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Sabato, 20 aprile 2024 - Misteri gaudiosi - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi )

Sant'Antonio di Padova:Gesù Cristo è il sole che vivifica e illumina tutto il creato con la potenza e lo splendore della grazia spirituale: egli sorge per il fedele e tramonta invece per l'infedele. La vita dei religiosi è una regola d'oro che corregge l'uomo fuorviato e difettoso, lo riporta alla norma del retto vivere e stabilisce la giusta misura in tutte le cose. Quasi tutti i religiosi hanno trasgredito questa regola, perché non camminano più secondo la verità del vangelo, non vivono secondo gli insegnamenti dei padri, ma conducono una vita depravata e falsa. I monaci trasgrediscono l'aurea regola del beato Benedetto, i canonici quella del beato Agostino, e così è anche dei singoli religiosi i quali curano i propri interessi e non gli interessi di Cristo.

LETTURE A CASO

Lc 4,1-44

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane". 4Gesù gli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo". 5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo". 8Gesù gli rispose: "Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai". 9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano
;

11e anche:

essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra
".

12Gesù gli rispose: "È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo". 13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.

16Si recò a Nàzaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi
,
19e predicare un anno di grazia del Signore.

20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. 21Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi". 22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?". 23Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fàllo anche qui, nella tua patria!". 24Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria. 25Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".

28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

31Poi discese a Cafàrnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente. 32Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. 33Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: 34"Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!". 35Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. 36Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?". 37E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

38Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. 39Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.

40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. 41Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. 43Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". 44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


Un Vangelo commentato a caso

Vangelo Lc 9, 11-17: Tutti mangiarono a sazietà.

At 19,1-40

1Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli 2e disse loro: "Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?". Gli risposero: "Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo". 3Ed egli disse: "Quale battesimo avete ricevuto?". "Il battesimo di Giovanni", risposero. 4Disse allora Paolo: "Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù". 5Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù 6e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano. 7Erano in tutto circa dodici uomini.

8Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio. 9Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno. 10Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.

11Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo, 12al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.

13Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: "Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica". 14Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo. 15Ma lo spirito cattivo rispose loro: "Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?". 16E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite. 17Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Èfeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù. 18Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche 19e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento. 20Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.

21Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: "Dopo essere stato là devo vedere anche Roma". 22Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.

23Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina. 24Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artémide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani, 25li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: "Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere; 26ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Èfeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d'uomo. 27Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artémide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano".

28All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: "Grande è l'Artémide degli Efesini!". 29Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo. 30Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero. 31Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro. 32Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.

33Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo. 34Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: "Grande è l'Artémide degli Efesini!". 35Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: "Cittadini di Èfeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Èfeso è custode del tempio della grande Artémide e della sua statua caduta dal cielo? 36Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti. 37Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea. 38Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro. 39Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria. 40C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento". 41E con queste parole sciolse l'assemblea.


La Città di Dio: Libro VI - Il politeismo e il problema della salvezza: ...dei riti contro Silvano...

9. 2. Che significa poi la notizia che ci fornisce Varrone? Egli distingue l'uomo religioso dal superstizioso in base al criterio che dal superstizioso gli dèi sono temuti, mentre dal religioso sono soltanto rispettati come i genitori e non temuti come nemici. Aggiunge che essi sono tutti così buoni da perdonare più facilmente i colpevoli che punire un innocente. Tuttavia ricorda che sono impiegati a protezione della donna sgravata tre dèi affinché il dio Silvano non entri durante la notte per farle violenza. Afferma che per indicare i tre dèi protettori, tre uomini di notte girano attorno al limitare della casa, e che dapprima percuotono il limitare con la scure, poi col pestello, e infine la spazzano con la scopa. Così mediante tre segni della coltura si proibirebbe al dio Silvano di entrare, perché gli alberi non si tagliano o potano senza la scure, la farina non si ottiene senza il pestello, le biade non si ammucchiano senza la scopa. Da questi tre oggetti sarebbero stati denominati i tre dèi, Intercidona dal taglio della scure, Pilunno dal pestello e Deverra dalla scopa. Con la loro protezione si difenderebbero i neonati dalla violenza del dio Silvano. Quindi non basterebbe la protezione degli dèi buoni contro la crudeltà di un dio che fa del male, se non fossero in più contro di uno solo e non resistessero a lui aspro, fiero e incolto, in quanto abitante nella selva, con i segni della coltura che gli sono contrari. E questa sarebbe la bontà degli dèi, questa la loro concordia? Queste sarebbero le divinità tutelari delle città, oggetto più di scherno che di spettacolo nei teatri?

(Autore: Agostino di Ippona)

L'imitazione di Cristo: IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA SOMMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA FEDELE

PAROLE DEL DISCEPOLO
O soavissimo Signore Gesù, quant'è grande la dolcezza dell'anima devota che siede al tuo banchetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all'infuori di Te stesso, unico suo Amato, desiderabile sopra tutti i desideri del suo cuore! Ed anche a me sarebbe dolce, alla tua presenza, versare lacrime per l'intima tenerezza del cuore e, con la pia Maddalena, bagnare di pianto i tuoi piedi. Ma dov'è questa devozione? Dove, una tale profusione di lacrime sante? Certo, al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, io dovrei avvampare tutto quanto nell'intimo e piangere di gioia.

Ho, infatti, nel Sacramento, Te realmente presente, benché nascosto sotto specie non tue. I miei occhi non potrebbero sostenere di vederTi nel tuo proprio e divino splendore; anzi, neppure l'universo intero potrebbe sussistere davanti al glorioso splendore della tua Maestà. Per questo, dunque, Tu vieni incontro alla mia insufficienza, nascondendoTi sotto le specie del Sacramento.

Io possiedo realmente ed adoro Colui che gli Angeli adorano in Cielo; finora, però, Lo adoro soltanto nella Fede, mentre gli Angeli Lo adorano faccia a faccia e senza veli. Io devo accontentarmi della luce della vera Fede e camminare in essa, finché sorga il giorno dello splendore eterno e tramontino, dileguandosi, le ombre delle figure. "Ma quando verrà ciò che è perfetto" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei Sacramenti, perché i Beati nella gloria celeste non hanno bisogno di medicina sacramentale.Essi, infatti, godono senza fine la presenza di Dio, contemplando faccia a faccia la sua gloria. Passano di luce in luce fino all'abisso della Divinità ed assaporano il Verbo di Dio fatto carne, quale era in principio e quale permane in eterno. Quando il pensiero mi riporta a codeste meraviglie, qualsiasi consolazione, anche spirituale, mi si trasforma in noia gravosa, perché, fino a quando io non veda manifestamente il mio Signore nella sua gloria, stimo un nulla tutto ciò che vedo e sento quaggiù. Tu mi sei testimonio, o Dio, che nessuna cosa mi può dare conforto, che nessuna creatura può darmi pace, se non Tu, mio Dio, che desidero contemplare in eterno.

Ma ciò non è possibile, mentre vivo in questa vita mortale. Quindi, occorre ch'io mi disponga a grande pazienza e mi sottometta a Te in ogni mio desiderio. Anche i tuoi Santi, o Signore, che ormai esultano con Te nel Regno dei Cieli, mentre erano in questa vita attendevano con grande fede e pazienza l'avvento della tua gloria. Ciò che essi hanno creduto, lo credo anch'io; ciò che essi hanno sperato, lo spero anch'io; dove essi sono giunti, confido di giungere anch'io, con la grazia tua.

Intanto, camminerò nella Fede, attingendo forza dagli esempi dei Santi. Terrò pure, come mia consolazione e come mio specchio di vita, i Sacri Libri e, soprattutto, come speciale mio rimedio e come rifugio, il tuo sacratissimo Corpo. Due cose, infatti, sento che mi sono sommamente necessarie in questa vita; senza di esse, mi riuscirebbe insopportabile codesta vita di miserie. Imprigionato nel carcere di questo mio corpo, confesso d'avere bisogno di due cose: di nutrimento e di luce. Per questo, a me che sono così debole, Tu hai dato il tuo sacro Corpo quale ristoro dell'anima e del corpo, e hai posto "davanti ai miei piedi come lucerna la tua Parola" (Sal 118,105). senza questi due doni non potrei vivere bene, perché la Parola di Dio è la luce dell'anima mia e il tuo Sacramento è pane di vita.

Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di là nel gazofilacio, cioè nel tesoro della Santa Chiesa. L’una è la mensa del Sacro Altare, sulla quale è il Pane Santo, cioè il prezioso Corpo di Cristo. L’altra è la mensa della Legge di Dio, che contiene la Santa dottrina, che insegna la retta fede, che guida con sicurezza fin oltre il velo più interno, dove sta il Santo dei Santi. Siano rese grazie a Te, o Signore Gesù, luce della luce eterna, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai imbandito per mezzo dei tuoi servi, i Profeti, gli Apostoli e gli altri dottori. Siano rese grazie a Te, Creatore e Redentore degli uomini, che, per manifestare al mondo intero il tuo amore, hai preparato quella grande cena nella quale ci hai offerto da mangiare non l'agnello simbolico, ma il tuo Corpo santissimo ed il tuo Sangue, Riempiendo di letizia tutti i tuoi fedeli con il tuo sacro convito ed inebriandoli con il calice della salvezza, nel quale sono contenute tutte le delizie del Paradiso; convito, nel quale banchettano insieme con noi, sebbene con più felice soavità, gli Angeli Santi.

Oh, quanto grande e venerando il ministero dei Sacerdoti! Ad essi è stato comandato di consacrare con la santa formula il Signore Altissimo, di benedirLo con le labbra, di tenerLo tra le mani, di nutrirsene con la propria bocca e di dispensarLo agli altri. Oh, quanto pure devono essere quelle mani, quanto pure le labbra, quanto santo il corpo e quanto immacolato il cuore del Sacerdote, nel quale tante volte entra l'Autore della purezza! Dalla bocca del Sacerdote, che tante volte riceve il Sacramento di Cristo, nessuna parola deve uscire, che non sia santa, onesta e fruttuosa. I suoi occhi, che abitualmente si posano sul Corpo di Cristo, devono essere modesti e pudichi; Pure ed elevate al cielo devono essere le sue mani, che sono solite stringere il Creatore del cielo e della terra. Ai Sacerdoti, in modo speciale, è detto nella Legge: "Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2).

Dio onnipotente, ci aiuti la tua grazia, perché noi, che abbiamo assunto il ministero sacerdotale, sappiamo essere a tuo servizio degnamente e devotamente, con ogni purezza e con buona coscienza. E, se non possiamo conservarci in tanta innocenza di vita come dovremmo, concedici almeno di piangere come si conviene il male che abbiamo fatto, e di servirTi per il futuro con più fervore, in ispirito d'umiltà e nel fermo proponimento d'una volontà sincera.