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Sabato, 20 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi )

Madre Teresa di Calcutta:La conoscenza di sé è indispensabile nella confes­sione. Ecco perché i santi potevano dire di essere dei malvagi criminali. Guardavano Dio e poi guardavano se stessi... e vedevano la differenza. Di qui il motivo per cui non erano mai sorpresi quando qualcuno li accusava, anche falsamente. Conoscevano se stessi e conoscevano Dio. Ci offendiamo perché non conoscia­mo noi stessi e i nostri occhi non sono fissi soltanto su Dio; così, non abbiamo una vera conoscenza di Dio. Quando i santi si guardavano con quel senso di orro­re, intendevano realmente questo. Non fingevano.
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Il diario di Santa Gemma Galgani



Santa Gemma

Mercoledì, 25 luglio



Gemma si accusa di alcune mancanze, per le quali l'angelo la rimprovera, ordinandole di umiliarsi.

E di oggi? Oggi che dirò?

Non trovo pace; la superbia oggi mi predomina più che in altri tempi. Per dover fare un piccolo atto di umiliazione, ho sofferto assai.

25 luglio.

Di quello che mi accadde ieri, ne parlerò ben poco; la mia lingua è troppo lunga e per questo anche altre persone soffrono per causa mia.

Ho per obbedienza del mio confessore che parli assai poco e mai con persone che sappiano le mie cose. Giorni sono, venne padre Norberto, scappai subito; un'altra volta pure venne e feci lo stesso; fui pronta, per dire il vero, a far l'obbedienza, ma dopo che mi avvenne? Dopo qualche giorno ebbi occasione di parlare con un altro frate di questa cosa, e inventai anche una bella bugia, dicendogli che era stata la signora Cecilia che mi aveva fatto nascondere; invece no, feci da me stessa questa cosa.

Non so come mai il detto padre Norberto lo venne a sapere, e subito venne a riferire la cosa alla signora Cecilia, che gli dispiacque assai; non meno però fece dispiacere a me. Lei mi interrogava se veramente io avessi parlato; rispondevo di no, perché non mi ricordavo di nulla; ci fu però chi mi fece ricordare ogni cosa; venne da me l'angelo custode e mi disse rimproverandomi: «Gemma, come! Anche la bugia? Non ti ricordi, giorni sono, quando per castigo di aver riportato la cosa a fratel Famiano ti feci stare una mezz'ora...?»

Mi ricordai bene ogni cosa (devo dire anche che l'angelo custode, ogni volta che faccio male una cosa, mi castiga: non passa sera che non ne abbia), e mi comandò che andassi dalla signora Cecilia, le raccontassi ogni cosa e la pregassi in nome suo a perdonarmi.

Promisi di farlo, ma sì! Passò la giornata, venne la sera, ma mai feci quel piccolo atto di umiliazione. Mi riavvisò di nuovo l'angelo dicendomi che, se non fossi andata da lei a dire ogni cosa, la notte sarebbe venuto il diavolo.

Allora a quella minaccia non potei resistere e andai in camera sua. Era a letto, e il lume spento; non mi parve vero, così non mi avrebbe veduta. Alla meglio gli dissi ogni cosa; ma forzata; era una vera vergogna, non esser capace di umiliarmi. Finalmente, dopo avermi detto che ogni cosa avrebbe dimenticata, andai in camera. Ma sì! Diceva lei di averla dimenticata, ma era impossibile. Chiesi più volte perdono anche a Gesù, al mio caro angelo, e andai a letto. Che brutta nottata! L'angelo mio, per la gran resistenza che avevo fatta per fare quell'umiliazione, mi lasciò sola, e con qualche visita del nemico. Dormire non potevo, perché non ero quieta di coscienza; come stavo male!