figlio e in esso è sopraggiunto lo Spirito Santo, attraverso me il Figlio ha ricevuto il suo corpo prezioso. Ora mostrerò a questo vescovo come presentare al Signore una cosa preziosa. Dove l'amico di Dio troverà il peccatore nelle cui parole c'è poco amore per Dio stesso e molto per il mondo, là troverà un'anima vuota da portare al Padre. Così come l'amico di Dio, che pro­va amore nei confronti del Padre, si sentirà desolato nel vedere che l'anima riscattata dal sangue del Creatore è lontana da Dio, - e per questo proverà compassione nei suoi riguardi e pregherà Dio affinché ne abbia miseri­cordia -' allo stesso modo, se potrà accordare Dio e l'anima, con mani felici egli presenterà al Creatore una cosa preziosa; infatti, quando il corpo di Dio, che è sta­to in me e l'anima creata da Dio stesso sono in amicizia, questa cosa mi è molto cara. E non deve meravigliare il fatto che io ami mio Fi­glio, perché ero presente quando egli, cavaliere genero­so, di Gerusalemme per sostenere una lotta così dura che gli si tesero tutti i nervi delle braccia; il suo corpo divenne livido e si coprì di sangue; le mani e i piedi furono trafitti da chiodi, gli occhi e le orecchie si riempirono di sangue; anche il collo era piegato quando mio Figlio rese lo spirito e il suo cuore fu aperto con la punta di una lancia. Così, con grande dolore e pena, egli ha riscattato le anime ed ora che risiede nella gloria tende le braccia agli uomini! Ma, ahimè, sono pochi quelli che gli presentano una sposa. Per questo l'amico di Dio non si risparmia nell'aiutare gli altri e nel presen­tarli a mio Figlio. Dite inoltre a quel vescovo, poiché desidera che di­venti una sua cara amica, che intendo dargli la mia fede e legarmi a lui con un'unione importante, perché il cor­po di Dio è stato dentro di me ed io riceverò la sua ani­ma in me con grande amore e grande carità. Infatti, così come il Padre con il Figlio è stato in me, che ho avuto il mio corpo e la mia anima in lui, e così come lo Spirito Santo, che con il Padre e il Figlio è stato ovunque con me che custodivo mio Figlio dentro di me, allo stesso modo questo mio servitore sarà legato con il medesimo spirito; perché quando egli ama la Passione di mio Figlio e ne ha molto caro il corpo nel proprio cuore, allora avrà l'umanità che ha dentro e fuori di sé; la divinità di Dio è in lui, e lui in Dio, come Dio è in me ed io in lui. Ora, se il mio servitore ed io abbiamo uno stesso Dio, abbiamo anche uno stesso legame di carità e godiamo dei favori dello Spirito Santo, che è Dio con il Padre e il Figlio». Libro III, 13

La Santa Vergine presenta un’eccellente dottrina e un ottimo modello secondo cui i vescovi devono vivere e governare i loro sudditi spiritualmente e con devozione

Poi la Madre di Dio aggiunse, parlando alla sposa: «Ascoltami, tu cui è concesso di intendere e compren­dere le cose spirituali: in primo luogo ti ho detto che quando questo vescovo cercherà la strada, gliela mo­strerò. Se desidera intraprendere il cammino indicato dal Vangelo, e in questo modo far parte di un numero ristretto di persone, svegliandosi di notte, deve ringra­ziare immediatamente Dio per l'amore che gli ha mo­strato nella creazione, per la Passione nella redenzione, per la pazienza con cui ha sopportato i peccati così a lungo... Ogni volta che sarà a tavola, il vescovo dovrà onora­re e glorificare Dio, affinché i commensali siano raffor­zati nelle cose dell'anima e rinfrancati nello spirito; op­pure dovrà dare disposizione di leggere un libro di ca­rattere edificante, affinché durante la refezione del cor­po quest'ultimo sia rincuorato e l'anima rinvigorita. Do­po il pasto e il ringraziamento, il vescovo dovrà pronun­ciare parole edificanti per le anime ed assolvere i doveri episcopali; oppure si riposi, se la sua natura lo richiede; o ancora legga libri che lo avvicinino alle cose spirituali. Dopo mangiato, potrà svagarsi in modo onesto con quanti gli sono vicini, consolandoli, perché l'arco trop­po teso prima o poi si spezzerà: per questo la gioia mo­derata, proporzionata all'infermità della carne, è gradita a Dio... Poi dovrà insegnare loro a riverire e ad onorare degnamente Dio e ad amarlo con tutto il cuore, affinché egli sia loro Padre, in virtù della divina autorità e loro madre nutrice, grazie alla dottrina benevola e dolce... Quando andrà a dormire, si umili di buon grado da­vanti a Dio e mediti ed esamini le cose che ha pensato durante il giorno: quali affetti, quali opere e quali giudi­zi, poi chieda perdono, invochi l'aiuto della misericor­dia divina e della grazia, concependo il desiderio e la decisione di fare ammenda e di confessarsi appena po­trà. In seguito, coricandosi, preghi in questo modo: 'Si­gnore, mio Dio, che hai creato il mio corpo, guardami con gli occhi della misericordia e dammi la grazia, affinché il sonno eccessivo non mi renda lento al tuo servizio e la veglia lunga ed eccessiva non mi faccia venire meno nei tuoi confronti...' Sarà bene, inoltre, che faccia penitenza ogni ve­nerdì, confessandosi al sacerdote con grande umiltà e deciso a correggersi, poiché diversamente la confessione non ha valore». Poi la Madre di Dio aggiunse: «Se il vescovo intra­prende questo cammino, sappia che questa strada è stretta, piena di spine, disuguale e accidentata. Perciò gli suggerisco tre rimedi: porti con sé degli abiti che lo proteggano bene, si copra gli occhi con entrambe le ma­ni e guardi davanti a sé attraverso le dita, per evitare che le spine lo feriscano agli occhi, infine avanzi con molta prudenza e faccia attenzione ad appoggiare i pie­di bene per terra, senza precipitazione bensì avanzando solo dopo aver controllato che il cammino non sia disu­guale e scivoloso. Ora cosa significa la strada stretta se non la perversità dei malvagi e le quotidiane avversità del mondo, che impediscono e sollecitano l'uomo giu­sto per distoglierlo dalla giustizia e dall'equità? Il vescovo, dunque si premunisca contro questi peri­coli, indossando le vesti della pazienza invincibile e del­la costanza ferma, perché è grande la gioia che si prova nel tollerare le cose obbrobriose per amore della giusti­zia e della verità. Ora cosa rappresentano le dieci dita che deve tenere sugli occhi, se non i dieci comandamenti divini che il giusto deve sempre osservare con gli occhi dello spirito? Egli dovrà seguire questa regola per tre motivi: vedere la dilettazione di Dio tutte le volte che lo punge la spina dell'obbrobrio, opporre la dilettazione del prossimo quando lo pungono le spine della perversità e pensare a ciò che sta scritto: Non desiderare le cose altrui, tutte le volte che lo allettano l'amore per il mondo e quello per la carne, in modo da porre freno alla concupiscenza contenendola nei limiti del ragionevole. Infatti là dove si trova la carità divina, ci sono anche la pazienza e la rassegnazione nelle tribolazioni e la gioia indicibile nelle infermità, il dolore nelle cose superflue, il timore negli onori, l'umiltà nella potenza e il desiderio insaziabile di abbandonare le cose del mondo. Ora, cosa significa che ad ogni passo il vescovo deve assicurarsi che i piedi siano saldi, se non il fatto che ovunque deve credere in modo assennato? Infatti il giu­sto deve avere due piedi spirituali: il desiderio per le co­se eterne e il disgusto per le cose del mondo. Nel primo deve avere una grande discrezione, in modo da non de­siderare le cose per l'onore personale bensì per quello di Dio; così riponga ogni suo desiderio nella volontà di­vina e nella ricerca dell'onore di Dio. Nel secondo deve essere prudente e fare attenzione che il suo disgusto per il mondo non sia eccessivo, per impazienza nei confron­ti della vita, per i pericoli di tutti i giorni, o per la pigri­zia e la viltà di fare quanto gli comanda Dio. Sia pru­dente e circospetto in tutte le cose, affinché il disgusto per il mondo sia volto al desiderio e alla realizzazione di una vita migliore e serva per detestare i peccati. Dunque, percorrendo la strada stretta e piena di spine, il vescovo dovrà avanzare con prudenza, nel ti­more che le colpe espiate non siano state emendate a sufficienza. Inoltre sarà bene che si guardi da tre nemici che si trovano sul cammino. Il primo nemico rappresenta gli uomini oppure i diavoli che, con i loro cattivi consigli distolgono il ve­scovo dai suoi doveri dicendogli: 'Perché segui una stra­da così stretta? Perché lavori così tanto? Distraiti un momento e cammina lungo le strade fiorite che percor­rono molti, in modo da non essere disprezzato. Cosa importa se gli uomini vivono bene o male? A che pro offendere chi ti darà onore ed amore se non offende né te né i tuoi? Cosa ti importa se manca di rispetto a Dio? Fai dei doni, ne riceverai. Serviti del tuo onore e dell'amicizia degli uomini per ottenere gli onori loro e del cielo'. Ecco ciò che questo nemico mormorerà nelle orecchie del vescovo e di molti altri. Per questo nume­rose fiamme, che avrebbero dovuto rischiarare le tene­bre spesse, giacciono spente e dentro di loro regna l'oscurità; il buono ora è tramutato in fango. Il secondo nemico trafigge gli occhi con la bellezza del mondo, i beni della terra, l'apparato delle ricchezze, lo splendore degli abiti, i favori degli uomini e gli onori; quando si desiderano, si offrono e si presentano tutte queste cose, esse accecano gli occhi dell'anima e della ragione, ai quali sembra più dolce dedicarsi alle cose del mondo, anziché a quelle dell'amministrazione delle cure pastorali. In queste condizioni, l'amore per Dio, se mai c'è stato, comincia a raffreddarsi e si commettono i pec­cati con maggiore libertà. Così il vescovo, dopo aver soddisfatto le proprie esigenze, disposto e ordinato chi collabora con lui alle mansioni episcopali, sia contento di ciò in cui può conservare la propria autorità, poiché sta scritto che ci si deve saper accontentare delle cose moderate e colui che milita a fianco di Dio con tutto il cuore non si lascia coinvolgere negli affari del mondo se non per necessità e per l'onore di Dio. Il terzo nemico ha un laccio, e grida: 'Perché ti umili così, visto che potresti essere onorato più degli altri? Cerca di salire, perché sarai ricco e potrai diventarlo an­cora di più, sfruttando il tuo ministero per avanzare ne­gli onori del mondo. Ora che sei vescovo non acconten­tarti della tua carica ma diventa arcivescovo e mira an­cora più in alto, per poter avere un riposo maggiore, es­sere servito meglio e ricevere più onori. Quando gli altri avranno bisogno del tuo aiuto, cogli la situazione per essere più temuto, adulato e corteggiato'. Ora, quando lo spirito si fa incantare da questi consigli funesti, d'im­provviso e in modo temerario stende il piede verso la cupidigia... Ma in cosa consiste il bene dell'Episcopato? Non è altro che prodigarsi per il progresso delle anime e per la gloria di Dio, lavorando per le cose eterne e non per quelle periture. Ora, desiderano tutti l'onore, ma si sot­traggono a questo lavoro. Il loro onore, dunque, non è vero onore bensì afflizione, perché là dove non c'è il fardello del lavoro divino, non c’è onore dell'anima da­vanti a Dio. Per questo il vescovo non cerchi un onore più gran­de e non desideri ciò che appartiene agli altri, perché il laccio è nascosto per terra e la strada è costellata di in­ganni se non si fa attenzione. Per questa ragione sarà meglio che il mio servitore non cerchi di avanzare nella gerarchia ecclesiastica, finché la divina Provvidenza non disponga diversamente o i suoi superiori non gli coman­dino di fare altrimenti per l'onore e la gloria di Dio. Ta­le consiglio è un avvertimento salutare e caritatevole. Meditando sulla potenza e sulla dignità episcopale che gli sono state conferite, il vescovo capirà che lo sco­po della sua carica è di consolare le anime e di liberarle dalle pene causate dai loro peccati, perché egli vive del­le loro elemosine; il vescovo, inoltre, dovrà essere la nu­trice dei poveri, il padre dei ricchi, il coadiutore di Dio nelle cose spirituali e l'emulo di Dio per amore del Creatore». Libro IV, 126