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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Vi capiterà fors’anche, come agli Ebrei nel deserto, d’incontrare acque amare, cioè disgusti, malattie, prove difficili, tentazioni: ebbene, ricorrete al rimedio indicato da Mosè: mettete nelle acque amare il legno che ha la proprietà di, addolcirle, voglio dire il legno della santa Croce, ossia la memoria della passione di Gesù e del suo divin Sacrifizio, che si rinnova quotidianamente sui nostri altari.

LETTURE A CASO

Mt 25,1-46

1Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

14Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 16Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. 20Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. 21Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 22Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. 23Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 24Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. 26Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 30E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Mt 6, 24-34: Non preoccupatevi del domani.

Gal 2,1-21

1Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: 2vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano. 3Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere. 4E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi. 5Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.

6Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più. 7Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani - 9e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. 10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

11Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?

15Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, 16sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno".

17Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile! 18Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore. 19In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio. 20Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. 21Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.


Protreptico ai Greci: Capitolo 6

E una grande turba di questo genere si riversa sopra di me, introducendo, come una specie di spauracchio, delle assurde immagini illusorie di strani demoni, e favoleggiando con chiacchierio di vecchiette: noi siamo però molto lontani dal permettere ad uomini di ascoltare tali discorsi, noi che neppure siamo soliti confortare i nostri bambini quando piangono, raccontando loro delle favole, perchè temiamo di nutrire in essi nello stesso tempo l'empietà proclamata da costoro, che si credono sapienti, mentre non conoscono la verità meglio dei bambini. Perchè dunque - in nome della verità! - tu dimostri che coloro che credono in te sono soggetti a flusso e a movimento e a disordinati vortici? Perchè mi riempi la vita umana di idoli, immaginando che venti o aria o fuoco o terra o pietre o legno o ferro, questo mondo stesso, siano dei, e parlando vanamente e ciarlando della divinità anche degli astri erranti, agli uomini che in realtà sono diventati erranti per mezzo di questa molto celebrata astrologia - non direi astronomia? Io desidero il Signore dei venti, il Signore del fuoco, il Creatore del mondo, il Datore della luce al sole: Dio cerco, non le opere di Dio. Chi dunque potrei prendere dalla tua parte come compagno nella ricerca? Giacchè noi non disperiamo interamente di te. Se vuoi, prendiamo Platone. Come dunque bisogna andare alla ricerca di Dio, o Platone? " Il padre e autore di questo mondo è impresa difficile trovare e, trovatolo, è impossibile dichiararlo a tutti". Perchè insomma, in nome di Lui stesso? " Perchè non può essere espresso assolutamente". Bene, o Platone; hai sfiorato la verità, ma non stancarti, insieme con me intraprendi la ricerca intorno al bene; giacchè in tutti gli uomini interamente, ma specialmente in quelli che occupano il loro tempo nei ragionamenti, è stato instillato un certo effluvio divino. In grazia di esso, anche mal volentieri, essi riconoscono che vi è un solo Dio, e che questo è esente da morte e da nascita, e che in alto, nelle più lontane regioni del cielo, in una sua propria e particolare specola, esiste veramente per sempre. Dio, quale deve, dimmi, concepirsi? Quegli che tutto vede e non è visto, dice Euripide. Mi sembra perciò che erri Menandro, dove dice: O Sole, te bisogna adorar prima, poi ch’è per te che gli altri dei si vedono, giacchè neppure il sole potrebbe mostrar mai il vero Dio, ma lo potrebbe mostrare il buon Verbo, il quale è il sole dell'anima, per il quale soltanto, quando dentro sia sorto nella profondità della mente, s'illumina l'occhio dell'anima. Perciò non senza ragione Democrito dice che " pochi degli uomini sapienti, sollevate le mani verso quel luogo che ora noi Elleni chiamiamo aere, favoleggiano di Zeus; giacchè egli tutto sa e dà tutto e lo toglie ed è re di tutto ". Ragionando in modo simile anche Platone dice oscuramente di Dio: " Intorno al re di tutte le cose, tutte le cose sono, e quella è la causa di tutti quanti i beni ". Chi è dunque il re di tutte le cose? Dio, la misura della verità delle cose che sono. Come perciò le cose che si misurano sono comprese dalla misura, così anche la verità è misurata e compresa dal conoscere Dio. Il veramente santo Mosè dice: "Non vi sarà nella tua borsa bilancia e bilancia, grande o piccola, Nè vi sarà nella tua casa misura grande o piccola, ma una bilancia vera e giusta sarà a te ", intendendo Dio come bilancia e misura e numero del tutto. Giacchè gli ingiusti e iniqui idoli stanno nascosti in casa, nella borsa, e cioè nella, per così dire, anima insozzata. Ma la sola giusta misura, cioè il solo veramente Dio, il quale è sempre invariabilmente e costantemente imparziale, misura tutte le cose e le pesa, abbracciando e tenendo in equilibrio la natura universa con la sua giustizia, come con una bilancia. " Dio, come anche dice l'antico discorso, avendo il principio e la fine e il mezzo di tutte quante le cose che esistono, tiene una via diritta, andando intorno secondo natura. A lui tien dietro sempre la giustizia, punitrice di quelli che si allontanano dalla legge divina". Da dove derivi, o Platone, la verità a cui tu alludi oscuramente? Da dove derivi l'abbondante apporto degli argomenti, il quale vaticina il culto di Dio? " Più sapienti di questi, egli dice, sono le genti barbare ". Conosco i tuoi maestri, anche se tu voglia nasconderli. Tu apprendi la geometria dagli Egiziani, l'astronomia dai Babilonesi, ricevi dai Traci le salutari incantagioni, molte cose te le hanno insegnate gli Assiri; ma nelle leggi, in quelle che sono veraci, e nella credenza intorno a Dio, tu sei stato aiutato dagli stessi Ebrei, che non con inganni vani onorano l'opre degli uomini fatte d'oro e di bronzo e d'argento e di avorio, immagini di uomini morti, in legno e in marmo effigiati, e quante i mortali onorano nel loro vano consiglio; ma levano verso il cielo le pure mani nell'alba, dal letto appena levati, e sempre purificano il corpo con acqua, ed onorano solo chi sempre regna immortale. E a me, o filosofia, non questo solo, Platone, ma molti altri ancora affrèttati a presentare, che proclamano Dio quello che solo è veramente Dio, per ispirazione di Lui, se in qualche punto abbiano colto la verità. Non è di carattere cinico questa concezione, di Antistene, ma effetto dell'insegnamento di Socrate: "Dio - egli dice - non somiglia a nessuno, perciò nessuno può conoscerlo esattamente da una somiglianza". Senofonte ateniese, apertamente, anche lui, avrebbe scritto intorno alla verità, portando la sua testimonianza al pari di Socrate, se non avesse temuto il veleno che uccise Socrate; non di meno vi allude oscuramente. " Quegli - dice - che scuote tutte le cose e le serena, che sia grande e potente è chiaro, ma quale sia di forma non è chiaro: neppure il sole infatti, che appare luminosissimo, neppure esso sembra permettere che lo si guardi, ma se qualcuno impudentemente lo miri, è privato della vista". Donde deriva dunque il figlio di Grillo questa sua sapienza? O non è chiaro che dalla profetessa degli Ebrei, che così oracoleggia? Ma quale carne può dunque vedere con gli occhi il celeste, e vero Dio immortale, che abita nel cielo? Ma neppure, di fronte ai raggi del sole resistere possono gli occhi degli uomini, poi ch'ei son nati mortali. Cleante di Pedase, il filosofo stoico, espone non una teogonia poetica, ma una vera teologia. Egli non nascose quello che pensava intorno a Dio: Il bene quale sia, mi chiedi? Ascolta: esso è ordinato, giusto, santo, pio, di s‚ padron, proficuo, bello, debito, grave, schietto, sempre vantaggioso, senza paura o duolo, utile, anòdino, giovevole, piacevole, sicuro, caro, onorato, coerente.... glorioso, modesto, mite, provvido, forte, costante, eterno, senza biasimo. Non libero è chi mira all'opinione, sperando di ritrarne un qualche bene. Qui chiaramente egli insegna, credo, quale è la natura di Dio, e come l'opinione comune e la consuetudine riducano in servitù coloro che seguono esse e non cercano Dio. Non bisogna trascurare neppure Pitagora e quelli della sua scuola, i quali dicono: "Dio è uno solo; ma egli non è, come alcuni credono, fuori dell'ordinamento dell'universo, ma è in esso, essendo presente interamente nello intero ciclo, presiedente a tutta la creazione, temperamento di tutte le età, e autore di tutti i suoi poteri, e illuminatore di tutte le sue opere nel cielo, e padre di tutto, mente e animazione dell'intero ciclo, movimento di tutte le cose ". Bastano anche queste cose, riferite dagli stessi pagani per ispirazione di Dio, e da noi scelte, come una guida verso la conoscenza di Dio, a colui che è capace, sebbene in piccola misura, di scorgere la verità.

(Autore: Clemente alessandrino)

L'imitazione di Cristo: I MIRABILI EFFETTI DEL DIVINO AMORE

PAROLE DEL DISCEPOLO
Ti benedico, o Padre Celeste, Padre del mio Signore Gesù Cristo, perché ti sei degnato di ricordarti di me, misera creatura. "O Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2Cor 1,3), Ti rendo grazie, perché qualche volta mi ristori con il tuo conforto, sebbene io sia immeritevole d'ogni conforto. In ogni momento Ti benedico e Ti rendo gloria con l'Unigenito Figlio tuo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Ecco, Signore Dio che sei Santo e mi ami, tutte le mie viscere esulteranno di gioia, quando Tu verrai nel mio cuore. "Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; Tu sei la mia speranza ed il mio rifugio nel giorno della tribolazione" (Sa 13,4; 118,111;58,17). Ma poiché io sono ancora debole nel tuo amore ed imperfetto nella virtù, ho bisogno del tuo conforto e della tua consolazione. Vieni, dunque, a me più spesso ed istruiscimi con la tua santa dottrina. Liberami dalle cattive passioni e guarisci il mio cuore dagli affetti disordinati, perché, interiormente risanato e ben purificato, diventi capace di amare, forte nel patire, saldo nel perseverare.

PAROLE DEL SIGNORE
Grande cosa è l'amore, un bene grande per ogni riguardo, perché rende leggero ogni peso e sopporta con spirito tranquillo ogni disuguaglianza. Porta il suo carico senza sentirlo e rende soave e saporosa ogni amarezza. Il nobile amore per Gesù sprona ad operare grandi cose ed invita a desiderare una perfezione sempre più grande. L'amore tende all'alto e non si lascia trattenere da alcuna volgare cosa terrena. L'amore vuole essere libero ed alieno da ogni attaccamento mondano, perché nessun ostacolo gli impedisca di guardarsi interiormente, perché non subisca impacci a causa di agi temporali o perché non sia abbattuto dai disagi. Niente è più dolce dell'amore, niente è più forte, più alto, più esteso, più colmo di gioia, più completo né più prezioso in cielo ed in terra, perché l'amore è nato da Dio e non può trovare pace che in Dio, sopra ogni cosa creata. Chi ama, vola, corre in letizia, è libero e da nulla è trattenuto.

Dà ogni cosa per il Tutto e possiede il Tutto in ogni essere creato, perché trova la sua pace in quell'unico Essere supremo, dal quale sgorga e procede tutto ciò che è buono. Non guarda ai doni, ma di là d'ogni dono si volge al Donatore. L’amore spesso non conosce misura, ma brucia oltre ogni misura. All'amore niente pesa; esso non tiene conto delle fatiche, anela a fare più di quanto gli permettono le forze, non porta mai la scusa dell'impossibilità, perché ritiene che tutto gli sia possibile e facile. Perciò, si sente capace di tutto e molte cose opera ed in molte riesce là, dove chi non ama viene meno e soccombe.

L’amore veglia e, anche quando dorme, è vigilante. Affaticato, non s'affloscia; legato, non subisce costrizioni; atterrito, non si turba; ma come fiamma viva, come fiaccola ardente, balza fuori verso l'alto e passa via con sicurezza. Chi ama, intende bene il significato di questo linguaggio. Un potente grido agli occhi di Dio è lo stesso ardente slancio dell'anima che dice: Dio mio, amor mio, Tu sei tutto mio ed io sono tutto tuo.

PREGHIERA PER OTTENERE L'AMORE DI DIO PAROLE DEL DISCEPOLO
Accrescimi nell'amore per Te, perché io impari a gustare nell'intimo del cuore quanto è soave l'amore; impari a sciogliermi ed immergermi nell'amore. Che io sia preso dall'amore, elevandomi sopra me stesso in un eccesso di fervore e di stupore! Che io canti il cantico dell'amore e che m'innalzi in alto con Te, o mio Amato! Venga meno nelle tue lodi l'anima mia giubilante d'amore! Che io ami Te più di me, e me stesso soltanto per Te; che in Te ami tutti quelli che Ti amano veramente, come comanda la legge dell'amore, luce che proviene da Te.

PAROLE DEL SIGNORE
L’amore è pronto, sincero, pio, giocondo e delizioso; forte e paziente; fedele e prudente; longanime e virile: non cerca mai se stesso. Quando, infatti, uno cerca se stesso, allora cessa d'amare. L’amore è guardingo, umile , retto; non fiacco, non leggero e non intento alle cose vane; sobrio, casto, costante, quieto e vigilante in tutti i suoi sensi. L'amore è sottomesso ed obbediente ai Superiori, umile e spregevole ai suoi propri occhi; è devoto e riconoscente a Dio.

In Lui confida e spera sempre, anche quando non ne sente più il gusto, perché senza dolore non si vive nell'amore. Chi non è disposto a soffrire ogni cosa e ad abbandonarsi alla volontà del suo Amato, non è degno del nome di amante. E’ necessario che l'amante abbracci di buon animo, per amore del suo Amato, tutte le cose gravose ed amare, senza lasciarsene staccare da insorgenti contrarietà..