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Venerdi, 29 marzo 2024 - Misteri dolorosi - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi )

Don Nikola Vucic:La vita scorre e ci offre le prove di ogni genere. Dobbiamo convivere anche con le cose brutte, però mantenendo sempre la pace interiore. Chi crede sa che la vita porta la vita e che la morte è solamente un passaggio verso la vita migliore che non possiamo nemmeno immaginare. Ognuno di noi, forte della promessa di immortalità, è chiamato a vincere la paura del futuro. Ricordati, tu non sei qui per caso ma per un motivo ben preciso: sperimentare l'amore di Dio. Il tuo nome non è scritto sulla sabbia ma nel Cuore del Padre. Il tuo destino non è dolore e morte bensì la gloria e vita eterna. Non lasciarti ingabbiare negli orizzonti stretti delle cose terrene: sei nato per il cielo.

UFFICIO DELLE LETTURE
Venerdì dopo le Ceneri (Venerdì dopo le Ceneri)


V. O Dio, vieni a salvarmi.
R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

Questa introduzione si omette quando si comincia l'Ufficio con l'Invitatorio.

Inno
Protesi alla gioia pasquale,
sulle orme di Cristo Signore,
seguiamo l'austero cammino
della santa Quaresima.

La legge e i profeti annunziarono
dei quaranta giorni il mistero;
Gesù consacrò nel deserto
questo tempo di grazia.

Sia parca e frugale la mensa,
sia sobria la lingua ed il cuore;
fratelli, è tempo di ascoltare
la voce dello Spirito.

Forti nella fede vigiliamo
contro le insidie del nemico:
ai servi fedeli è promessa
la corona di gloria.

Sia lode al Padre onnipotente,
al Figlio Gesù redentore,
allo Spirito Santo Amore,
nei secoli dei secoli. Amen.

  Oppure:

Ex more docti mýstico
servémus abstinéntiam,
deno diérum círculo
ducto quater notíssimo.

  Lex et prophétæ prímitus
hanc prætulérunt, póstmodum
Christus sacrávit, ómnium
rex atque factor témporum.

  Utámur ergo párcius
verbis, cibis et pótibus,
somno, iocis et árctius
perstémus in custódia.

  Vitémus autem péssima
quæ súbruunt mentes vagas,
nullúmque demus cállido
hosti locum tyránnidis.

  Præsta, beáta Trínitas,
concéde, simplex Unitas,
ut fructuósa sint tuis
hæc parcitátis múnera. Amen.



I Antifona
I nostri padri ci hanno raccontato
la forza e i prodigi del Signore.

SALMO 77, 1-16   (I) Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio
Ciò avvenne come esempio per noi (1 Cor 10, 6).

Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento, *
ascolta le parole della mia bocca. 
Aprirò la mia bocca in parabole, *
rievocherò gli arcani dei tempi antichi. 

Ciò che abbiamo udito e conosciuto †
e i nostri padri ci hanno raccontato, *
non lo terremo nascosto ai loro figli; 

diremo alla generazione futura †
le lodi del Signore, la sua potenza *
e le meraviglie che egli ha compiuto. 

Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe, *
ha posto una legge in Israele: 

ha comandato ai nostri padri di farle conoscere 
ai loro figli, †
perché le sappia la generazione futura, *
i figli che nasceranno. 

Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli, *
perché ripongano in Dio la loro fiducia 
e non dimentichino le opere di Dio, *
ma osservino i suoi comandi. 

Non siano come i loro padri, *
generazione ribelle e ostinata, 
generazione dal cuore incostante *
e dallo spirito infedele a Dio. 

(I figli di Efraim, valenti tiratori d'arco, *
voltarono le spalle nel giorno della lotta.)

Non osservarono l'alleanza di Dio, *
rifiutando di seguire la sua legge. 

Dimenticarono le sue opere, *
le meraviglie che aveva loro mostrato. 
Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri, *
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis. 

Divise il mare e li fece passare *
e fermò le acque come un argine. 
Li guidò con una nube di giorno *
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.

Spaccò le rocce nel deserto *
e diede loro da bere come dal grande abisso. 
Fece sgorgare ruscelli dalla rupe *
e scorrere l'acqua a torrenti.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

I Antifona
I nostri padri ci hanno raccontato
la forza e i prodigi del Signore.

II Antifona
Hanno mangiato il pane del cielo,
hanno bevuto l'acqua della roccia,
segno dello Spirito promesso.

SALMO 77, 17-31   (II) Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio
Ciò avvenne come esempio per noi (1 Cor 10, 6).

I nostri padri continuarono a peccare contro di lui, *
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto. 
Nel loro cuore tentarono Dio, *
chiedendo cibo per le loro brame; 

mormorarono contro Dio *
dicendo: «Potrà forse Dio 
preparare una mensa nel deserto?». 

Ecco, egli percosse la rupe *
e ne scaturì acqua, e strariparono torrenti. 
«Potrà forse dare anche pane *
o preparare carne al suo popolo?». 

All'udirli il Signore ne fu adirato; †
un fuoco divampò contro Giacobbe *
e l'ira esplose contro Israele, 

perché non ebbero fede in Dio *
né speranza nella sua salvezza. 

Comandò alle nubi dall'alto *
e aprì le porte del cielo; 
fece piovere su di essi la manna per cibo *
e diede loro pane del cielo: 

l'uomo mangiò il pane degli angeli, *
diede loro cibo in abbondanza. 

Scatenò nel cielo il vento d'oriente, *
fece spirare l'australe con potenza; 
su di essi fece piovere la carne come polvere *
e gli uccelli come sabbia del mare; 

caddero in mezzo ai loro accampamenti, *
tutto intorno alle loro tende. 
Mangiarono e furono ben sazi, *
li soddisfece nel loro desiderio. 

La loro avidità non era ancora saziata, *
avevano ancora il cibo in bocca, 

quando l'ira di Dio si alzò contro di essi, †
facendo strage dei più vigorosi *
e abbattendo i migliori d'Israele.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

II Antifona
Hanno mangiato il pane del cielo,
hanno bevuto l'acqua della roccia,
segno dello Spirito promesso.

III Antifona
Si ricordarono
che Dio libera e salva il suo popolo.

SALMO 77, 32-39   (III) Infedeltà del popolo e fedeltà di Dio
Ciò avvenne come esempio per noi (1 Cor 10, 6).

I nostri padri continuarono a peccare *
e non credettero ai suoi prodigi. 
Allora dissipò come un soffio i loro giorni *
e i loro anni con strage repentina. 

Quando li faceva perire, lo cercavano, *
ritornavano e ancora si volgevano a Dio; 
ricordavano che Dio è loro rupe, *
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore; 

lo lusingavano con la bocca *
e gli mentivano con la lingua; 
il loro cuore non era sincero con lui *
e non erano fedeli alla sua alleanza. 

Ed egli, pietoso, perdonava la colpa, *
li perdonava invece di distruggerli. 

Molte volte placò la sua ira *
e trattenne il suo furore, 
ricordando che essi sono carne, *
un soffio che va e non ritorna.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.

III Antifona
Si ricordarono
che Dio libera e salva il suo popolo.

Versetto
V. Ritornate al Signore, vostro Dio:
R. egli è buono e perdona.

Prima Lettura

Dal libro dell'Esodo 2, 1-25
Nascita di Mosè e sua fuga

Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L'aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «E' un bambino degli Ebrei». La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». «Va'», le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho salvato dalle acque!».
In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo.
Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: «Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta?». Risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge». Quegli disse alle figlie: «Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: «Sono un emigrato in terra straniera!».
Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero.

Responsorio   Cfr. Eb 11, 24-25. 26.27
R. Per fede, Mosè non volle appartenere alla famiglia del faraone, preferendo soffrire con il popolo di Dio, che godere per breve tempo del peccato. * guardava alla ricompensa che viene da Dio.
V. Stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; e per fede lasciò quella terra:
R. guardava alla ricompensa che viene da Dio.

Seconda Lettura

Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo (Om. 6 sulla preghiera; PG 64, 462-466)
La preghiera è luce per l'anima

La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. E', infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l'anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno.
Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso i poveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall'amore divino, come da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell'universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo.
La preghiera è luce dell'anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l'uomo. L'anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l'anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile.
La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e nel medesimo tempo rende felice l'anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole.
Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla grazia divina. Di essa l'Apostolo dice: Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l'anima; chi l'ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima.
Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza.

Responsorio   Cfr. Lam 5, 20-21a; Mt 8, 25
R. Perché, Signore, vuoi dimenticarci per sempre? Abbandonarci per lunghi giorni? * Fa' che torniamo a te, e noi ritorneremo.
V. Salvaci, Signore, siamo perduti!
R. Fa' che torniamo a te, e noi ritorneremo.


ORAZIONE
Accompagna con la tua benevolenza, Padre misericordioso, i primi passi del nostro cammino penitenziale, perché all'osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito. Per il nostro Signore.

R. Amen.
Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.