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Giovedi, 28 marzo 2024 - Misteri luminosi - San Castore di Tarso ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Due cose sole io temo: il peccato mortale che da la morte all’anima e la morte corporale che sorprende chi si trova in disgrazia di Dio.
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Catechesi sulla confessione per il Tempo di Quaresima



Quaresima

PADRE SLAVKO: LA SANTA FIAMMA



Ora mi sembra sia giunto il momento opportuno per leggere insieme una storia. Consideratela attentamente, come è scritta qui. Credo che servirà a comprenderci meglio ed a proseguire più utilmente la nostra meditazione.

C'era una volta nella appena nata repubblica di Firenze, un uomo che si chiamava Raniero de' Ranieri. Lasciato dalla moglie, che lo temeva, Raniero andò con i crociati a conquistare il Sepolcro di Cristo a Gerusa­lemme. Raniero si distingueva per la sua prepotenza. Fu il primo a salire con Goffredo di Buglione sulle mura di Gerusalemme, perciò la sera stessa gli spettò l'onore di accendere la sua torcia sulla fiamma del Sepolcro di Cristo. La liberazione per molti crociati era un pretesto per il saccheggio. Secondo le parole di un burlone, che in quelle sere gironzolava da una tenda all'altra, tanti tra i crociati erano assassini e banditi prima ancora di partire dalla patria. Intrattenendosi nella tenda di Raniero, il burlone con abilità e spigliatezza spinse Raniero a fare il voto di portare da solo la Fiamma fino a Firenze. Tra le risa e il divertimento generale dei cavalieri ubriachi, Raniero si intestardì affermando che avrebbero fatto l'impossibile. E la sua natura selvaggia e dispettosa lo costrinse al passo che lo fece di più assomigliare ai selvaggi.

Così, all'alba, Raniero, di nascosto dagli altri, prese la torcia che aveva acceso al Sepolcro di Cristo. Ammantato con il mantello da pellegrino per riparare la fiamma dal vento, intraprese nella foschia mattutina il lungo viaggio verso Firenze. Capì subito che la fiamma gli si sarebbe spenta se avesse cavalcato velocemente. Ma il suo puledro da guerra non era abituato a cavalcare piano. Perciò Raniero decise di montarlo al contrario, in modo da riparare con il petto la fiamma dal vento. Ma attraverso la steppa lo attaccarono i banditi, gente maledetta e malata che seguiva le tracce dei soldati. Raniero era naturalmente in grado di scacciarne da solo una dozzina per volta, ma temeva che nel frattempo gli si spegnesse la fiamma. Allora offrì loro tutto ciò che possedeva: il vestito, il cavallo e l'armatura, lasciandosi solo le candele e chiedendo di essere lasciato in pace. Per quei delinquenti andò bene così, perché anche loro non erano pronti per il conflitto e gli presero dunque tutto fuorché le candele, il mantello da pellegrino e la torcia accesa. Lo misero poi su un ronzino al posto del suo bel cavallo. Raniero cominciò a meravigliarsi di se stesso: "Non mi sto comportando come un cavaliere - si disse -, condottiero di gloriosi crociati, ma proprio come un mendicante. Forse è meglio che io smetta. Perché chissà che cosa avverrà di me a causa di questa fiamma".

Ma non si arrese. E per la sua strada incontrò umiliazioni ed angosce di ogni sorta. I suoi compaesani, pellegrini verso Gerusalemme, gli gridavano nella lingua materna: "Pazzo!" Quando poi veniva attaccato da pastori agguerriti, Raniero si preoccupava solo di salvare la fiamma. Una volta dormì in una locanda dove erano solite fermarsi le carovane dei pellegrini e dei mercanti. Il proprietario, nonostante l'affollamento della locanda, trovò una sistemazione per Raniero ed il suo cavallo. Ramero pensò: "Quell'uomo ha avuto pietà di me. Se possedevo ancora il mio prezioso abbigliamento ed il cavallo bianco, avrei avuto sicuramente molte più difficoltà nell'attraversare questo paese. Posso quasi credere che i briganti mi abbiano fatto un favore".

Quella notte era molto stanco, era riuscito solo a rinforzare la candela con dei sassi. E sebbene avesse pensato di trascorrere la notte vegliando il fuoco, cadde in mezzo al fieno e si addormentò. Al mattino il suo primo pensiero fu per la fiamma. La candela non si trovava più dove l'aveva lasciata. Quasi era contento, poiché in tal modo il suo viaggio era così concluso, ma in verità non poteva essere contento. Gli sembrava inutile tornare nella sua tenda di guerriero. Proprio in quel momento giunse il padrone della locanda con la candela accesa. Gli disse che l'aveva protetta perché aveva capito che era importante che rimanesse accesa. Raniero risplendeva di felicità. Allora prese la fiamma e montò a cavallo. Ma si meravigliava ancora al pensiero di quello che ormai rappresentava per lui quella fiamma e al modo in cui essa lo proteggeva. Quando minacciava infatti la pioggia, quando attraversava le montagne del Libano, Raniero riusciva a trovare sempre un nascondiglio nelle grotte. Una volta per poco non morì assiderato. Aveva nascosto la candela in una tomba saracena, perché non voleva accendere con essa della legna per riscaldarsi. E quando già stava cominciando a congelarsi dal freddo, cadde un lampo che incendiò un albero vicino. Così ebbe il fuoco senza bisogno di accenderlo con la Santa Fiamma.

Alla fine non si meravigliò neanche più. Vicino Nicea incontrò alcuni cavalieri provenienti dall'Oriente, tra cui c'era anche un trovatore girovago. Essi, vedendo Raniero cavalcare la sella al contrario, con il mantello sfilacciato, coperto dalla barba e con la candela in mano, cominciarono al solito a gridargli: "Pazzo". Solo il poeta girovago fece loro segno di tacere. Si avvicinò, cavalcando, a Raniero e gli chiese da quando tempo viaggiasse in quel modo. "Da Gerusalemme, Signore", rispose umilmente Raniero. "E la fiamma non si è mai spenta durante tutto il viaggio?". "La mia candela arde della stessa fiamma di cui l'ho accesa alla tomba di Cristo", affermò Raniero. Il trovatore aggiunse: "Anch'io sono di quelli che portano solo una fiamma.

Perciò mi piacerebbe se potesse ardere per sempre. Dimmi, tu che conduci innanzi la tua fiamma da Gerusalemme, che cosa devo fare per non far spegnere la fiamma? "

"Signore, replicò allora Raniero, gravoso è questo compito, anche se sembrava irrilevante. Poiché questa fiammella esige che voi smettiate totalmente di pensare a qualcos'altro. Lei non vi permette di avere un'amante, se avete deciso di mantenerla accesa. E per volontà di questa fiamma non potrete neppure sedervi ad una allegra tavolata. Non potrete avere nient'altro in mente se non la fiamma. E nessun altro potrà essere più importante per voi. Ma il motivo per cui vi sto sconsigliando dall'avere una simile intenzione, è che non sarete mai sicuro di riuscire a portare la fiamma fino alla fine del viaggio. In nessun momento, anzi, dovrete esserne sicuro, ma restar sempre pronto all'eventualità che già nell'istante successivo la fiamma vi potrà essere rubata". Così rispose Raniero. Ma Roberto, il poeta trovatore, alzò orgoglioso la testa e disse: "Quello che hai fatto tu per la tua fiamma, saprò fare anch'io per la mia!"

Gli avvenimenti successivi si svolgono in Italia. Raniero cavalcava per un sentiero isolato attraverso le colline, quando accorse da lui una donna che gli chiese il fuoco della sua candela: “Il mio camino è spento - esclamò la donna -, i miei bambini hanno fame. Prestami il fuoco per riscaldare il forno e cuocere il pane”. Ed ella allungò la mano verso la candela. Ma Raniero si ritrasse, perché si era messo in testa che la fiamma della sua candela non avrebbe acceso nessun altro fuoco se non all'altare della Beata Vergine del Duomo fiorentino. Allora la donna aggiunse: "Dammi il fuoco pellegrino, perché la vita dei miei bambini è la fiamma che mi è stata ordinata di mantenere accesa!" Grazie a queste parole Raniero le permise di accendere alla candela lo stoppino della sua lampada. Dopo qualche ora, in un villaggio, un contadino gettò a Raniero un mantello in segno di carità. Ma il mantello cadde sulla candela e la spense. In quell'istante Raniero si ricordò della donna a cui aveva offerto il fuoco. Tornò da lei e riaccese la sua candela dal fuoco del camino di costei.

Ormai cavalcava già tra le colline azzurre di Firenze. Pensava che tra breve si sarebbe liberato della fiamma. Riandava con la memoria al suo bottino di guerra ed ai suoi compagni di Gerusalemme che di sicuro erano rimasti meravigliati dalla sua scomparsa. Ma si accorse che simili pensieri non lo divertivano più. Come non lo attraeva più la sua vita di conquiste e di avventure. Alla fine si rese conto che lui non era più lo stesso uomo che era uscito a cavallo fuori delle mura della Città Santa. Adesso era felice solo per le cose buone apportatrici di pace.

A Pasqua, Raniero finalmente giunse a cavallo a Firenze. Ma improvvisamente, proprio alla fine, cominciarono le angosce peggiori. Appena oltrepassata la porta della città, i ragazzetti ed i familiari che si trovavano lì, si alzarono in piedi e con gran clamore andavano dietro al pellegrino, cercando di spegnere la candela. Raniero sollevava il suo fuoco per ripararlo da quella gente maledetta che lanciava cappelli e soffiava a viva forza contro la candela. Era una scena squallida e meschina. Il povero cavaliere sembrava veramente un pazzo. La massa della persone, folla brutale, si divertiva. Le finestre si riempivano di facce desiderose di sollazzarlo. Raniero appariva come un selvaggio. Si sollevava sulla sella per riparare la sua fiamma. Ma una donna da un balcone basso, prese la candela con le mani e di corsa rientrò dentro casa. Tutti scoppiarono a ridere e presero ad esultare. Ma Raniero cominciò a dondolarsi sulla sella e cadde per terra. La strada divenne d'un tratto deserta. In quel momento Francesca, la moglie di Raniero, uscì fuori con la candela accesa in mano. Era lei quella che aveva afferrato la candela sporgendosi dal balcone, con l'intenzione di salvarla. Quando la luce della candela cadde sul viso di Raniero, egli trasalì ed aprì gli occhi. Francesca gli porse la fiamma: egli non riconobbe la donna perché non la guardava. Guardava solo la fiamma. La voleva portare al duomo. Francesca lo aiutò a rimettersi in sella. Ella lo aveva riconosciuto subito. Pensava però che fosse diventato veramente pazzo, perché non aveva distolto gli occhi dalla fiamma. Raniero sobbalzò allorché sentì la donna accanto a lui piangere. Le rivolse allora lo sguardo e si avvide che la donna che lo stava conducendo alla Cattedrale e colei che aveva salvato la fiamma erano in realtà una sola persona: sua moglie. La guardò un momento, ma non disse nulla. Con la fiamma entrò in Chiesa. Presto sarebbe stato annunciato al popolo che era tornato il cavaliere Raniero de' Ranieri con la fiamma da lui accesa al Sepolcro di Cristo. Francesca, dalla più profonda disperazione e miseria si trovò improvvisamente al centro di un miracolo ed al colmo della felicità. Si sollevarono però voci polemiche, soprattutto da parte di persone a cui Raniero prima aveva fatto del male con la sua brutalità. Queste chiesero così le prove che Raniero aveva realmente compiuto quella missione. Egli però non aveva pensato a questo. "Chi posso chiamare a testimoniare?! - disse - Nessuno scudiero volle seguirmi. Deserti e montagne sono i miei testimoni!"

Nella Chiesa si generò la confusione. Raniero temeva che ora, a poca distanza dall'altare, gli venisse spenta la fiamma. In quel momento sbatté contro la candela un uccello che per sbaglio era entrato attraverso la porta aperta della Chiesa. La fiamma si spense, le mani di Raniero ricaddero lungo i suoi fianchi, sfinite, ed i suoi occhi si riempirono di lacrime. Ma nella chiesa si udì il grido della gente: le ali dell'uccellino si erano incendiate, accese dalla santa fiamma. Volava cinguettando disperatamente, finché non cadde bruciato sull'altare. E prima che la fiamma si spegnesse, dalle sue ali Raniero corse a riaccendere la sua candela nella fiamma che si stava smorzando. Questa era la prova che cercavano.

Da quel giorno Raniero divenne il protettore delle vedove e degli orfanelli, visse nella pace e nella felicità con Francesca e i suoi concittadini lo amavano e lo rispettavano. A ricordo dell'impresa di Raniero, tutta la sua famiglia fu soprannominata pazzo di Raniero, e questo fu il soprannome più autorevole per i suoi discendenti ".
(V KRMPOTIC 114, 118, tratto del libro di Vesna Krmpotic "La camicia dell'uomo felice")

Questo racconto è chiaro: il cavaliere si era entusiasmato per la fiamma accesa sul sepolcro di Cristo. Nulla gli è sembrato difficile per conservare la fiamma e portarla nella sua patria. Non esisteva dunque più nessun ostacolo che egli non potesse affrontare e superare. Ma tutte le volte che non sapeva come agire, le cose si sistemavano da sole, senza di lui ma per lui, perché aveva un desiderio buono e nobile. Non gli fu difficile abbandonare il suo abito da cavaliere e neppure la sua armatura da guerra. Tutto questo per condurre nel modo più sicuro e con più tranquillità la fiamma dell'amore. Dopo aver rinunciato a tutto, scomparsi i nemici esterni che minacciavano le cose materiali, giunsero i pericoli del di dentro: il vecchio orgoglio, i vecchi nemici che non credevano nella verità delle sue affermazioni o che lo chiamavano pazzo. Ma alla fine si formò e si rinnovò ogni cosa. Applicare il valore di questa storia ad un cristiano significherà entusiasmarsi per la crescita nell' amore, nella pace e nella carità. Quante volte sono solo le piccole cose ad allontanarci gli uni dagli altri! E proprio allora, occorrerà essere pronti a sacrificare tutto per crescere nell'amore, nella pace e nella carità. Quante volte il vecchio orgoglio soffoca la fiamma dell'amore, mentre a noi tutto sembra normale: questo è vero peccato!

Fonte: Dammi il tuo cuore ferito di P. Slavko Barbaric