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Giovedi, 18 aprile 2024 - Misteri luminosi - San Galdino ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Tre ricordi ai giovani per conservare il frutto della comunione pasquale: “Cari giovani, se volete conservare il frutto della santa comunione che fate in questo tempo pasquale, praticate questi tre avvisi. Essi renderanno contento il vostro cuore e formeranno la felicità dell’anima vostra. 1° Santificate il giorno festivo, non mancando mai di sentire divotamente la Santa Messa ed intervenire ad ascoltare la parola di Dio, cioè prediche, istruzioni catechismo. 2° Fuggite come la peste i cattivi compagni; cioè state lontani da tutti quei giovani che bestemmiano oppure nominano il santo nome di Dio invano; fanno o parlano di cose disoneste. Fuggite altresì quelli che parlano male di nostra santa cattolica religione, criticano i sacri ministri e soprattutto il Romano Pontefice Vicario di Gesù Cristo. Siccome é un cattivo figlio quello che censura la condotta di suo padre, così è un cattivo cristiano colui che censura il papa; che é il padre dei fedeli cristiani che sono in tutto il mondo. 3° Accostatevi spesso al sacramento della penitenza. Non lasciate passare un mese senza confessarvi ed anche comunicarvi secondo l’avviso del confessore. Dopo la comunione fermatevi più che potete per ringraziare il Signore e chiedergli grazia di non morire in peccato mortale. Un Dio solo. Se mi è nemico, chi mi salverà? Un’anima sola: se la perde, di me che sarà? Un solo peccato mortale merita l’inferno che sarà di me se morissi in tale stato? Ascolta, caro figlio, il detto mio: fallace è il mondo, il vero amico è Dio.
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Vita di San Paolo apostolo di San Giovanni Bosco



San Paolo

S. Paolo a Corinto - Sua dimora in casa di Aquila - Battesimo di Crispo e di Sostene - Scrive ai Tessalonicesi - Ritorno ad Antiochia. Anno di Gesù Cristo 53-4.

Se Atene era la più celebre città, per la scienza, Corinto era considerata la prima pel commercio. Colà concorrevano negozianti da tutte le parli. Ella aveva due porti sull'istmo del Peloponneso, uno chiamato Cenero che guardava l'Arcipelago; l'altro detto Acheo e riguardava l'Adriatico. Il disordine e l'immoralità erano ivi portate in trionfo. Niente spaventato per tali ostacoli S. Paolo appena giunto in questa città si pose a predicare in pubblico ed in privato.

Egli prese alloggio in casa di un giudeo per nome Aquila. Era questi un fervoroso cristiano che per evitare la persecuzione pubblicata dall'imperatore Claudio contro i cristiani, era fuggito dall' Italia con sua moglie di nome Priscilla, ed era venuto a Corinto. Esercitavano essi l'arte medesima che Paolo da giovane aveva appresa, cioè di far tende per uso dei soldati. Per non essere di troppo aggravio ai suoi ospiti il santo Apostolo si diede anche egli al lavoro, e spendeva nella bottega tutto quel tempo che gli rimaneva libero dal sacro ministero. Ciascun sabato però si portava alla sinagoga e si sforzava di far conoscere agli Ebrei che le profezie risguardanti al Messia avevano avuto adempimento nella persona di Gesù Cristo.

Giunsero frattanto Sila e Timoteo da Berea. Essi partirono per Atene dove intesero che Paolo n'era già partito e lo andarono a raggiungere a Corinto. Al loro arrivo Paolo sì diede con maggior coraggio a predicare ai Giudei; ma crescendo ogni giorno la loro ostinazione, Paolo non potendo più soffrire tante bestemmie e tale abuso di grazie, così mosso da Dio annunziò loro imminenti i divini flagelli con queste parole: Il vostro sangue sarà sopra di voi; io ne sono innocente. Ecco che io mi rivolgo ai Gentili, e in avvenire sarò tutto per essi.

Fra i Giudei che bestemmiavano Gesù Cristo erano forse alcuni che lavoravano nella bottega di Aquila, perciò l'Apostolo a fine di evitare la compagnia dei malvagi abbandonò la casa di lui, e si trasferì a quella di un certo Tito Giusto da poco tempo venuto dal gentilesimo alla fede. Vicino a Tito dimorava un certo Crispo prefetto della sinagoga. Costui istruito dall'Apostolo abbracciò la fede con tutta la sua famiglia.

Le grandi occupazioni di Paolo in Corinto non gli fecero dimenticare i suoi diletti fedeli di Tessalonica. Quando Timoteo giunse di colà avevagli raccontate grandi cose del fervore di quei cristiani, della grande loro carità, della buona memoria che di lui conservavano, e dell'ardente desiderio di rivederlo. Non potendo Paolo recarsi in persona, come desiderava, scrisse loro una lettera, la quale si crede esser la prima scritta da S. Paolo. In questa lettera egli molto si rallegra coi Tessalonicesi della loro fede e della loro carita, di poi li esorta a guardarsi dai disordini sensuali e da ogni frode. E siccome l'ozio è la sorgente di tutti i vizi, così egli li incoraggisce a darsi seriamente al lavoro reputando indegno di mangiare chi non vuol lavorare. Si quis non vult operari nec manducet. Conchiude poi ricordando loro il gran premio che Dio tiene preparato in Cielo per la minima fatica tollerata nella vita presente per amore di lui.

Poco dopo questa lettera ebbe altre notizie dei medesimi fedeli di Tessalonica. Erano essi grandemente inquieti per alcuni impostori che andavano predicando imminente il giudizio universale. L'Apostolo scrisse loro la seconda lettera avvisandoli di non lasciarsi ingannare dai loro fallaci discorsi. Nota essere certo il giorno del giudizio universale; ma prima debbono apparire moltissimi segni tra i quali la predicazione del Vangelo in tutta la terra. Gli esorta a tenersi fermi alle tradizioni che loro aveva comunicate per lettera e a viva voce. Finalmente si raccomanda alle loro preghiere e inculca molto di fuggire i curiosi e gli oziosi, che sono considerati come la peste della religione e della società.

Mentre S. Paolo confortava i fedeli di Tessalonica insorsero contro di lui tali persecuzioni che sarebbesi indotto a fuggire da quella città se non fosse stato da Dio confortato con una visione. Gli apparve Gesù Cristo e gli disse: Non temere, io sono con te, niuno potrà farti alcun male: in questa città è grande il numero di coloro che per tuo mezzo si convertiranno alla fede. Incoraggito da tali parole l' Apostolo dimorò in Corinto diciotto mesi.

La conversione di Sostene fu tra quelle che recarono grande consolazione all'animo di Paolo. Egli era succeduto a Grispo nella prefettura della sinagoga. La conversione di questi due principi della loro setta irritò fieramente i Giudei, e nel loro furore presero l'Apostolo e lo condussero dal Proconsolo, accusandolo d'insegnare una religione contraria a quella de' Giudei. Gallione, tale è il nome di quel governatore, udendo che si trattava di cose religiose non volle mischiarsi a farla da giudice. Egli si contentò di rispondere così: se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche pubblico misfatto, io vi ascolterei volentieri, ma trattandosi di questioni appartenenti alla religione pensateci voi altri, io non ne voglio giudicare. Quel proconsolo reputava che le questioni e le differenze spettanti a religione dovessero essere discusse e definite dai Sacerdoti e non dalle autorità civili, e per questo rapporto fu savia la risposta di lui.

Sdegnati i Giudei di tale repulsa si rivolsero contro a Sostene, eccitarono eziandio i ministri del tribunale ad unirsi con loro per batterlo sotto gli occhi del medesimo Gallione, senza che egli li proibisse. Sostene tollerò con invitta pazienza quell'affronto, e appena lasciato in libertà si unì a Paolo e gli diventò compagno fedele ne' suoi viaggi.

Vedendosi Paolo come per miracolo liberato da così grave burrasca fece a Dio un voto in rendimento di grazie. Quel voto era simile a quello de' Nazarei, il quale consisteva particolarmente nell'astenersi per un dato tempo dal vino e da qualunque altra cosa atta ad ubbriacare, e di lasciarsi venir lunghi i capelli, il che presso gli antichi era segno di lutto e di penitenza. Quando era per terminare il tempo del voto dovevasi fare un sacrifizio nel tempio con varie cerimonie prescritte dalla legge di Mosè.

Adempiuta una parte del suo voto san Paolo in compagnia di Aquila e di Priscilla si imbarcò alla volta di Efeso città dell'Asia minore. Secondo il suo costume Paolo andò a visitare la Sinagoga e disputò più volte cogli Ebrei. Pacifiche furono queste dispute, anzi gli Ebrei lo invitarono a fermarsi di più; ma Paolo voleva proseguire il suo viaggio a fine di trovarsi in Gerusalemme e compiere il suo voto. Diede però parola a quei Fedeli di ritornarvi, e quasi per caparra del suo ritorno lasciò appresso di loro Aquila e Priscilla. Da Efeso s. Paolo s'imbarcò per la Palestina e giunse a Cesarea ove sbarcando s' incamminò a piedi verso a Gerusalemme. Andò a visitare i Fedeli di questa Chiesa, e adempiute le cose, per le quali egli aveva principalmente intrapreso questo viaggio venne ad Antiochia, ove fece qualche tempo dimora.

Tutto è degno di ammirazione in questo grande Apostolo. Noi notiamo qui solamente una cosa che egli caldamente raccomanda ai Fedeli di Corinto. Per dar loro un importante avviso con cui mantenersi fermi nella fede: o fratelli, egli scrive, per non cadere nell' errore, tenetevi alle tradizioni imparate dal mio discorso e dalla mia lettera. Itaque, fratres, state et tenete traditiones quas didicistis sive per sermonem sive per epistolam nostram. Colle quali parole s. Paolo comandava di avere la medesima riverenza per la parola di Dio scritta e per la parola di Dio tramandata per tradizione siccome insegna la Chiesa cattolica.

Fonte: http://www.donboscosanto.eu/