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Venerdi, 19 aprile 2024 - Misteri dolorosi - San Leone IX Papa ( Letture di oggi )

Massime di perfezione cristiana:Se è necessario curare e regolare il corpo, a maggior ragione occorre una regola ed un ordine per curare l'anima, perché da questa si sprigiona tutta la bontà e la malizia degli atti esteriori.

I QUINDICI SABATI DEL SANTO ROSARIO DI POMPEI

Introduzione - 1° sabato - 2° sabato - 3° sabato -4° sabato - 5° sabato - 6° sabato -7° sabato - 8° sabato - 9° sabato -10° sabato - 11° sabato - 12° sabato - 13° sabato - 14° sabato - 15° sabato

Sesto Sabato




PRIMO MISTERO DOLOROSO: GESÙ PREGA NELL'ORTO E SUDA SANGUE (Mt, 26; Mc, 14; Lc, 22; Gv, 18)

ORAZIONE PREPARATORIA Anima mia, prima di entrare nel vasto mare della Passione del tuo Salvatore, domandagli la sua confidenza e la sua grazia, affinché su dite cada il frutto del suo Sangue divino. O Cuore santissimo del mio Salvatore, che l'eccesso di amore ha indotto a tanta desolazio­ne, dammi lo spirito interiore e la tenerezza del cuore per sperimentare e comprendere quello che Tu soffristi, allorché fosti angustiato e privo di ogni conforto, costretto a patire ciò che face­va così grande orrore alla stessa natura! Apri le mie orecchie, affinché io ascolti la tua voce; illumina i miei occhi, affinché io veda i tuoi esempi; intenerisci il mio duro cuore, affinché divenga sensibile ai tuoi dolori e tema tutto ciò che può rinnovarli. E tu, o santissima Madre di Dio, che, chiusa nel tuo ritiro, sentivi nelle ore di quelle crudeli notti tutti i tormenti che si preparavano al tuo diletto Figlio, fammi parte dei sentimenti del tuo cuore, affinché io detesti in me la causa dei suoi dolori. Amen.

Meditazione:
I. Considera, anima mia, come il divin Salvatore, dopo aver lavato i piedi ai suoi Di­scepoli, istituito in loro presenza il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, e dopo aver fatto loro un discorso il più tenero e sublime, entrò con essi nel consueto orto di Getsemani, sul monte Oliveto, affinché ivi dai suoi nemici fosse ritrovato più agevolmente: E disse loro: "Sedetevi qui mentre io vado là a pregare ... Vegliate e pregate per non cadere in ten­tazione" (Mt 26, 36 e 41). Spontaneamente, perché Egli lo aveva volu­to, si era offerto al comando dell'eterno Padre e perciò lo eseguì in modo che la sua Passione soddisfacesse insieme la giustizia di Lui e spin­gesse noi ad amarlo. Ecco il fine dei suoi pati­menti, l'amore. Gesù "cominciò a provare tristezza ed ango­scia" (Mt 26, 37). Questo amoroso Figlio volle non solo sacri­ficare tutto il suo corpo, ma anche tutta l'anima con le sue potenze; anzi da questa parte più nobile della sua Umanità volle cominciare il sacri­ficio di Redenzione. Perciò prima che i suoi nemici comparissero, privò la santa Umanità del sostegno che riceveva dalla Divinità; e scoprendole al tempo stesso tutto ciò che doveva patire, la ridusse ad una mortale agonia. Si presentarono allora vivamente all'anima sua tutti i patimenti che sarebbe per sostenere nel corpo: i flagelli, le spine, i chiodi, la croce, il fiele e l'aceto; i patimenti nell’anima, il tradi­mento di Giuda, la fuga vergognosa dei Disce­poli, l'apostasia di Pietro, le calunnie dei sacer­doti, le ingiustizie dei giudici, le efferatezze dei soldati, le ignominie della sua persona, il disprezzo della sua dottrina e dei miracoli, il trionfo dei suoi nemici, le bestemmie dei mani­goldi, l'abbandono del Padre sulla Croce e la vista angosciosa della sua addolorata Madre! Subito dunque il timore e la noia, il disgusto e l'amarezza, l'abbattimento e la tristezza s'im­possessarono dell'anima sua sino a minacciar­ gli la vita. Allora disse loro: "L'anima mia è triste fino alla morte" (Mt 26,38). O Cuore affannato del mio amabile Reden­tore, come sei tu venuto a tanta desolazione? Chi ti ha sospinto a provare innanzi tempo gli orrori e le paure della morte? Questo tormento, che fu il primo di tua Passione, fu anche senza dubbio il più violento, perché valse a strapparti la preghiera al Padre di allontanare tale calice. "Si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice!". Ma soggiungesti subito: "Però non come voglio io, ma come vuoi Tu" (Mt 26,39). Guarda, anima mia: il tuo Gesù si rivolge ai Discepoli per conforto, e li trova abbattuti per la sua ambascia. "Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debo­le". E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà" (Mt 26, 4042). E così faceva per la terza volta. E la sua tri­stezza talmente si accresce, che sembra più l'a­gonia di un uomo moribondo, che il dolore ordinario di un uomo che soffre. "In preda all'angoscia pregava più intensamente" (Lc 22, 44). Ilcontrasto che seguì allora tra la parte in­feriore dell'anima, piena di ripugnanza, e la su­periore piena di sottomissione, gli furono causa di un sudore di sangue cosi abbondante, che, dopo aver bagnato le sue vesti, bagnò anche la terra dove pregava. Così abbandonò se stesso Colui che difende tutti: così rimase desolato Quegli che consola tutti. E così si avverarono le parole del Profeta reale: "Ho atteso compassione, ma invano, consola­tori, ma non ne ho trovati" (Sal 68, 21). O afflittissimo mio Salvatore, così vuoi con­ciliarti il mio amore? con l'assumere la stessa infermità e miseria degli uomini? per renderti vero consolatore e fido compagno degli afflitti? Quanti meravigliosi ammaestramenti Tu mi dai in questo Mistero!

II. Anima mia, quattro furono le cause di questa tristezza mortale del tuo Gesù, come Egli rivelò alla Beata Battista Varani.

1° La dannazione d'innumerevoli anime, mal­grado l'acerbissima sua morte. «Considera, figlia mia, - diceva Gesù alla Beata - che martirio e dolore fu il mio, nel vedere che tante membra furono da me separate, quante anime si sareb­bero dannate! e ogni membro si separava tante volte, quante un'anima mortalmente pecca». La grandezza e la quasi infinita moltitudine dei peccati del mondo erano dunque tutti distintamente presenti al suo spirito con una chiara visione della Maestà divina offesa da tanti delitti, resi più gravi dal disprezzo del suo amore. Oltre a ciò ben pochi uomini avrebbero profittato di quel rimedio preparato dal suo amore per tutti. Su ciò non trovava altra consolazione, che nella perfetta uniformità agli immutabili decre­ti di suo Padre, il quale voleva che Egli soffrisse anche per quelli, che per nulla profitterebbero dei suoi patimenti.

2° I peccati e le pene di tutti gli eletti. «Tutte le membra degli eletti che mortalmente avrebbero peccato - diceva il benignissimo Gesù - mi afflissero e cruciarono nella loro separazione da me. Ancora, io sentii e gustai tutte le loro amarez­ze, i martirii, le penitenze, le tentazioni, le infa­mie della loro vita ed anche le pene del loro Pur­gatorio, come altrettante membra del corpo m'o».

3° La SS. Vergine sua Madre, che Egli amava d'amore infinito; i suoi cari e amati discepoli ed Apostoli, che Egli amava più che un padre i suoi figliuoli; e la discepola Maddalena, la quale, benché sapesse di Gesù meno di Giovanni, nondimeno più di tutti si addolorò della Passione e Morte di lui.

4° L'ingratitudine sia del popolo Giudaico, tanto da Dio beneficato e prediletto con mille prodigi, come quella del suo amato discepolo, Giuda tradito­re. Gesù inginocchiato avanti a questo tradito­re, gli aveva lavato i piedi, li aveva abbracciati e baciati con massima tenerezza, dicendogli col cuore parole di ineffabile amore. Finalmente, l'ingratitudine di tutte le creature, che, peggio di Giuda, l'avrebbero tradito per vili piaceri, per più vili interessi.

Signore, quanta parte ho avuto io alla tua tristezza! Quale impressione dovettero fare sul tuo purissimo e innocente cuore i miei peccati, le mie ricadute, le mie infedeltà, le mie pusilla­nimità? Sventurato che sono! Non sarò io dun­que mai per te un soggetto di gioia e di conso­lazione? Quanto è diverso l'oggetto delle mie pene nel mondo da quello che causa la tua mortale tristezza! O Cuore amareggiato del mio Dio, Tu volesti con questa tristezza e sudore di sangue espiare la folle sicurezza degli empi, e la insensata tranquil­lità in cui tanti peccatori dormono sul loro pecca­to senza temere le sorprese della morte tempora­le ed eterna. Tu volesti espiare quelle allegrezze, quei gusti, quei piaceri, quei desideri della vita, quelle speranze alle quali io abbandono il mio cuore anche quando sono contrarie alla legge tua. Tu volesti soddisfare per le false contraddi­zioni del mio cuore e per le mie confessioni senza dolore interno. Tu volesti santificare in me e in tutti queste medesime passioni della tristezza, del timore, della noia, del disgusto e della malinconia che io provo nel cammino della vita spirituale, e consolarmi quando le soffro, e meritarmi la grazia di sopportarle con pazienza, con rasse­gnazione, con gioia. Tu volesti fortificarmi, come hai fortificato tanti Martiri a sfidare la morte , ed animarmi alla penitenza cosi come hai ispirato tanti altri fedeli a esercitarsi in aspre penitenze. Quanto il tuo amore è soave, buono, pietoso! Cuore dol­cissimo di Gesù, quanto ti ringrazio di aver tanto sofferto!...

III. Il Salvatore, anima mia, volle sentire questa estrema pena1 affinché conoscessi il valore della penitenza dei sensi, delle umilia­zioni e delle contraddizioni dell' amor proprio. Ancora, per insegnarti che nessuno sarà mai giudicato sull'infermità della sua carne formata dal fango, ma secondo l'obbedienza della volontà, che tanto piace a Dio. Egli patì, per verità, una tristezza mortale, ma fu proporzionata alla sua virtù, per convin­certi che Dio, il quale distribuisce come a Lui piace le miserie di questa vita, non permetterà mai che queste siano superiori alle tue forze. Volle farti conoscere in se stesso due oppo­ste volontà: l'una della umana debolezza, che rifugge dal patire e cerca il piacere; l'altra dell'uniformità alla volontà di Dio; affinché il cristiano non si creda nemico di Dio, perché la carne si rivolta contro lo spirito e brama i suoi diletti; ma si studi di sottometterla, e si persua­da che la natura non nuoce affatto all'uomo interiore, finché è devoto della legge di Dio con piena volontà. Scese l'Angelo dal cielo per consolare Gesù Cristo, non perché a Lui mancasse la forza necessaria per combattere la debolezza della natura; ma per insegnare a tutti quelli che sof­frono, che la loro consolazione e la loro forza deve venire dal cielo, e Dio non dimentica nes­suno nei patimenti, anzi, ove sono tribolazioni ivi è Dio. Finalmente il Figlio pregò suo Padre, ben­ché sapesse che non doveva essere dispensato dalle pene, per insegnarci, anima mia, questa verità tanto necessaria: che il divino soccorso non consiste già nel liberarti dalle tribolazioni con le quali ti visita, ma nel fartele soffrire con umile sottomissione e con totale uniformità ai suoi disegni, rimanendo sempre con Lui unita per amore.

ATTO DI RIPARAZIONE AL CUORE AGONIZZANTE DI GESU’

O Cuore straziato e mansueto del mio Si­gnore, accetta, ti prego, in cambio delle tre ore che Tu passasti immerso nella tempesta del mare della desolazione, quest'ora di preghiere, e questa giornata consacrata al tuo Cuore addolorato. Accetta questo santo Sacrificio e questa santa Comunione in riparazione di tutte le amarezze che Tu provasti per me nell'orto prevedendo i miei peccati. Accetta tutti i dolori, le contrarietà e gli atti anche indifferenti di questo giorno, non solo, ma di tutta la mia vita. O Cuore amante del Padre mio, del Fratello mio, dello Sposo mio, Cuore desolato e pur paziente, a quale eccesso ti sospinge l'amore che mi porti? E che devi Tu farne dell'amore mio? Signore, nell'amarezza dell'anima mia anche io ti risponderò: - Ho dolore di averti tanto amareggiato, voglio amarti più che non ho fatto sinora; quando ti conoscerò? Quando ti cercherò senza contraddizione? Quando ti ubbidirò senza incostanza? Quando ti dirò con sincerità in ogni occorrenza: Sia fatta la tua e non la mia volontà? Ponimi ancor più dentro questo cuore divino, affinché meglio ti com­prenda e ti ami. Cuore infiammato di altissima carità, accendi il freddo mio cuore dell'amore tuo; affinché degnamente ti riceva e con te di­mori oggi e sempre, nel tempo e nella eternità. Amen.

PREGHIERA AL CUORE DI MARIA PER IMPRIMERE LA VIRTÙ DELL'UNIFORMITÀ AL DIVINO VOLERE

O benedetta Madre di Dio e sempre vergine immacolata Maria, quanto acerba fu la croce del tuo cuore in quella tristissima notte, in cui Gesù, abbandonato dai suoi amici e Discepoli, versava m mortale agonia! Tu non potesti chiu­dere gli occhi al sonno, ma in continue lacrime e sospiri numeravi le lunghe ore degli affanni dell'amatissimo tuo Figlio. O mansuetissima Madre, Tu lo vedesti questo tuo Diletto, prima di dare inizio alla Passione, pallido, ma generoso» so, venire a te e darti l'ultimo addio, e doman­darti la benedizione. Tu lo guardasti trafitto nell'anima, e nei suoi sguardi dolenti compren­desti la volontà dell'Eterno Padre, che condan­nava a morte il tuo Figlio, il suo proprio Figlio, per riscattare quest'anima mia, e condannava te pure ad essere crocifissa col cuore sul Calva-rio. Il mare delle angoscie si riversò tutto in quel momento nel tuo tenero Cuore già spezza­to dalla acutezza della spada di Simeone. O notte aspra e dolorosa al Cuore della Madre mia! Quale animo cristiano potrà pensare quanto tristi furono le mattutine preghiere che Tu levasti a Dio, e quante afflitte parole espres­se il tuo ardentissimo cuore? O Gesù Figlio mio, Tu dicevi, Figlio mio, dolcissimo Gesù, chi mi ti ha tolto? Chi ha separato la Madre tua da così caro pegno?Perché non ti vedo, luce degli occhi miei? Chi mi concederà, Gesù Figlio mio, che io patisca per te, e muoia per te?. Perché non si strugge l'anima mia a tanto amore, a tanto dolore? O Madre pietosa e ad­dolorata più di tutte le madri, Tu pieghi il capo al volere divino, e con perfetta uniformità pren­di questo calice di amarezze; ed io ti voglio seguire, e compatisco al tuo pianto, all'amara separazione dal tuo Figlio. Tu rivedrai, sì, un'altra volta il tuo Diletto, ma sul Golgota, sul monte del dolore, pendente da una croce, mori­bondo senza conforto. Per queste tue angosce, per la tua perfetta uniformità al volere divino, mutami questo cuore, brucialo del tuo amore e rendilo conforme al tuo, e tutto uniforme ai santi voleri di Dio. Amen.

Virtù – Uniformità. Fioretto - Dal primo sorgere del mattino apparecchiati ad unir la tua volontà a quella di Dio in tutte le cose, sia favorevoli, sia contrarie. Ripeti spesso nella giornata la giaculatoria dell'Imitazione di Cristo: «Signore, volgimi e rivolgimi come a te piace, che il tuo servo è pronto». La pratica di questa giaculatoria è un mezzo efficacissimo per giungere ai più sublimi gradi di perfezione. Giaculatoria - O Maria, specchio di pazien­za, Tu sola sei il conforto nelle mie tentazioni.

PREGHIERE PRIMA DELLA COMUNIONE

Amorosissimo mio Salvatore, Tu non sde­gnasti di appressare le tue labbra innocenti e piene di verità e di vita al volto livido e bugiar­do del traditore Giuda; Tu lo chiamasti col dolce nome di amico: "Amico, per questo sei qui!" (Mt 26, 50). Tu cercasti anche con un bacio di guadagnarti il cuore di quello sciagurato. Traditrice più di Giuda è questa anima mia! Quante volte, Signore, io ti ho ricevuto in me, e poi ho crudelmente ferito il tuo Cuore umile e mansueto? Ma questa nuova tua pazienza m'invita a confidare in te. Tu aspettavi da Giuda la parola del penti­mento, e l'avresti salvato. Questa parola ora io ripeto cento volte, clementissimo mio Gesù. L'anima mia è piena di amarezza per averti offeso: perdonami, mio Dio, perdonami. Sento ora nell'anima quelle parole che rivol­gesti a Giuda: "Amico, per questo sei qui!" (Mt 26, 50). Signore, son venuto per rendere al tuo Cuore lacerato quella consolazione che io ti ho tolta finora coi miei peccati. Come non ho ver­gogna di me stesso? Come non desidero che la terra m'inghiottisca, allorché vedo te piangere a lacrime di sangue i peccati che io ho commes­si, ed espiare con si acerbo dolore i piaceri, ai quali mi sono abbandonato? Perché sono venu­to al mondo, se dovevo recarti tante pene? Abbi misericordia di me, o Misericordia infinita: io te ne scongiuro per la tristezza che soffri, per il sangue che spargi, per l'amore che mi porti. Fa' che dopo aver peccato contro dite, meriti di patire per te. Angelo consolatore di Gesù, confortami ora ad amare il mio Signore Sacramentato. Voi, Angelo mio Custode e Santi Spiriti eletti che assistete al trono di Dio, Michele, Gabriele, Raffaele, assistetemi in questo atto di sacrificio e di amore. E Tu, Madre addolorata per i miei peccati, fammi parte del tuo amore e del tuo dolore. O cuore straziato di Gesù, ti offro il cuore addolorato e amante della Madre tua per de­gnamente riceverti quest'oggi, e riparare gli oltraggi di tutti gli uomini ed i miei in particolare. Dammi, o cuore amante di Gesù, una scin­tilla di questo amore di cui ardi per me, affin­ché io mi conosca, e mi renda meno indegno di riceverti. Alzatevi, andiamo, Tu dicesti ai tuoi Discepoli nell'orto, e andasti incontro ai tuoi nemici. Sorgi, dunque, va, anima mia; ecco il tuo Gesù viene incontro a te, abbandonati alle sue braccia, e troverai la pace. (Si dice l'Orazione per chiedere a Gesù cristo la grazia della quale si ha bisogno, e la Domanda alla Beatissima Vergine di Pompei, come sono a pag 7).

PREGHIERE DOPO LA COMUNIONE

Quanto è grande il tuo amore, Gesù, fratello mio, amico mio e sposo dell'anima mia! A me, che più di Giuda ti ho tante volte tradito, non solo hai voluto ora dare il bacio di pace e di amore, ma darti in cibo, uniti insieme, anzi tra­sformare me vilissima e indegna creatura in te, Dio immenso, infinito e mio Creatore. Chi sono io, divino Amore, per meritare tali beni? Tu vole­sti cominciare la mia redenzione con l'agonia dell'anima tua benedetta: ed io, in riparazione di tanti oltraggi che ti ho fatti e ti fanno gli uomi­ni, incomincerò a consacrarti oggi quest'anima mia. Fai di me, o Signore, quel che Tu vuoi: io mi abbandono in te senza riserva. Io ti consacro la mia volontà: rendila Tu sem­pre uniforme alla tua. Ti consacro la mia fantasia: proteggila e purificala dalle immonde nebbie in cui l'avvolge Satana. Ti consacro la mia memoria, affinché si ricordi sempre dite, l'intelletto, affin­ché pensi sempre a te. Ma io sono sempre la debo­le e meschina creatura che Tu conosci: tocca a te operare un mutamento si grande. Io non posso amarti come devo, o Cuore dolcissimo del mio Gesù, se non per te; né venire a te, se Tu non mi attiri; nè poggiarmi su dite, se Tu stesso non mi sorreggi. E giacché tutto dev'essere tuo, prendimi, o Signore, possiedimi, affinché, essendo tra le tue mani, io non sia più mio. Mi abbandono al tuo amore; guidami, scambiami, legami, purificami, formami come ti piace, e non permettere che io mi separi mai da te. Le perdite, le tentazioni, le avversità che mi accadono, divengano nelle tue mani la sorgente delle grazie che mi hai destinate perché spesso mi conduci alla mia felicità per la via stessa nella quale io mi vedo perduto. Cuore divino e provvido del mio Gesù, vero Padre dell'anima mia, non considerare questa volontà ribelle, debole, incostante e nemica del suo proprio bene. O Madre mia, unisci Tu questo mio cuore a quello del tuo Gesù: cambialo col tuo cuore umile, paziente, mite, puro e uniformato al volere divino. Angeli del paradiso, e voi corte celeste fon­data sul Sangue e sui patimenti di questo divin Salvatore, ottenetemi l'amore e le grazie che derivano dal Sangue di questo Agnello di Dio, affinché con voi goda le delizie di questo vero dolcissimo Amante. Amen.

(seguono le Orazioni per domandare la grazia di cui si ha bisogno e le altre Invocazioni e preghiere per acquistare le Indulgenze. da pag. 8 a pag. 9).

GRAZIE DELLA VERGINE DEL ROSARIO DI POMPEI IN CAPRI: Grazia ottenuta per la devozione dei Quindici Sabati

La seguente relazione di grazia, convalidata all'attestato del medico, venne pubblicata ne IL ROSARIO E LA NUOVA POMPEI, nel Quader­no di Settembre 1887, a pag. 556. La Signora Cherubina Licorio da Capri nel Luglio del 1886, dopo varie sofferenze, si accorse di avere un tumore nel ventre. I medici, signori Masotina, Rispoli e Fischetti, dichiararono neces­saria un'ardimentosa e terribile operazione chi­rurgica per scongiurare una inevitabile morte. l'a poverina a tale sentenza cadde nel più miserando stato dell'animo; e insieme con la sorella che teneramente amava non faceva che piangere e pregare dal mattino alla sera. Frattanto la signora Annunziata Fischetti, saputo il caso miserevole della sua amica Licorio, si affrettò di portare il libro dei Quindici Sabati del Rosario, stampato in Valle di Pompei e spedi­to dal Santuario medesimo. l'a signora Licorio rianimata e confortata nella fede alla lettura del libro, subito diede inizio al pio esercizio, che sarebbe terminato nel mese di Novembre. Pregava con fede, e aspettava. Ma sti­mandosi indegna di avere un miracolo, non volle lasciar tutti i mezzi umani e l'efficada che Dio, autore della scienza, ha dato alla scienza umana. E però, udito che ebbe come in Firenze vive­va un medico specialista per tali malattie, parti a quella volta per farsi operare da quello spe­cialista. Ma non volle ciò fare se non in giorno di sabato, acciocché la Vergine di Pompei la sorreggesse nella dura operazione, e le impe­trasse felice riuscita. Ma la clemente Regina di Pompei, che non si lascia mai vincere in generosità dai suoi figli, e rimunera assai largamente chi la onora col santo esercizio dei Quindici Sabati del suo Rosario, volle segnalare quella giornata con uno stupendo prodigio. Era il mattino del 22 Novembre 1886, e la signora Cherubina Licorio compiva l'ultimo dei Quindici Sabati là in Firenze; ed in quel mattino medesimo si presentò al dottore per essere operata. Oh grazia portentosa! Il tumore era intera­mente scomparso!. La signora Licorio volle fosse pubblicata questa grazia per maggior gloria ed onore della SS. Vergine di Pompei. Il dottor Fischetti si mostrò compiacente di scrivere un attestato, che dichiarava la natura del male e la guarigione avvenuta senza la divisata operazione.

IN PERUGIA: La signora Ester Boccioli

La signora Ester Boccioli da Perugia, per una caduta sofferta, trovavasi con un braccio slogato che dai medici non le fu messo subito a posto, e l'osso rimase fuori dalla sua capsula articolare, ed il malanno della signora fu giudi­cato inguaribile. Dopo sei mesi di dolore e d'impedimento a qualsiasi lavoro, le venne in mente di rivolgersi alla Vergine di Pompei mercè la devozione dei Quindici Sabati. Cominciò questa pia pratica il giorno 24 Agosto del 1889, e quattro giorni dopo, senza sapere come, si trovò rimesso il braccio a posto, e del tutto libero nei suoi movimenti! Sono testimoni di cotal prodigio le signore Aldina Brugnali, Teresa Boccioli, Anna Bagnolini, Luigia Bagnolini. (Da IL ROSARIO E LA NUOVA POMPEI, Anno V, 1889).