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Giovedi, 28 marzo 2024 - Misteri luminosi - San Castore di Tarso ( Letture di oggi )

San Giovanni Bosco:Sapete che cosa è che vi spinge ad dosso con maggior velocità la morte? É il peccato che è per la morte come lo sperone del cavallo.

LETTURE A CASO

Gv 9,1-41

1Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?". 3Rispose Gesù: "né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. 4Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. 5Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo". 6Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". 9Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". 10Allora gli chiesero: "Come dunque ti furono aperti gli occhi?". 11Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista". 12Gli dissero: "Dov'è questo tale?". Rispose: "Non lo so".

13Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo". 16Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri dicevano: "Come può un peccatore compiere tali prodigi?". E c'era dissenso tra di loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". 18Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?". 20I genitori risposero: "Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; 21come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso". 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età, chiedetelo a lui!".

24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". 25Quegli rispose: "Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo". 26Allora gli dissero di nuovo: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". 27Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". 28Allora lo insultarono e gli dissero: "Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". 30Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". 34Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?". 36Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". 37Gli disse Gesù: "Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui". 38Ed egli disse: "Io credo, Signore!". E gli si prostrò innanzi. 39Gesù allora disse: "Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi". 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?". 41Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Lc 5,1-11: Lasciarono tutto e lo seguirono.

1 Ts 5,1-28

1Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. 3E quando si dirà: "Pace e sicurezza", allora d'improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. 4Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: 5voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. 6Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.

7Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. 8Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. 9Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, 10il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. 11Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.

12Vi preghiamo poi, fratelli, di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; 13trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi. 14Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti. 15Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. 16State sempre lieti, 17pregate incessantemente, 18in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. 19Non spegnete lo Spirito, 20non disprezzate le profezie; 21esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. 22Astenetevi da ogni specie di male.

23Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. 24Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!

25Fratelli, pregate anche per noi.

26Salutate tutti i fratelli con il bacio santo. 27Vi scongiuro, per il Signore, che si legga questa lettera a tutti i fratelli.

28La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.


La Città di Dio: Libro III - La storia di Roma in una visione critica: Distruzione di Alba.

14. 1. Che avvenne dopo Numa sotto gli altri re? Con grande danno loro e dei Romani gli abitanti di Alba furono provocati alla guerra perché in definitiva la tanto lunga pace di Numa si era svilita. Vi furono ripetuti massacri dell'esercito di Roma e di Alba e un decremento dell'una e dell'altra città. Alba, fondata da Ascanio figlio di Enea, pur essendo madre di Roma più da vicino che Troia, provocata da Tullo Ostilio venne a conflitto e venuta a conflitto fu afflitta e afflisse, finché a causa dell'egual numero di morti rincrebbero i molti combattimenti. Si decise allora di affidare l'esito della guerra a tre fratelli da una parte e a tre fratelli dall'altra. Dai Romani furono presentati i tre Orazi, dagli Albani i tre Curiazi; dai tre Curiazi furono vinti e uccisi due Orazi e da un solo Orazio i tre Curiazi. Quindi Roma risultò vincitrice mediante quella strage anche nella gara decisiva, sicché dei sei uno solo tornò a casa. Ma per chi furono il danno e la perdita se non per la stirpe di Enea, per i posteri di Ascanio, per la discendenza di Venere, per i nipoti di Giove? Fu infatti peggiore di una guerra civile perché una città figlia combatté con la città madre. E a quest'ultimo combattimento dei tre gemelli si aggiunse un altro delitto veramente atroce. Poiché infatti i due popoli prima erano amici essendo vicini e della medesima stirpe, una sorella degli Orazi era fidanzata ad uno dei Curiazi. Ella, viste le spoglie del fidanzato sul fratello vincitore, si mise a piangere e per questo fu uccisa dal fratello stesso. Mi sembra che soltanto il sentimento di questa fanciulla sia stato più umano di quello di tutto il popolo romano. Ritengo che abbia pianto senza colpa perché soffriva per l'uomo che in base alla fedeltà promessa considerava marito o forse anche per il fratello stesso che l'aveva ucciso, sebbene gli avesse fidanzata la sorella. Per qual motivo dunque in Virgilio il pietoso Enea è lodato perché si affligge per il nemico ucciso di sua mano? Per qual motivo Marcello, riflettendo sulla comune condizione umana, commiserò col pianto la città di Siracusa perché ricordò che il suo splendore e gloria di poco prima erano caduti per sua mano? Riconosciamo, per favore, a un sentimento di umanità che una fanciulla non abbia commesso un delitto perché piangeva il proprio fidanzato ucciso dal proprio fratello, se alcuni uomini ebbero lode perché piansero sui nemici da loro stessi uccisi. Dunque mentre quella piangeva la morte procurata dal fratello al fidanzato, Roma esultava per aver combattuto con grande massacro contro la città madre e per aver vinto con grande effusione di sangue fraterno dall'una e dall'altra parte.

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE

Sembrano dure a molti queste parole: "Rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù" (Mt 16,24). Ma molto più duro sarà sentire, un giorno, quella sentenza inesorabile: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). Ma coloro che ascoltano ora volentieri la parola della Croce e la seguono, non temeranno di sentire in quel momento quella dell'eterna dannazione. Ci sarà nel cielo questo segno della Croce, quando il Signore verrà a giudicare. Allora, tutti i servi della Croce, che in vita si conformarono al Crocifisso, s'accosteranno con grande fiducia a Cristo giudice. Perché, dunque, temi di prendere sulle tue spalle la Croce, per mezzo della quale si ascende al Regno?

Nella Croce è la salvezza, nella Croce è la vita, nella Croce è la difesa dai nostri nemici, dalla Croce sgorga la soavità celeste, nella Croce è la forza della mente, nella Croce è la gioia dello spirito: nella Croce è la pienezza della virtù, nella Croce è la perfezione della santità.

Non c'è per l'anima salvezza, non c'è speranza di vita eterna, se non nella Croce. Prendi, dunque, la tua croce e segui Gesù, ed arriverai alla vita eterna. Egli ti ha preceduto "portando la Croce" (Gv 19,17), ed è morto sulla Croce per te, perché anche tu porti la tua e desideri di morirvi sopra. lnfatti, se sarai morto insieme con Lui, con Lui avrai parimenti la vita; e se Gli sarai stato compagno nella sofferenza, lo sarai pure nella gloria.

Ecco, dunque: tutto dipende dalla croce e tutto consiste nel morirvi; e non c'è altra via per giungere alla vita ed alla vera pace interiore, se non la via della santa croce e della mortificazone quotidiana. Va' dove vuoi, cerca quello che vuoi, ma non troverai, in alto, una via più sublime né, in basso, una via più sicura di quella della santa croce.

Predisponi pure ed ordina tutto secondo il tuo volere e le tue vedute, ma non troverai altro che dover sempre patire qualche cosa, volentieri o no; e così, troverai sempre la croce. lnfatti, o proverai dolori nel corpo o dovrai soffrire pene spirituali nell'anima. Talora sarai abbandonato da Dio, talora t'affliggerà il prossimo; quel che è peggio, sarai spesso di peso a te stesso. E tuttavia, non potrai trovare rimedio che ti liberi o conforto che ti dia sollievo: bisogna che tu soffra fino a che Dio lo vorrà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire dolori senza conforti, che ti sottometta pienamente a Lui e che per mezzo della sofferenza tu diventi più umile. Nessuno sente tanto viva nel cuore la Passione di Cristo, quanto colui al quale sia toccato di patire qualche cosa di simile.

La croce, dunque, è sempre pronta e ti aspetta dappertutto. Non puoi sfuggirla, dovunque tu corra a rifugiarti, perché, in qualunque luogo giungerai, tu porterai te stesso e troverai sempre te stesso. Volgi lo sguardo in alto od in basso, fuori o dentro di te: dappertutto troverai la croce; e dappertutto è necessario che tu porti pazienza, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno. Se porti la croce di buon animo, essa a sua volta porterà te e ti condurrà alla sospirata mèta, dove, cioè, avrà fine la sofferenza, che quaggiù non avrà mai termine.

Se, invece, la porti di malavoglia, ti crei un peso che ti sarà più grave; e tuttavia, bisogna che tu lo regga. Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra e, forse, più pesante. Credi tu di poterti sottrarre a ciò che nessuno tra i mortali mai poté evitare? Quale Santo fu in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Nemmeno Gesù Cristo, Signor nostro, finché visse, fu un'ora sola senza i dolori della Passione. "Bisognava - disse - che il Cristo patisse, risorgesse dai morti ed entrasse, così, nella sua gloria" (Lc 24,26).

E come vuoi tu cercare un'altra via, diversa da quella maestra, che è la via della Santa Croce? Tutta quanta la vita di Cristo fu croce e martirio; e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi cosa diversa dal patire tribolazioni, perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. E quanto più uno sarà salito in alto nella vita dello spirito, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, perché la pena del suo esilio cresce insieme con l'amore di Dio.

Costui, però, sebbene così provato da molteplici afflizioni, non manca di sollievo e di conforto, perché sente che, sopportando la sua croce, cresce per lui un frutto grandissImo. lnfatti, mentre si sottopone spontaneamente alla croce, tutto il peso della tribolazione gli si tramuta in fiducia di conforto divino. E quanto più la carne è macerata dall'afflizione, tanto più lo spirito rinvigorisce per la grazia interiore. E qualche volta, anzi, si sente così sostenuto nel desiderare tribolazioni ed avversità per amore di conformarsi alla Croce di Cristo, che non vorrebbe trovarsi senza dolore e tribolazione, perché è convinto d'essere tanto più accetto a Dio, quanto più numerosi e gravosi sono i sacrifici che potrà sopportare per Lui. Ciò, però, non è effetto di virtù umana, ma della Grazia di Cristo, la quale nella nostra fragile carne può ed opera tali prodigi, che l'uomo intraprende ed ama con spirito di fervore quello da cui, per natura, aborre e rifugge.

Non è secondo la natura umana portare la croce, amare la croce, mortificare il corpo e ridurlo in schiavitù; fuggire gli onori, sopportare di buon animo le offese, disprezzare se stesso e desiderare d'essere disprezzato; soffrire con proprio danno ogni genere di contrarietà e non desiderare in questo mondo alcuna prosperità.Se guardi soltanto a te stesso, non potrai fare, da solo, nulla del genere. Ma se confidi nel Signore, te ne sarà data la forza dal Cielo, e il mondo e la carne s'assoggetteranno al tuo comando. E neppure temerai il diavolo, tuo nemico infernale, se ti sarai armato di fede e se avrai come insegna la Croce di Cristo. Disponiti, dunque, da buono e fedele servo di Cristo, a portare con coraggio la Croce del Signore tuo, crocifisso per amore tuo.

Preparati a sopportare molte avversità e disagi di vario genere in questa misera vita, perché così sarà per te dovunque sarai; e questo, di fatto, troverai in qualunque angolo sia andato a nasconderti. Bisogna che sia così. Non c'è rimedio o scappatoia dalle tribolazioni dei mali e dal dolore, se non quello d'aver pazienza con te stesso. Bevi con avidità il calice del Signore, se desideri esserGli amico e aver parte con Lui. Per le consolazioni, rimettiti a Dio: ne disponga Lui, come meglio Gli sarà piaciuto. Ma per parte tua, sii disposto a sopportare le tribolazioni e considerale come grandissime consolazioni, "perché le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura" (Rm 8,18) che ti procureranno, anche se tu, da solo, potessi sopportarle tutte.

Quando sarai giunto a questa disposizione, cioè che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora pensa di stare bene con te stesso, perché hai trovato il paradiso in terra. Ma finché la sofferenza ti pesa e cerchi d'evitarla, tu sarai sempre come un arnmalato, e la tribolazione, da cui rifuggi, ti verrà dietro dovunque tu vada. Se, invece, ti adatti a quello che è tuo dovere, cioè a patire e a morire, ti sentirai presto meglio e troverai pace.

Anche se tu fossi rapito al terzo Cielo come Paolo, non potresti, per questo, ritenerti al sicuro dal sopportare alcuna contrarietà. "Io - disse Gesù - gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9,16). Dunque, non ti resta che soffrire, se vuoi amare Gesù ed essere suo servo in eterno. Oh, fossi tu degno di patire qualche cosa per il nome di Gesù! Quanto grande gloria sarebbe per te, quanta esultanza ne avrebbero tutti i Santi di Dio, e quanta edificazione ne ricaverebbe il tuo prossimo! Tutti fanno l'elogio della pazienza, ma pochi sono quelli che vogliono patire. Sarebbe ben giusto che tu patissi un poco, per Cristo, quando molti sopportano sacrifici più gravosi per il mondo. Tieni per certo che tu devi condurre una vita che sia un continuo morire a te stesso.

E quanto più uno muore a se stesso, tanto più comincia a vivere per Dio. Nessuno diventa idoneo a comprendere le cose celesti, se prima non si sia assoggettato a sopportare per Cristo le avversità. Niente è più gradito a Dio, niente è per te più salutare in questo mondo, che soffrire volentieri per Cristo. E se spettasse a te la scelta, dovresti desiderare di sopportare le sofferenze per Cristo, piuttosto che d'essere allietato da molte consolazioni, perché, così, saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i Santi. lnfatti, il merito nostro ed il profitto della nostra condizione spirituale non consistono nell'abbondanza delle soavi consolazioni, ma piuttosto nella sopportazione delle pesanti difficoltà e pene. E se ci fosse stato qualche cosa di meglio e di più utile della sofferenza per la salvezza degli uomini, Cristo certamente ce lo avrebbe indicato con la parola e con l'esempio.

Infatti, e ai discepoli che Lo seguivano e a tutti quelli che desiderano seguirLo, rivolge chiaramente l'esortazione a portare la croce, e dice: "Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). Dunque: lette attentamente e meditate tutte queste cose, la conclusione finale sia questa, che "è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio"(At 14,21).