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Martedi, 16 aprile 2024 - Misteri dolorosi - Santa Bernadette Soubirous ( Letture di oggi )

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Aprile, mese dedicato alla Vergine della Rivelazione
Santa Maria del Terzo Millennio alle Tre Fontane



Vergine Rivelazione

Luigi Maria e Carlo Cornacchiola ricordano

CARLO CORNACCHIOLA RICORDA

Abbiamo chiesto al maggiore dei figli maschi di Bruno Cornacchiola, Carlo, che con Gianfranco e Isola ebbe la visione della Vergine nella Grotta delle Tre Fontane, a Roma, e che, come i suoi fratelli, in tutto questo tempo ha mantenuto un comportamento di estremo riserbo, di farci rivivere insieme a lui quel lontano giorno e di dirci anche come consideri, a distanza di tempo, l'evento straordinario di cui fu protagonista con gli altri membri della sua famiglia.

A questa seconda domanda egli ha risposto subito affermando che l'Apparizione fu una grazia, una benedizione. Perché? Perché pur tra tante sofferenze ha dato loro la salvezza. "Perciò dobbiamo ricambiare il dono" dice Carlo "e andare avanti nell'apostolato della Chiesa".

Ma cosa ricorda del 12 aprile 1947? Carlo risponde con estrema franchezza e grande onestà di mente e di cuore: 'Quando noi tre fratellini uscimmo di casa con nostro padre, in quel lontano 12 aprile 1947, eravamo felici all'idéa di andare al mare. Eravamo soliti recarci sul litorale romano ed era un divertimento per noi anche camminare lungo la ferrovia per cogliere le more. Quell'anno in aprile faceva già molto caldo, erano spuntati i fiori. Ma quella mattina perdemmo il trenino per Ostia e nostro padre ci condusse alla collina della via Laurentina. Era la prima volta che ci portava così lontano. Quello che seguì lo ricordo perfettamente, almeno fino a un certo punto.

Ci inerpicammo su per la scarpata stando attenti a dove mettevamo i piedi perché c'erano rovi ed erba spinosa. Sembrava una giornata estiva ed eravamo accaldati.

Arrivati in cima, nostro padre, com'era nella sua natura e nelle sue abitudini, subito organizzò le cose: il più piccolo, Gianfranco, sarebbe rimasto sotto l'albero mentre a noi disse: 'Giocate da soli che io ho da fare' e si mise da una parte a scrivere. Noi cominciammo a giocare, ma a un certo punto perdemmo la palla. La prima volta la trovammo subito, la seconda volta non la scovammo più. 'Papà' gridammo 'qui non si trova più la palla, sicuramente è andata a finire di sotto!' Lui fece una prima ricerca e andò bene: ricominciammo a giocare. Intanto s'era stancato di scrivere e venne a giocare con noi. Avevamo due racchette fatte da papà col coltello. Tic tac: papà diede un colpo più forte e mandò la palla ancora più lontano.

Egli, come ho detto, era un grande organizzatore e prima di mettersi nuovamente alla ricerca della palla fece a ciascuno di noi: 'Tu metti- ti qua, tu sta' buono laggiù, tu vieni con me'. Il fianco della collina lungo il quale la pallina doveva essere rotolata era pieno di erba alta e di rovi; e, cerca di qua e cerca di là, la palla non si trova. Papà, per assicurarsi che di sopra tutto andava bene, ogni tanto dava una voce al più piccolo di noi: 'Gianfranco!' E lui rispondeva: 'Sì...'. Nostro padre stava in pensiero perché qualche giorno prima il bambino era caduto da un muretto mentre stava giocando. In realtà un ragazzino gli aveva dato una spinta e lui era andato a finire là dove era caduta una bomba e, tra le macerie, aveva sbattuto contro certi pezzi di metallo e si era fatto due tagli sulla testa, per cui era stato portato all'ospedale dove lo avevano ricucito.

A un certo punto, mentre siamo sulla collina, Gianfranco non risponde più. Noi allora risaliamo e lo vediamo davanti alla grotta. Da questo punto in poi i miei ricordi si fanno lacunosi, sbiadiscono. Isola stava cogliendo fiori un po' più in alto. Avevo chiamato Isola per sapere del bambino che aveva l'ordine di non avvicinarsi a quell'anfratto e che invece ora stava là davanti, e Isola scese giù, e cadde in ginocchio anche lei.

Anch'io caddi in ginocchio, ma non me lo ricordo: questo me lo disse mio padre in un secondo momento. Ricordo che papà s'irritò: 'Ma mi state a prendere in giro!' Era la sua reazione a quanto dicevamo stando inginocchiati, e cioè che vedevamo la Bella Signora.

Dopo l'Apparizione, corsi fuori e rimasi come accecato dal sole, poi tornai dentro e vidi il manto verde che svolazzava e se ne andava via e gli corsi appresso e andai a sbattere contro la parete di tufo. Ne ebbi le dita ammaccate. Questo mi è rimasto nel ricordo.

Il mio vuoto di memoria si può riempire, per la cronistoria dell'evento, leggendo i verbali di polizia e del Santo Uffizio redatti quando fummo interrogati tutti e tre, separatamente. Raccontammo tutto, per esempio che la Vergine dapprima era andata da Gianfranco, lo aveva preso e lo aveva portato davanti alla grotta.

È rimasta famosa la frase di mio fratello piccolo il quale disse che la Vergine masticava la gomma americana e faceva i compiti, perché muoveva le labbra mentre parlava ma solo nostro padre la udiva, e aveva il libro in mano.
Noi eravamo testimoni per nostro padre, che era protestante e comunista. Oltre a interrogarci, ci punzecchiavano in una stanza buia, questo me lo ricordo. Anche quando venne il pittore, il signor Valenti, con la mazzetta dei colori in mano, abbiamo subito da parte sua una specie di interrogatorio, sempre separatamente, perché doveva scegliere i colori dell'abito della Vergine.

I primi tempi tutto era vivido e preciso nella mia mente, poi ho dimenticato, piano piano. Ho dimenticato perché eravamo spensierati, giocavamo, eravamo semplici. Il trauma l'abbiamo avuto quando ci hanno separato dalla famiglia.
In principio fummo messi tutti e tre dalle Maestre Pie Filippini. Poi Isola fu mandata in un collegio di suore a Monte Mario. Noi andavamo periodicamente a trovarla, ma non bastava a consolarci. Io fino al '49 sono stato dalle Filippini, poi sono stato sistemato presso delle suore spagnole. Nel '50 mi mandarono nel Sacro Convento di San Francesco in Assisi. Ci restai un anno. Indossavo il mantello e col freddo e con la neve andavo su e giù per le strade per recarmi a scuola. Non sono tornato mai più in famiglia. Fino ai diciassette anni sono sempre stato negli istituti. Isola, ricordo, stette anche presso delle suore francesi in via Principe Amedeo, a Roma.

Io sono di natura forte, ribelle e ho sopportato meglio questa specie di peregrinazione perpetua, sempre diviso dai genitori e dai fratelli. Gianfranco forse è quello che ha sofferto di più. Voglio aggiungere che quello che tu hai visto, mentre hai un'esperienza così straordinaria, ti rimane comunque dentro, anche se non a livello cosciente. Papà un giorno mi disse che quella di non ricordare è stata una grazia, perché se io avessi ricordato quanto ho visto, non avrei avuto più fede. La fede si ha per ciò che non si vede.

LUIGI MARIA CORNACCHIOLA RICORDA

'Papà è stato di un'integrità morale assoluta. Quando andava a pregare alla Grotta e la gente gli gettava addosso i soldi a titolo di offerta, lui li rilanciava indietro. Dopo la sua morte, abbiamo trovato degli assegni non riscossi'.

Il figlio minore di Cornacchiola, che più degli altri ha dei ricordi familiari perché stette in famiglia quando gli altri, i tre piccoli veggenti, ne erano stati allontanati, si sofferma su quelli che considera momenti fondamentali, pubblici e privati, dell'esistenza di suo padre.

'Quando il Vicariato, durante l'interrogatorio cui lo sottopose nel 1948, decise la temporanea chiusura della Grotta, lui se ne uscì così rivolgendosi a chi lo informava della misura adottata: 'Mica è mia. Fate quello che vi pare'. Com'era disinteressato nei confronti del danaro o del possesso di un qualunque bene, così non era orgoglioso delle visite dei potenti o delle celebrità. Non si contano infatti le personalità della politica, della cultura, dello spettacolo, oltre quelle della Chiesa, che si sono recate alla Grotta e che hanno conosciuto Bruno Cornacchiola, mio padre. Per quanto riguarda i primi, mi limiterà ai nomi di Scalfaro, Fanfani, Pertini, Iervolino. Fanfani era Presidente del Consiglio quando si presentò all'improvviso alla SACRI. La confidenza tra lui e Cornacchiola era tale che questi gli fece: 'Che sei venuto a fare?' E quello: 'Che cosa ti ha detto la Vergine?' E mio padre: 'Non sono affari tuoi'. Voglio aggiungere che è stato in rapporto epistolare con alcuni canonizzati, come Padre Pio, o ha avuto con loro addirittura una frequentazione personale, come con Don Calabria. Ma lui è rimasto semplice, un osservante della regola francescana alla quale aveva improntato il regolamento interno della SACRI, puntuale nella preghiera, la mattina la Santa Messa e l'Eucarestia, quindi la meditazione; poi, metà mattinata, la preghiera e la lettura delle Sacre Scritture; prima del pranzo ancora preghiera, secondo la liturgia della parola; il pomeriggio una nuova preghiera.

La sera, prima di andare a dormire, lui si metteva nell'angolino della sua stanzetta e diceva il rosario, da solo. Mio padre non ha mai derogato da queste regole. Quando il regista Federico Fellini lo ha invitato a prender parte al film 'Roma', ha rifiutato.

Per meglio delineare lo sviluppo della vita e dell'opera di Bruno Cornacchiola, aggiunge il figlio Luigi Maria, è bene suddividerlo in periodi distinti in quanto diversamente caratterizzati. A quello preparatorio, di una giovinezza convulsa, fatta di esperienze varie e variegate sotto la spinta di passioni confuse, seguì la fase della realizzazione delle sue istanze più profonde, ma tra nuove difficoltà; finché il tutto si placò e si riordinò in una conduzione esistenziale in cui la meta principale fu quella di un'intensa attività di apostolato.

'La vita di papà fino al 1960' ribadisce Luigi Maria Cornacchiola 'è stata contraddistinta dal susseguirsi delle emozioni e delle missioni, che era invitato a compiere in ogni parte d'Italia. Dal 1960 in poi egli ha creato un nucleo centrale di persone, formate sulla base delle meditazioni catechistiche, destinate ad andare avanti autonomamente nel diffondere i principi della dottrina di fede, al fine di promuovere la conversione. Questo nucleo ne creava a sua volta altri, e ancora oggi stiamo usufruendo di questo sistema ideato da mio padre, così come delle sue meditazioni sui principi della fede, che naturalmente sono state tutte registrate e trascritte.

La vita comunitaria, negli anni sessanta, vedeva inoltre l'ingresso nella SACRI di membri interni che ancora ne rappresentano le colonne portanti e la memoria storica. La SACRI si arricchì a sua volta di una regola, che risultò idonea rispetto alle finalità prefisse e ben strutturata.

Ci fu, fin dal principio, riguardo alla SACRI, l'approvazione implicita della Chiesa grazie alla presenza continua di autorità ecclesiastiche: 'Avevamo visite di numerosi vescovi che pendevano in modo direi morboso dalle labbra di papà' ricorda Luigi Maria. 'Mentre era in corso, ad esempio, il Concilio Vaticano II, Monsignor Tedde, vescovo di Ales, in Sardegna, nominò mio padre suo assistente speciale per i lavori conciliari. Egli soleva parlare con tanto entusiasmo con gli altri vescovi di lui che, in seguito, abbiamo riconosciuto in alcuni aspetti dei decreti conciliari i principi che nostro padre ha sempre affermato nelle sue predicazioni'.

Il periodo successivo è stato quello di un intenso lavoro preparatorio al riconoscimento ufficiale della SACRI, ci conferma Luigi Maria. Stavano fiorendo varie associazioni del genere e il diritto canonico non era chiaro al riguardo. Perciò, su consiglio del vescovo monsignor Salerno, giurista preso il Vicariato di Roma, dapprima si fece, per la SACRI la richiesta allo Stato di riconoscimento come Ente morale, che fu ottenuto nel 1972 con decreto del Presidente della Repubblica, rimandando a un momento più favorevole la domanda all'Autorità religiosa per il riconoscimento come associazione di fedeli.

Negli stessi anni ci fu la costruzione della Casa Betania di via Zanoni. La comunità era cresciuta di numero e non era più contenuta in un appartamento. 'Poiché lo spirito di papà era quello di arrivare a un riconoscimento religioso, si doveva evitare la promiscuità' aggiunge Luigi Maria. 'A via Zanoni è stato possibile sistemare in due ali distinte la comunità maschile e quella femminile. E intanto continuavano le missioni. Mio padre era invitato a presentarsi in pubblico per raccontare la sua vicenda personale, quello che era prima dell'Apparizione alla Grotta delle Tre Fontane e la successiva conversione. Molto spesso viaggiava a spese sue. Ma le meditazioni, anche con il moltiplicarsi dei contatti umani e delle esperienze, si sono arricchite di nuovi contenuti e i gruppi sono aumentati, ci sono state le novità dei gruppi australiani costituitisi nel 1975 e di quelli sorti in Inghilterra, sempre con lo stesso meccanismo del nucleo centrale che si dirama in periferia'.

Luigi Maria Cornacchiola spiega cosa rappresentasse per il padre la meditazione: 'Per mio padre la meditazione ha rappresentato il punto centrale dell'esperienza religiosa. La concepiva non solo come ispirazione dall'Alto, ma anche come istruzione catechistica e come dialogo. Anche quando da parte di chi ascoltava c'erano delle domande che potevano apparire sciocche, egli si sentiva in dovere di rispondere. Della domanda che gli veniva rivolta lui era solito prendere un appunto di una decina di righe. Poi rispondeva parlando magari per un'ora. C'era la parte delle precisazioni, quella dell'insegnamento, e spesso e volentieri non disdegnava di intervenire sulle vicende personali dei suoi interlocutori. Anche nella alte sfere si sono rivolti a lui per consiglio, come ad esempio quando fu convocato dai vescovi svizzeri che gli chiesero se dovevano aderire o meno allo scisma di monsignor Lefebvre. Ricordo che lui partì per la Svizzera e si trattenne per due giorni a Losanna. 1 vescovi confermarono la loro fedeltà a Roma'.

Quanto all'aspetto propriamente profetico dei messaggi ricevuti nel corso delle apparizioni della Vergine, Cornacchiola non l'ha mai voluto evidenziare, continua il figlio, ritenendo di dover mettere tutto nelle mani della Chiesa. 'Noi stessi, in casa, in famiglia, non abbiamo potuto ricavare molto di più da lui: sappiamo solo che, per esempio, nel Messaggio del 12 aprile 1947 è stato anticipato il Concilio Vaticano II, e anche l'attentato al Papa. Molto spesso papà si limitava a dire che la Vergine aveva preso le lancette dell'orologio che stavano per arrivare alla fine e le aveva spostato indietro. La Vergine ci aveva guidato nelle nostre difficoltà.

Nel 1966 Cornacchiola ebbe, accanto alle gratificazioni, anche il dolore della perdita di entrambi i genitori. Quando la SACRI si fu stabilita in via Zanoni, il vecchio appartamento di via Virginia fu occupato fino alla morte dai genitori di Cornacchiola. Ma 'il padre si era mantenuto violento e ubriacone' interviene, senza ricorrere a mezzi termini, fratello Tito. 'Quando stavano tutti insieme, il Fondatore non metteva il vino sulla tavola dicendo a sorella Zacchea di servirne a suo padre solo mezzo bicchiere. Sorella Zacchea ubbidiva, ma per il vecchio quella era un'offesa. E glielo buttava in faccia, il vino, alla povera Zacchea'. Ciò non diminuì l'affetto e il rispetto di Bruno per suo padre, il quale ebbe, grazie alla sua vicinanza e alle sue preghiere, una morte serena. Del suo dolore testimonia Luigi Maria: 'Prima mia nonna poi nonno: tutti e due morti per incidenti stradali. Furono investiti dalle automobili a distanza di due anni, mia nonna in via Etruria, nonno in via Laurentina, quasi di fronte alla Grotta. Io ho assistito insieme a papà alla morte di mio nonno. Ricordo che papà pregava con intensità e fervore e nonno, a un certo punto, accompagnato dalle preghiere, ha chiuso gli occhi senza un lamento ed è rimasto immobile'.

Perché l'Apparizione delle Tre Fontane non ha ancora ricevuto riconoscimento formale, ma solo di fatto? Risponde Luigi Maria: 'Penso che papà, sotto certi punti di vista, sia stato un personaggio scomodo, in quanto irremovibile su determinati punti che lui riteneva fondamentali per la fede. La sua austerità si manifestava nel suo stile di vita. La sua camera da letto aveva dimensioni minime. 'Serve solo per dormire', diceva'.

'I suoi sacrifici sono stati enormi'. Dice ancora Luigi Maria 'Si era visto ridotto in miseria e aveva visto Madre Prisca e i suoi figli, me compreso anche se piccolino, andare a chiedere l'elemosina. Era provato dalle sofferenze fisiche. Il maggior problema era nato con la paralisi a una corda vocale. Questa paralisi gli arrecò non solo una forte raucedine, che lo rese gravemente impedito nel parlare, ma anche difficoltà respiratorie e di deglutizione. Da quel momento non poté assumere cibo solido, ma quasi liquido. E da bambino non si era certo riempito la pancia: o mangiava patate o andava per rifiuti. Erano così poveri che le scarpe le ha messe quando ha fatto il militare. Ha avuto malattie dovute alla cattiva alimentazione, ai reumatismi, malattie dovute ai calci che gli dava nonna (un calcio gli ha rotto gli incisivi superiori quando le disse di aver fatto la prima comunione, e lo fece ruzzolare giù per le scale; i denti spezzati poi si consumarono).

Sofferenze psicologiche per sapere le cose, non poterle dire o non essere creduto. Solitudine, delusione per i tanti fatti negativi verificatisi nel gruppo di persone che lo circondavano. Mio padre è stato denigrato, calunniato per cercare ad ogni costo di distruggerlo psichicamente, moralmente, fisicamente. Diceva: 'Se volete, andate al Vicariato e chiedete cosa hanno su Bruno Cornacchiola. Vedrete una montagna di scritti che parlano male di me'.

Ma, nonostante tutto, è arrivato all'età di ottantotto anni con animo integro, fiducioso e sereno. Al tempo stesso ha conservato sempre, fino alla fine, il suo spirito gioioso. Dopo pranzo, alle due, era solito passeggiare e raccontare storie, e barzellette. Era sempre molto divertente'.

Tratto dal libro La vita di Bruno Cornacchiola di Anna Maria Turi ed. Segno

Testi presi da varie fonti: Biografia di Cornacchiola, S.A.C.R.I.; La Bella Signora delle Tre Fontane di padre Angelo Tentori; La vita di Bruno Cornacchiola di Anna Maria Turi; ...

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