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Venerdi, 19 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Leone IX Papa ( Letture di oggi )

Sant'Agostino:Svegliati, uomo: per te Dio si è fatto uomo.
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Santa Brigida di Svezia



Santa Brigida

LA CONDOTTA DELL’ANIMA - 2

La Santa Vergine diceva a Santa Brigida: «Imprimi nel tuo cuore il ricco ornamento dell'amarissima Passione di mio Figlio...»

Giunse il Figlio, e questi parlò alla sposa dicendo: «Ti ho detto tutto quello che bisogna tenere nelle no­stre case. Ma oltre a ciò devi avere tre tipi di abiti: il pri­mo è un vestito di lino, ottenuto da una pianta che cre­sce dalla terra; il secondo è costituito da pelli d'animale; il terzo è fatto con la seta prodotta dai bachi. L'abito di lino ha due qualità positive: è morbido e soffice sulla pelle e non perde mai il suo colore candido; anzi, più lo si lava, più è bianco. Anche il secondo vestito, quello di pelle, ha due vantaggi: copre il corpo e lo tiene caldo quando fa freddo. Pure il terzo abito, quello di seta, ha due caratteristiche: è molto bello e delicato ed è molto prezioso. L'abito di lino, adatto per coprire il corpo nudo, e simbolo di pace e concordia. L'anima pia e devota deve avere questa pace con il suo Dio, non desiderando altro che fare la sua volontà e nel modo a lui gradito; non de­ve provocarne l'ira con il peccato, perché fra Dio e l'anima non c'è pace se essa non abbandona il peccato e persegue, invece, la strada della concupiscenza. L'anima inoltre deve essere in pace con il prossimo: non deve nuocergli ma anzi soccorrerlo e soffrire se ha peccato contro di lui; perché cosa c'è di più infelice del pecca­to? L'anima che desidera peccare non trae mai soddi­sfazione né felicità dal peccato, poiché lo desidera senza sosta e non ha mai tregua. Cosa c'è di più amaro e cosa affligge più crudelmente l'anima che si cruccia nei con­fronti del prossimo e nutre invidia per i suoi progressi e per le sue virtù? L'anima, dunque, deve essere in pace con Dio e con il prossimo, perché non c’è maggior ripo­so al mondo - e modo migliore per non essere incalzato né confuso dalle cose mondane - che smettere di pecca­re. Similmente non c'è nulla di più dolce della presenza del bene, del progresso del prossimo e del fatto di desi­derare per lui ciò che si desidera per se stessi. L'abito di lino, che deve aderire alla pelle, significa che la pace, fra le altre virtù, deve essere più vicina e manifesta nel cuore in cui vuole riposare Dio, perché in­troduce e custodisce Dio nel cuore stesso. Questa pace e la pazienza nascono dal pensiero della propria infermità; come il lino, anche l'uomo viene dalla terra e deve medi­tare sulla propria infermità, perché nel momento stesso in cui è offeso, si irrita e si lamenta e si sente leso. Se pensasse a sé nel modo dovuto, non farebbe agli altri quello che lui stesso non può sopportare, perché il suo prossimo è infermo quanto lui e come lui, neanche il suo prossimo vuole patire pene simili. Allora la pace non perderebbe il suo colore, ossia la sua stabilità, ed anzi diventerebbe più costante, perché il pensiero dell'infermità del prossimo e della propria fa si che l'uo­mo sopporti con pazienza le ingiurie. Ora, se a causa dell'impazienza, la pace viene infangata e oscurata, essa diventa ancora più bianca davanti a Dio nel momento in cui viene purgata dalla penitenza. La pace, inoltre, è tanto più gioiosa e forte nei confronti della sofferenza, quanto più viene messa alla prova e lavata e quanto più si guarda dall'impazienza, perché gioisce della speranza delle ricompense che attendono l'anima pacifica. Il secondo abito, quello di pelle, simboleggia le ope­re di misericordia; questi vestiti sono fatti con la pelle di animali morti. Ora, chi sono questi animali se non i miei santi, che sono semplicissimi? L'anima deve essere co­perta con le loro pelli, ossia deve imitare e compiere le loro opere di misericordia. Questi vestiti servono a due cose: a coprire la nudità dell'anima peccatrice, purifi­candola dalla corruzione, affinché compaia pura davan­ti a me e a proteggere dal freddo; infatti, cos'è il freddo dell'anima se non la tenacia nel commettere il peccato e l'insensibilità verso i sentimenti ispirati dal mio amore? Le opere di misericordia difendono con efficacia da questo freddo, poiché rivestono l'anima. Grazie alla mi­sericordia, Dio visita l'anima ed essa si avvicina mag­giormente a lui. Il terzo vestito, quello di seta costosa e prodotta dai bachi, è simbolo di astinenza, poiché quest'ultima è bel­la davanti a Dio, agli angeli e agli uomini. Anch'essa co­sta molto a colui che l'acquista perché purtroppo l'uo­mo trova duro e difficile mordersi e frenare la lingua per non pronunciare parole vuote. Per lui è amaro mor­tificare la concupiscenza della carne, privarsi delle cose superflue e abbandonare i piaceri ed è difficile infrange­re e contravvenire alla propria volontà. Eppure è cosa sommamente utile e buona. Per questo, mia sposa, per mezzo della quale mi ri­ferisco a tutti i fedeli, raccogliamo e accumuliamo nella nostra seconda casa la pace con Dio e con il prossimo, compatendo e aiutando i poveri attraverso le opere di misericordia». Libro Il, 26

Le qualità necessarie per compiere le opere di Dio

Il Figlio di Dio, generato prima del tempo, parlava alla sua sposa dicendo: «L'uomo non deve fare nulla per acquistare gli onori né per essere lodato dai suoi si­mili: spinto dall'amore, deve agire per avere una ricom­pensa eterna. Così l'uomo esamini con diligenza e precisione le proprie opere e le intenzioni, lo scopo e la ricompensa con cui le ha compiute; questo perché, qualora riscontri nelle proprie azioni una qualche vanità, possa strappar­la con la vanga della discrezione; così come all'esterno coltiva il suo prossimo - che è estraneo alla casa, ossia al di fuori della compagnia dei miei amici a causa dei suoi peccati -, similmente all'interno raccoglie i propri frutti attraverso la carità divina. Per questo occorre non sol­tanto arare con efficacia all'esterno, ma anche conside­rare accuratamente nel proprio intimo il modo e l'inten­zione con cui si agisce e si lavora. Nella terza casa ci devono essere degli strumenti animati, ad esempio i cavalli, per trasportare ciò che è morto e vivo. Tali strumenti indicano la vera confessio­ne; essa, infatti, fa andare avanti i vivi e i morti. Cosa significa ciò che è vivo, se non l'anima che ha creato la mia divinità e che vive in eterno? Attraverso la confessione, essa si avvicina sempre di più a Dio; infatti, l'animale nutrito meglio più di frequente trasporta i ca­richi con maggior facilità ed è più bello da guardare, e lo stesso dicasi per la confessione: 'più è frequente, più è puntuale sia per le colpe grandi che quelle piccole ed è tanto più gradita a Dio in quanto introduce l'anima nel cuore di Dio stesso. Per questo mia sposa, nome con il quale mi rivolgo a tutti i miei amici buoni e fedeli, raccogliamo e accu­muliamo nelle nostre case le cose di cui nostro Signore Dio vuole dilettarsi spiritualmente nell'anima santa. Nella prima casa, dobbiamo accumulare il pane di una volontà sincera, desiderando esclusivamente quello che vuole Dio; la bevanda della meditazione divina che precede le azioni, in modo che ogni opera si prefigga l'onore di Dio e la carne della saggezza divina, pensan­do sempre a quello che ci deve succedere e al modo in cui disporre e ordinare le cose presenti. Nella seconda casa, dobbiamo accumulare: la pace con Dio, abbandonando il peccato, rifuggendo da qual­siasi disputa e discordia; le opere di misericordia, attra­verso cui ci rendiamo utili al prossimo; la completa asti­nenza, mediante la quale reprimiamo e tratteniamo qualsiasi cosa possa turbare la nostra pace. Nella terza casa, dobbiamo accumulare: i pensieri buoni e ragionevoli, per arricchire e nobilitare interior­mente la nostra casa; i sensi composti e mortificati, per innalzare esteriormente i nostri amici; una confessione vera e buona, attraverso la quale se siamo morti, possia­mo tornare a vivere. Eppure, malgrado le persone abbiano delle case, non riescono a custodire al loro interno ciò che hanno accumulato se non con delle porte, che non possono aprirsi senza cardini, né essere chiuse senza serrature. Per rendere sicuro quello che è stato accumulato, oc­corre dunque che la casa abbia una porta, simbolo della speranza ferma, sicura, non indebolita dalle avversità, una speranza che deve essere fondata su questi due punti: non disperare di poter acquistare la gloria e non perdere la fiducia di evitare i supplizi dell'inferno. In ogni avversità, infatti, bisogna confidare sempre nella misericordia divina e sperare in cose migliori; la ser­ratura di questa porta è la carità divina, mediante la quale custodire la porta stessa affinché il nemico non entri in casa; infatti a cosa servirebbe una porta priva di serratu­ra? Sarebbe come nutrire una speranza priva di carità, perché se qualcuno spera nelle cose presenti e dispera della misericordia divina, non ha timor di Dio e non lo ama; ha una porta senza serratura attraverso cui il nemico entra quando vuole per massacrarlo ed ucciderlo. Ora, la speranza giusta e retta è che chi spera non si limiti a ciò ma faccia del bene nella misura del possibile; se infatti, pur potendo fare delle buone azioni, non le ha compiute, egli non gioirà delle cose celesti. Se qual­cuno non ha compiuto il bene nonostante ciò fosse nel­le sue possibilità, abbia la buona volontà di compiere il bene che potrà; quando non potrà farlo, speri ferma­mente di potersi avvicinare a Dio con la buona volontà e la carità divina. Occorre inoltre nutrire un fervore ardente nell'ama­re Dio, e molta cura del modo in cui lo si imiterà e pro­vare dolore per non poter fare tutto il bene che si vor­rebbe e che si dovrebbe. Bisogna infine avere l'umiltà, attraverso cui l'uomo stima meno di nulla le proprie azioni se pensa ai propri peccati. La serratura sia muni­ta dei necessari meccanismi che la fanno funzionare, per paura che il diavolo apra facilmente la serratura della carità, nella quale Dio riversa il proprio amore. Ora, la chiave con cui si chiude e si apre la serratura deve esse­re il desiderio di un solo Dio; tale desiderio deve ac­compagnarsi alla carità e all'opera divina, in modo che l'uomo desideri unicamente Dio grazie a un grandissi­mo amore nei suoi confronti, in quanto il desiderio rac­chiude Dio nei nostri cuori e i nostri cuori in Dio. Ora, la sposa e lo Sposo devono semplicemente ave­re con sé questa chiave, in altre parole Dio e l'anima, af­finché ogni volta che Dio desidera entrare nei nostri cuori e gioire dei beni e delle virtù dell'anima, abbia li­bero accesso grazie alla chiave dei desideri fermi e co­stanti del cuore stesso; da parte sua l'anima, ogni volta che vorrà entrare nel cuore di Dio, dovrà poterlo fare in piena libertà, poiché non desidera altro che Dio. Questa chiave va custodita anche attraverso la potenza di Dio e la carità divina, affinché il posto dell'anima non sia pre­so dal diavolo. Vedi, mia sposa, qual è l'amore che Dio nutre nei confronti dell'anima. Per questo rimani salda e compila mia volontà». Libro II, 27

Dio paragonato a un uccello che si occupa dei suoi piccoli

San Giovanni Battista parlava alla sposa di Gesù Cristo, dicendo: «C'è un uccello chiamato gazza che ama molto i suoi piccoli, perché ha portato nel proprio ventre le uova da cui sono nati. Quest'uccello costruisce il suo nido con frammenti e cose vecchie per tre motivi: per il riposo, per ripararsi dalla pioggia e dal caldo ec­cessivo e per avere un luogo in cui nutrire i propri pic­coli. Una volta che questi ultimi sono nati e diventati grandicelli, la madre li stimola a volare in tre modi: nu­trendoli con il cibo con cui nutre se stessa, richiaman­doli con la sua voce e volando per dare l'esempio. Ma gli uccellini, che amano la loro madre e sono abituati al cibo materno, progrediscono poco per volta seguendo la gazza nel nido; poi, se le forze aumentano, si spingo­no oltre, finché l'abitudine e l'esperienza non li rendo­no perfettamente atti al volo. Quest'uccello rappresenta Dio, che esiste da sempre e non cambia mai; da lui dipendono tutte le anime as­sennate, così come le giovani gazze dipendono dal ven­tre della madre. Ad ogni anima viene destinato un nido nel quale Dio nutre l'anima con il cibo degli affetti buo­ni, ne protegge le orecchie dalle parole cattive, e la pone al riparo dalla pioggia delle cattive azioni. Ora, ogni anima è congiunta al corpo per guidarlo, non per esserne retta, per stimolarlo al lavoro e averne cura in modo assennato. Dio, dunque, come una brava madre, insegna all'anima a trarre vantaggio e a progre­dire nelle cose migliori; insegna a uscire da ciò che è an­gusto per aprirsi a quello che va fatto e detestare ciò che occorre evitare; questo avviene in primo luogo nei con­fronti della carne, conferendole il raziocinio, la ragione e l'intelligenza secondo le capacità di ciascuno, mo­strandogli ciò che è obbligatorio e ciò che è vietato, quello che bisogna fare e quello che invece occorre evi­tare. Ma, così come la madre insegna e cresce i suoi pic­coli nel nido, allo stesso modo l'uomo impara innanzi­tutto a meditare sulle cose celesti e a pensare quanto li­mitato e vile sia il nido del corpo, quanto siano fulgide e luminose le cose celesti, e quanto sia piacevole ciò che è eterno. Dio guida l'anima anche con la voce, quando dice: 'Chi mi segue avrà la vita; chi mi segue non morira. Questa voce conduce in cielo; chi non l'ascolta è sordo o ingrato alla dilettazione materna. In terzo luogo, Dio guida e attira l'anima a sé con il volo, ossia con l'esempio della propria umiltà. L'uma­nità gloriosa di Gesù Cristo ha ricevuto due specie d'ali: di purezza assoluta e che compiono ogni genere di be­ne. L'umanità di Gesù volava verso il mondo con que­ste due ali. L'anima, dunque, segua il volo di queste due ali fin­ché potrà e, non riuscendo a farlo con le opere, almeno lo faccia con l'amore e con il desiderio». Libro Il, 29

Tre cose con cui evitare il peccato

«Le tre cose con cui evitare il peccato sono: una peni­tenza perfetta, l'intenzione di non voler mai peccare e fa­re ammenda secondo il consiglio di chi ha disprezzato il mondo. E le tre cose per ottenere l'amore sono: l'umiltà, la misericordia e l'opera della carità, perché chiunque di­ca anche un solo Pater noster per ottenere la carità, avver­tirà ben presto gli effetti della carità su di sé». Libro III, 12

Tutta la Santa Trinità rende testimonianza alla sposa

«Mio Dio dolcissimo! Ti prego per i peccatori, fra i quali ci sono anch'io, affinché tu abbia misericordia di loro». Dio Padre rispose: «So e ho sentito la tua volontà; per questo motivo la tua preghiera caritatevole sarà sod­disfatta. Come dice oggi San Giovanni nella sua Episto­la, o meglio come dico io attraverso lui: 'Sono in tre a rendere testimonianza in terra: lo Spirito, l'acqua e il sangue; e tre in cielo: il Padre, il Figlio e lo Spirito San­to'. Poi ci sono tre cose che ti rendono testimonianza: perché lo Spirito, che ti ha custodito nel ventre materno, attesta alla tua anima che tu appartieni a Dio grazie alla fede del battesimo che i tuoi genitori hanno professato per te. L'acqua del battesimo ti testimonia che sei figlia dell'umanità di Gesù Cristo, grazie alla rinuncia e alla correzione della prima trasgressione. Anche il sangue di Gesù Cristo ti rende testimonianza che sei stata riscatta­ta, che sei figlia della Divinità e che sei stata separata dalla potenza del diavolo con i sacramenti della Chiesa. Anche noi, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre in una Persona, ma uno in sostanza e potenza, ti rendiamo te­stimonianza del fatto che ci appartieni attraverso la fede e come te tutti quelli che imitano la retta fede della San­ta Chiesa. Come testimonianza che vuoi compiere la no­stra volontà, avvicinati e ricevi il corpo e il sangue dell'umanità di Gesù Cristo, affinché il Figlio ti renda testimonianza che appartieni a colui del quale ricevi il corpo per fortificare l'anima. Il Padre che è nel Figlio ti rende testimonianza che sei del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo, inoltre, ti rende testimonianza che è nel Padre e nel Figlio, e che appartieni a questa Trinità e unità mediante la vera fede e la dilettazione devota». Libro III, 23

La Santa Vergine istruisce la sposa sul modo in cui amare

La Madre di Dio parlò alla sposa, dicendo: «Figlia mia, non mi ami?» Ella rispose: «Signora, insegnami come amare, per­ché la mia anima è stata oscurata dalla dilettazione sba­gliata e non sa provare quella vera». «Ti insegnerò», disse la Madre di Dio, «poiché esistono quattro città in cui si trovano quattro carità; infatti si può parlare a ra­gion veduta di carità solo là dove Dio e l'anima sono congiunti nell'unione delle virtù. La prima città è il mondo in cui viene posto l'uomo affinché sia messo alla prova il suo amore per Dio e do­ve egli sperimenti la propria infermità, abbia le virtù con cui tornare alla gloria e, purificandosi sulla terra, sia incoronato con maggiore gloria nei cieli. In questa città, si trova una carità disordinata, ossia quella che si prova quando si ama più la carne dell'anima, quando si desi­dera con maggior fervore il corpo al posto dello spirito, quando si onora il vizio e si disprezza la virtù, quando si preferisce essere in pellegrinaggio che in patria, quando si ha più timore di un piccolo uomo mortale che di Dio, il quale regnerà in eterno. La seconda città è quella della purificazione: qui si lava la corruzione dell'anima, perché piacque a Dio or­dinare luoghi simili in cui chi deve essere incoronato viene purificato e dove chi, pur essendo stato insolente per avere trascurato la propria libertà, ha sempre timor di Dio. In questa città si trova la dilettazione imperfetta, perché sebbene Dio sia amato nella speranza che liberi da la prigionia, questo sentimento non si nutre del fer­vore dell'affetto e si basa, invece, sull'amarezza e sul di­sgusto con cui questi uomini soddisfano le loro colpe. La terza città è quella del dolore, ed è sede dell'inferno. Qui regna il piacere per ogni genere di perversità... La quarta città è quella della gloria: qui si trovano la gioia perfetta e la carità decorosa; tutto quello che si de­sidera in questo posto è Dio e per Dio stesso. Per giun­gere alla perfezione di questa città, è necessario avere quattro tipi di carità: quella decorosa, quella pura, quella vera e quella perfetta. La carità decorosa è quella con cui si amano la carne unicamente in quanto sostegno, il mondo senza eccedere, il prossimo per amore di Dio, l'amico per la purezza della sua vita, il nemico per la so­la ricompensa. La carità pura è quella che si raggiunge con la virtù quando non si ama il vizio, quando si disprezzano i co­stumi corrotti, quando non si scusano i propri peccati. La carità vera è quando si ama Dio con tutto il cuore, con tutto l'affetto; quando si considera l'onore che dob­biamo a Dio e quanto dobbiamo temerlo in tutte le no­stre azioni; quando, forti delle nostre opere di bene, non commettiamo il minimo peccato; quando ci mode­riamo da soli, in maniera da non eccedere per troppo fervore e quando non ci lasciamo trascinare verso il peccato dalla pusillanimità e dall'ignoranza delle tenta­zioni. La carità perfetta è quando per l'uomo nulla è più dolce di Dio; essa inizia rinnovando l'amore in questa vita e si compie in cielo». Libro III, 28

Come gli amici di Dio non devono preoccuparsi delle proprie tribolazioni

«Dio non dimentica l'amore che nutre per noi e in ogni istante, data l'ingratitudine degli uomini, manifesta la sua pietà, perché somiglia a un bravo maniscalco che in certi momenti riscalda il ferro, in altri lo raffredda. Allo stesso modo Dio, eccellente operaio che creò il mondo dal nulla, manifestò il proprio amore ad Adamo e ai suoi posteri. Ma gli uomini si raffreddarono talmen­te che, stimando Dio meno di nulla, commisero peccati abominevoli ed enormi. Così, dopo aver mostrato la propria misericordia e impartito i suoi salutari consigli, Dio diede sfogo al fu­rore della sua giustizia con il diluvio. Dopo il diluvio, Dio strinse un'alleanza con Abramo, gli mostrò i segni del proprio amore e guidò tutta la sua stirpe con mira­coli e prodigi. Dio, inoltre, diede la legge al popolo con la propria bocca e confermò le sue parole e i suoi co­mandamenti con segni manifesti. Il popolo trascorse un certo periodo di tempo nelle vanità, raffreddandosi e la­sciandosi andare a così tante follie da rendere culto agli idoli; allora Dio, desiderando accendere e riscaldare nuovamente gli uomini diventati freddi, mandò sulla terra suo Figlio, che ci ha insegnato la strada del cielo e ci ha mostrato la vera umanità da seguire. Ora, sebbene siano troppi coloro che l'hanno dimenticato, o addirit­tura trascurato, egli mostra e manifesta le sue parole di misericordia... Dio è eterno e incomprensibile e in lui sono la giu­stizia, la ricompensa eterna e una misericordia che va al di là dei nostri pensieri. Diversamente, se Dio non aves­se manifestato la sua giustizia ai primi angeli, come si conoscerebbe questa giustizia che giudica tutte le cose con equità? E se per di più non avesse avuto misericor­dia dell'uomo creandolo e liberandolo con segni infiniti, come si conoscerebbero la sua bontà e il suo amore im­menso e perfetto? Quindi, essendo Dio eterno, lo è anche la sua giustizia, alla quale non occorre aggiungere o togliere nulla, come invece si fa con l'uomo che pensa di svolgere la mia opera o il mio disegno in questo o in quel modo, in questo o in quel giorno. Ora, quando Dio ha misericor­dia o fa giustizia, le manifesta compiutamente, perché ai suoi occhi il passato, il presente e il futuro sono presenti da sempre. Per questo gli amici di Dio devono mantenersi con pazienza nel suo amore, senza preoccuparsi anche se ve­dono prosperare chi è legato alle cose del mondo; Dio, infatti, è come una brava lavandaia che lava i panni sporchi fra le onde e i flutti, perché, con il moto dell'ac­qua, diventino bianchi e puliti ed evita con cura le cre­ste delle onde, per paura che possano sommergere i panni stessi. Similmente in questa vita Dio pone i suoi amici fra le tempeste delle tribolazioni e delle meschi­nità, affinché, attraverso esse, siano purificati per la vita eterna, facendo attenzione che non sprofondino in qualche infelicità eccessiva o in una pena intollerabile». Libro III, 30

L’anima è simboleggiata da un anello e il corpo da un panno

La Madre di Dio parla dicendo: «Se qualcuno riceve un anello troppo piccolo per le sue dita, chiede cosa fa­re all'amico. Questi risponde: 'Tagliati il dito, così l'anello sarà della misura perfetta'. Ma l'altro risponde: 'No, piuttosto allargherò l'anello con un martello'. Se qualcuno vuole colare e filtrare la bevanda del Signore onnipotente attraverso un tessuto puro, e chiede consi­glio all'amico, questi gli dirà: 'Togli dal panno tutto ciò che è immondo e filtra la bevanda di nostro Signore là dove troverai qualcosa di puro'. Ma l'altro risponde: 'No, piuttosto laverò e pulirò il tessuto, poi lo userò per filtrare la bevanda'. Lo stesso vale per le cose dello spi­rito. L'anello rappresenta l'anima e il panno il corpo: dunque, l'anima, che deve essere l'anello di Dio, va estesa con il martello della purificazione e della discre­zione. Quanto al corpo, non deve essere ucciso, ma pu­lito con l'astinenza, in modo che attraverso lui le parole di Dio siano diffuse ovunque». Libro III, 34

Le tribolazioni e le consolazioni spirituali

Parla la Madre di Dio: «Gli amici di Dio dicono: 'Vediamo il mondo ora afflitto da una tribolazione spi­rituale, ora rincuorato da una consolazione spirituale'. La consolazione spirituale è un'infusione dello Spirito Santo, consiste nel considerare le grandezze delle opere di Dio e nell'ammirare la sua pazienza e la si prova quando tutte queste cose sono compiute con piacere mediante le opere. La tribolazione spirituale sono i pensieri cattivi, im­mondi ed eccessivamente importuni che si insinuano nello spirito; è lo spirito angustiato dal disonore nei con­fronti di Dio e dal peccato delle anime; lo spirito co­stretto a calarsi nelle incombenze del mondo. Similmen­te talvolta gli amici di Dio possono trovare conforto nel­le consolazioni temporali, come le parole di edificazione e le ricreazioni oneste, oppure parlando delle virtù di qualcuno senza denigrarle né dire alcunché di disone­sto. Potrai comprendere meglio attraverso questo esem­pio: se si tenesse sempre chiuso il pugno, i nervi si ritrar­rebbero oppure la mano si indebolirebbe; lo stesso suc­cede durante gli esercizi spirituali: se l'anima fosse co­stantemente in contemplazione o perdesse coscienza di sé, verrebbe meno per la superbia oppure si assistereb­be al dominio della corona di gloria. Per questo talvolta gli amici di Dio trovano consolazione nell'infusione del­lo Spirito Santo; altre volte, invece, sono afflitti con il permesso divino perché, dopo aver sradicato le tribola­zioni e le radici del peccato, possano radicarsi i frutti della giustizia; tuttavia Dio, che vede nei cuori e com­prende ogni cosa, modera le tentazioni dei suoi amici, affinché esse siano a loro vantaggio; egli, infatti, fa e per­mette tutte le cose con considerazione e moderazione. In questo modo, tu che sei chiamata nello Spirito di­vino non sollecitare la longanimità di Dio, perché sta scritto che nessuno va al Padre se Dio non lo attrae: se il pastore attira e lusinga con un fascio di fiori le pecore verso la sua casa - che è sicura perché non ha uscite, in quanto è circondata da mura, ed ha il tetto alto e le por­te chiuse -,lo fa perché le pecore si abituino a mangiare il fieno dalle sue mani. La stessa cosa è stata fatta per te, perché quello che prima ti sembrava difficile e insop­portabile, ora ti è dolce e facile, tanto che non ti piace nulla all'infuori di Dio». Libro IV,12

Quali sono le lacrime che piacciono a Dio

Il Figlio di Dio dice a Santa Brigida: «Ecco il motivo per cui non esaudisco chi vedi spargere le lacrime e da­re molto ai poveri per il mio onore. Per prima cosa ti ri­spondo: dove zampillano due fontane e una confluisce nell'altra, se una delle due è torbida, anche l'altra lo di­venterà e allora chi potrà berne l'acqua? Lo stesso suc­cede con le lacrime: molti piangono, ma in diversi casi semplicemente perché sono inclini al pianto. A volte le tribolazioni del mondo e il timore dell'in­ferno rendono impure queste lacrime, in quanto non de­rivano dall'amore di Dio. Tuttavia queste lacrime mi so­no gradite poiché sono dovute al pensiero dei benefici di Dio, alla meditazione dei propri peccati e dell'amore di Dio. Lacrime del genere innalzano l'anima dalla terra al cielo e rigenerano l'uomo elevandolo alla vita eterna, perché sono portatrici di una duplice generazione spiri­tuale. La generazione carnale porta l'uomo dall'impurità alla purezza, piange i danni e i guasti della carne e sop­porta con gioia le pene del mondo. I figli di questo tipo di persone non sono figli delle lacrime, perché con que­ste lacrime non si acquista la vita eterna; dà alla luce un figlio delle lacrime invece la generazione che deplora i peccati dell'anima e fa attenzione che suo figlio non of­fenda Dio. Una madre come questa è più vicina al pro­prio figlio che non colei che l'ha generato nella carne, perché solo con questa generazione si può acquistare la vita beata». Libro IV, 13